«Non possono essere i cacciatori a definire i confini del Parco di Migliarino - San Rossore – Massaciuccoli»

Le diramazioni tosane di Cai, Italia Nostra, Legambiente e Wwf lanciano un grido dall'allarme dopo l'attacco del mondo venatorio al nuovo Piano integrato del Parco, la cui bozza prevede una lieve diminuzione della superficie dove esercitare la caccia
«Il numero di cacciatori presenti nelle aree esterne al Parco di Migliarino – San Rossore – Massaciuccoli oggi è più che dimezzato rispetto al 1989, anno di approvazione del vigente Piano integrato del Parco. La lieve diminuzione di superficie in cui esercitare la caccia, proposta dalla bozza di nuovo Piano, potrebbe dunque essere facilmente accettata in una prospettiva di vantaggi per l’intera comunità, in termini di aumento della tutela delle specie selvatiche e del territorio».
Scrivono così le diramazioni toscane di quattro associazioni nazionali (Cai Toscana, Italia Nostra Sezione Toscana, Legambiente Toscana e Wwf Toscana), che in una nota congiunta denunciano
«la pretesa delle associazioni venatorie di definire i confini dell’intero Parco».

Un prelievo in concessione di beni di proprietà pubblica

Una pretesa che Cai, Italia Nostra, Legambiente e Wwf definiscono, senza mezzi termini, un assurdo.
«Significherebbe cedere la tutela di beni pubblici e collettivi a una corporazione che persegue gli interessi particolari di una attività privata: un prelievo in concessione di beni di proprietà pubblica».
La nota congiunta definisce quello che sta accadendo negli ultimi giorni un ritorno alle polemiche anti-parco degli anni 80 e 90 del secolo scorso.
«Come allora, l’obiettivo è chiaro: procurare il massimo dei vantaggi agli iscritti di una “corporazione”, sempre meno numerosa ma ancora ben organizzata e combattiva. Spargendo paure infondate e allarmi ingiustificati sull’aumento di alcuni animali selvatici, e contrastando i metodi di controllo della fauna utilizzati dai Parchi, che sono invece molto più efficaci di quelli “offerti” dal mondo venatorio».

Attività venatoria e conservazione della natura

Le associazioni ricordano i dati secondo i quali più della metà delle specie di uccelli cacciabili in Italia sono sull’orlo dell’estinzione a causa del prelievo eccessivo. Definiscono poi «pretestuoso» l'allarme sull'aumento dei cinghiali.
«L’incremento di individui è dovuto a pratiche sbagliate come la caccia in braccata (che disgrega il branco e consente a molte più femmine di riprodursi) o a pessime pratiche di pasturazione, vietate ma persistenti in molti territori». Tutti questi elementi confermano come «l’attività venatoria sia qualcosa di diverso dalla conservazione della natura».

Il controllo della fauna selvatica dei Parchi

Nel testo viene poi evidenziato come i Parchi realizzino forme di controllo della fauna selvatica basate su studi, monitoraggi e pianificazione, per finalità pubbliche di tutela delle specie e degli ecosistemi, privilegiando laddove possibili metodi incruenti.
«Per questo sono avversate da una parte del mondo venatorio. Le minacce di questi giorni esternate da alcune associazioni venatorie contro quei cacciatori che collaborano con il Parco nel controllo faunistico dimostrano proprio questo: interessi corporativi contro interessi generali».
La nota congiunta di Cai, Italia Nostra, Legambiente e Wwf si conclude affermando la volontà di contrastare con forza e determinazione l'eventualità che i confini del Parco siano definiti dai cacciatori.
«Quella parte della politica che è tentata oggi dall’abdicare alle proprie prerogative, in una logica di scambio con le associazioni venatorie, magari per vantaggi elettorali immediati, esercita male il proprio ruolo».