Foto Benjamin Vedrines
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Vedrines e Jean
Foto Benjamin VedrinesBenjamin Védrines è una autentica superstar dell'alpinismo, una stella che brilla sicuramente non per l'atteggiamento con cui si pone, ma per una serie di salite e imprese che parlano per lui: solo nel 2025, il 33enne francese ha salito il solitaria la via BASE sulla ovest del Petit Dru, ha completato con Nicolas Jean una difficile traversata del massiccio del Monte Bianco e battuto un record di velocità andata/ritorno da Chamoinx alla cima dello stesso Bianco. Quest'autunno infine – di nuovo con Jean- è riuscito ad aprire una via sull'inviolata parete dello Jannu East (7.468 metri) in Nepal. Lo abbiamo intercettato a pochi giorni dalla sua trasferta italiana a San Martino di Castrozza per i Piolets d'Or, dove sarà onorato con una menzione speciale per la sua attività in questi ultimi anni.
Hai molti impegni: proiezioni, premi, promozione di libri e film. È difficile gestire tanta attenzione da parte dei media?
A volte penso a quando ero un semplice scalatore senza attenzioni e sicuramente era più semplice, ma questo è il prezzo da pagare per riuscire a fare quello che amo e - intendiamoci- è un prezzo da pagare assolutamente accettabile. Mi sento più preparato a gestire la cosa anche solo rispetto a un paio di anni fa, anche se a volte la mia “batteria social” è bassa.
Il tuo alpinismo è facile o difficile da raccontare? Rispetto, per esempio, all'arrampicata sportiva, ritieni sia più semplice o più complicato arrivare al pubblico?
L'alpinismo ha aspetti tecnici molto complessi, ma ci sono cose che raggiungono tutti: il dove, il come, sono facilmente traducibili. A volte il giornalismo mainstream è un po' frustrante, le domande sono sempre le stesse, ma i giornalisti di settore a volte al contrario si fissano su determinati aspetti. Come in tutte le cose, dipende molto da chi hai di fronte. Comunque è sempre bello cercare di creare una connessione vera.
In Francia che momento è per l'alpinismo? Va di moda o soffre? È difficile per voi uscire dalla “scatola” e parlare di altri argomenti? E soprattutto, hai la sensazione che agli alpinisti interessi davvero incidere sulla società?
Oggi non abbiamo alpinisti famosi in senso assoluto come Jean-Marc Boivin o Gaston Rebuffat, o non li abbiamo avuti per molto tempo e questo forse ha inciso un po' sulla popolarità della disciplina. E poi si cerca di parlare di alpinismo non solo in una dimensione drammatica, il che è un bene. L'alpinismo credo che possa essere di ispirazione per chi vuole crescere, raggiungere degli obiettivi o accettare sé stesso, ma può avere anche una funzione sociale. Oggi vediamo alpinisti che si spendono per la parità di genere, per la solidarietà, per la salute mentale. Io credo che un alpinista sia un essere profondamente incluso nella società, non viviamo in un mondo a parte.
C'è chi ha definito lo Jannu East l'ultimo grande problema in Himalaya. È così?
Non per me. C'è chi si è innamorato di questa montagna e ovviamente ache per me ha significato moltissimo, ma ci sono altre montagne che mi ispirano, come la parete ovest del Makalu, il Sichuan…in Karakorum ci sono ancora delle linee super. E poi c'è la questione dello stile, pensiamo alla possibilità per esempio di salire il pilastro ovest del Makalu in stile alpino. In futuro credo che si potrà andare ancora più leggeri, essere più veloci. Le prossime generazioni avranno molto da fare.
Quando avete lasciato il campo base alla Jannu era per un full in o in un angolo della tua mente c'era spazio per una rinuncia?
Era difficile capire come sarebbe stata la parte finale della salita, per cui giocoforza abbiamo dovuto considerare la possibilità di non riuscire. Con la precedente salita dell'Anidesh Chuli avevamo fatto un ottimo acllimatamento, ma poi il meteo si è guastato e giorno dopo giorno vedevamo la nostra condizione peggiorare. Eravamo un po' dentro una montagna russa di emozioni. Per fortuna ero con Nicholas, che mi ha aiutato a stemperare la pressione mentre vedevamo che i giorni disponibili stavano diventando sempre di meno. E poi quando abbiamo avuto la possibilità, eravamo quasi certi che fosse l'ultima, per cui avevamo una grande motivazione. Quand poi siamo tornati, ho capito che avevamo preso l'ultima finestra meteo buona. La soddisfazione è stata ancora maggiore.
Siete stati veloci quanto desideravi?
Il sogno era farla in due giorni, ma poi abbiamo capito che sarebbe stata estremamente dura e abbiamo deciso di aggiungerne un altro, anche perché eravamo più lenti di quanto pensassimo. Avevo pensato che essendo in due invece che in tre avremo risparmiato molto tempo, non è stata così. Credo che una sfida incredibile per il futuro potrebbe essere tentare il single push.
Dopo avere passato il punto dove Mike Gardner ha avuto l'incidente ti sei sentito più sollevato?
Non siamo passati per quella sezione di parete, ma comunque, quando abbiamo superato la quota ci ho pensato di meno. Prima ovviamente avevamo il pensiero anche di dove potesse essere il corpo...per il resto non è stato opprimente. Ho perso molti amici in montagna e anzi, sono diventati una presenza che mi accompagna.
Cosa avete pensato invece quando vi hanno detto che la cima non era tale e dovevate andare oltre?
Ce lo aspettavamo e in un certo senso è stato persino divertente, perché ero in un momento di esaltazione, sentivo che l'obiettivo era vicino ed ero contento di essere lì. Sai, quella sensazione per cui da un lato ti senti frustrato e dall'altra vorresti fare durare la cosa per sempre.
Il 2025 è stato un anno magico?
Sono incredibilmente soddisfatto, ma allo stesso tempo ho sempre dentro quella cosa per cui sei felice ma non al 100% e vuoi fare altre cose. Anche il 2024 è stato un anno incredibile con il K2 e la trilogia invernale. Non voglio sembrare arrogante, ma ho già progetti per il futuro. Sicuramente voglio prendermi un po' di riposo, ma sento già che arriverà il desiderio di ripartire. Non è la voglia di fare necessariamente qualcosa di più difficile: puoi fare di più rischiando di più, allenandoti di più. Io voglio semplicemente andare più a fondo in me stesso, non dimenticare il ragazzo che ero a 17 anni e continuare a mantenere un contatto profondo con i miei desideri.