A cura di Pietro Calandrelliò
Ginevra Calandrella lungo il 5° TiroUn piccolo sogno nel cassetto, di quelli che tieni lì da una parte e a cui fai ricorso per sentirti vivo, per estraniarti dai problemi della quotidianità lavorativa. È così che ho sempre considerato questa parete, vedendola svettare dalla montagna dall’altra parte della valle, percorrendo la strada che da Leonessa mi porta in ufficio a Rieti.
L’ho guardata con questo spirito per anni, anche quanto la vita ti fa trovare in periodi duri, quella parete era il mio piccolo spiraglio di luce, tenuto lì ad alimentare speranze e progetti, anche su altre pareti, non necessariamente da realizzare.
La parete, denominata Scoglio di Sant’Angelo, spicca evidentissima dalla montagna, affacciandosi vigorosamente sulla Valle Avanzana, situata a confine fra Lazio e Umbria, nel Comune di Morro Reatino, in provincia di Rieti. Un sito con un forte Genius Loci, quasi tangibile. Non a caso la parete racchiude fra le sue rocce, in una piccola grotta alla base sinistra, l’interessante eremo di San Michele Arcangelo, risalente al XV secolo.
Dopo anni di sguardi a distanza, nel 2017 decido di andare a vedere da vicino, di capire avvicinamento e fattibilità di una linea di salita. Con la strumentazione fotografica dell’amico Fabio D’Adamo effettuiamo alcune belle foto di dettaglio che ci consentono di apprezzare meglio la parete. Di lì a breve, il 12 novembre 2017, con lo stesso Fabio, nasce la via Jacopo, la prima linea di salita della parete, esattamente nel centro.
Aprendo questa via noto, alla destra del secondo tiro, un particolarissimo diedro aperto fessurato che sembra decisamente interessante e così, l’anno dopo, il 20 ottobre 2018, con l’amico Stefano Cascavilla, nascerà la via Leonardo.
Anche in questo caso butto un occhio ancora più a destra, dove spicca nel vuoto a metà parete un’evidente e marcata porzione di roccia a forma di prua di nave, che però questa volta osservo con una certa soggezione.
Scrutando La Prua, ipotizzo una linea, ma senza crederci mai un granché, poiché mi appare troppo impegnativa e forse non realizzabile. Il tempo passa, su tante altre pareti, ma l’idea di tornare a provare l’ipotizzata linea sul lato destro della parete rimane. Forse per lungo tempo mi è piaciuto che restasse lì, con l’intimo dubbio dell’irrealizzabilità, ma la permanente libertà di continuare a sognarla, come quando ci si imbatte in un bel fiore che si ha l’istinto di raccogliere, ma che forse è più giusto e bello solo osservare.
A fine estate 2024, dopo aver completato l’apertura del trittico di nuove vie lunghe al Buco Merlo, nei monti reatini, cedo alla tentazione. Confido questa volontà a mia figlia Ginevra, che con il suo tipico entusiasmo minaccia di offendersi se non coinvolta anche in questo progetto. Ovviamente non posso che esserne felice, ma sicuramente anche preoccupato… come sempre avviene quando si scala con un figlio.
Lo studio di foto e video della parete non restituisce certezze, c’è necessità di andare a provare. Il tiro chiave, come appare evidente, è quello de La Prua, e quindi l’idea è di salire sin lì, riducendo al minimo le protezioni infisse, con l’idea di tornare ad aggiungerne successivamente.
Il 9 novembre 2024 raggiungiamo l’ipotizzato attacco. Dopo qualche riflessione carico tutto l’occorrente sull’imbrago e inizio a scalare. Chiudiamo la giornata alla fine del terzo tiro, dopo aver salito un diedro bellissimo, su roccia perfetta. La Prua era lì davanti a noi, ma l’andamento della linea salita ci costringe a scendere in doppia fuori via.
Torniamo qualche giorno dopo. Ginevra ripete i tiri aperti, e io riparto in apertura. Sono nuovamente sulla cengia inclinata alla base della Prua, è affascinante e genera soggezione.
La roccia diventa stupenda, entro sotto lo strapiombo. L’esposizione è fortissima. Poso una protezione, poi un’altra. Inizio a salire nel diedro liscio, senza possibilità di ritorno. Un micro nut mi salva, e dopo il passo chiave della via raggiungo una cengia inclinata.
Meglio non proseguire, mancano poche ore di luce. Torniamo per concludere.
La volta successiva abbiamo un’intera giornata a disposizione. Stesse regole: i tiri già aperti li sale Ginevra, da sopra La Prua riparto io. La roccia, inaspettatamente, è splendida.
Mi godo a pieno il tiro, in grande esposizione. Un bel traverso in placca ammanigliata ci porta sino in cima alla parete. La giornata è al tramonto, i raggi del sole colorano di rosso la valle, e un lungo abbraccio padre-figlia suggella la chiusura della via.
Ora che siamo fuori, felici e convinti della bellezza della linea, sappiamo che dovremo tornare per rifinirla. In piccoli scampoli di tempo lo faremo, aggiungendo protezioni, pulendo, sistemando il sentiero di discesa, che finalmente sarà unico per tutte le vie: Jacopo, Leonardo e La Prua.
A dicembre si concludono i “lavori” allo Scoglio di Sant’Angelo. Come accadeva all’università dopo un esame, provo un senso di vuoto. Il legame con questa parete è fortissimo.
Quando apri una via non solo per te, ma per chi verrà, senti forte il senso di paternità.
Quel fiore che temevo di raccogliere, in realtà è ancora lì a risplendere, ci ha solo consentito di apprezzare la sua linea più bella.