Cerro Kishtwar, an ice cold story

Il film si snoda con la classica struttura di questa tipologia di documentario: immagini e fotogrammi di repertorio, interviste e narrazione della salita
Pubblichiamo la recensione di Antonio Massena nella rubrica Fotogrammi d'alta quota, estratta da Montagne360 di luglio 2022 Le montagne del Kashmir sono state chiuse agli alpinisti stranieri per molti anni. Il divieto è stato rimosso nel 2010 e l’anno seguente Stephan Siegrist, Denis Burdet e David Lama hanno effettuato la prima spedizione nella regione, per scalare il Cerro Kishtwar in stile alpino, dalla parete nord-ovest. Siegrist, tuttavia, aveva individuato una nuova linea e vi è quindi tornato nel 2017 con Thomas Huber e Julian Zanker, ma le difficoltà tecniche della scalata si sono rivelate maggiori del previsto. Una splendida linea di ghiaccio e roccia sulla parete nord-ovest del Kishtwar (6150 m), nel Kashmir indiano. Il film si snoda con la classica struttura di questa tipologia di documentario: immagini e fotogrammi di repertorio, interviste e narrazione della salita. Collateralmente cerca, e in alcuni momenti ci riesce appieno, di far emergere le domande che ti poni in quelle situazioni e in determinati momenti della giornata, prima del sonno e al risveglio. Domande, paure e ansie che a tratti si amplificano mentre ci si avvicina alla parete e, d’un tratto, tutto scompare. La mente e il corpo si trasformano all’unisono in un mezzo “tecnico” pronto ad affrontare le difficoltà. Non c’è più spazio per la paura. Non può esserci. Quel luogo diviene momento di riflessione personale sul significato dell’alpinismo, sulle sconfitte e sulle vittorie ma soprattutto sugli affetti che ti stanno aspettando a casa.
Il Cerro Kishtwar, nell'Himalaya indiano © Cai
Un’altalena di sentimenti che qui si intrecciano con le difficoltà estreme di quella parete. Nel film si gioca sulle inquadrature giorno/notte quasi a voler rafforzare la ridda di domande e dubbi che ciascuno si porta dietro e che ti restituiscono correttamente lo scorrere del tempo. Thomas Huber si chiede “… cos’è il coraggio? Coraggio vuol dire non avere dubbi? Qui mi sono reso conto che il coraggio significa anche avere la forza di tornare indietro per poi riprovare.” E ancora: “Coraggio per vincere la paura e rendere possibile l’impossibile.” Le riprese in parete sono calibrate e ben girate dando allo spettatore l’intero senso delle difficoltà e ti ritrovi a condividere con Thomas, Julian e Stephan la durezza e la complessità dell’arrampicata. Dal film traspare la durezza della via, le sue difficoltà, gli undici giorni trascorsi su quei muri verticali ma la squadra ha funzionato e il grido e l’abbraccio liberatori in vetta ne sono la dimostrazione finale. Il commento sonoro è notevole: dalla musica etno a quella contemporanea, un contrappunto efficace all'azione così come la carrellata finale di immagini dedicata a Julian con in sottofondo Wish you were here dei Pink Floyd.  L’alpinista svizzero Julian Zanker ha perso la vita il 24 febbraio 2019 sulla Nord dell’Eiger, aveva 28 anni. Info Film Cerro Kishtwar – An ice cold story Regia: Julian Zanker (Svizzera 2018), 33 minuti – presentato al Trento Film Festival 2019