“Il mistero del Phandambiri”: nuova via fino alla cima principale

Maurizio Giordani, Manrico Dell’Agnola, Nancy Paoletto e Antonella Giacomini raggiungono i 1436 metri del Phandambiri lungo il pilastro sud-est. Un itinerario tecnico tra pareti di granito compatto che lascia due enigmi ancora irrisolti.

Dopo la salita alla nord del Phandambiri firmata da Mirco Grasso e Samuele Mazzolini, un nuovo capitolo si aggiunge alla spedizione sostenuta dal Club Alpino Italiano, “Verso il Phandambiri”. Sabato 9 agosto, Maurizio Giordani e Manrico Dell’Agnola, insieme a Nancy Paoletto e Antonella Giacomini, hanno raggiunto la cima principale della montagna (1436 m) lungo un itinerario inedito sul pilastro sud-est, battezzato “Il mistero del Phandambiri”.

L’obiettivo iniziale era quello di tracciare una via normale d’accesso, ma la realtà si è rivelata ben più impegnativa: 19 tiri per superare 800 metri di dislivello e 1100 di sviluppo, con soli 150 metri finali tra cenge e banche erbose prima dell’ultimo salto di roccia. Il tutto in circa sei giorni, con due bivacchi in parete.

Già dalla ricognizione iniziale era emerso che la montagna, imponente massiccio granitico, non offre pareti facilmente accessibili. La scelta è caduta sullo spigolo sud-est, apparentemente il versante più “vulnerabile”, ma le sorprese non sono mancate: granito compatto, privo di fessure e difficile da proteggere con sistemi tradizionali, placche di aderenza e passaggi tecnici. Giordani, che ha aperto tutti i tiri, ha affrontato passaggi di 6a e 6b nei cinque tiri centrali più verticali e un elegante 6c in equilibrio sull’unico appiglio della placca finale.

“È stata un’esperienza completa e complessa – racconta Giordani – lungo un itinerario mai scontato, dove non è permesso sbagliare sia per la lontananza delle protezioni sia per l’isolamento del luogo". Dell’Agnola aggiunge: "Dopo i primi tiri, vista la delicatezza delle placche e la difficoltà di chiodare, ho lasciato volentieri il comando a Maurizio. Prima di partire ero preoccupato: nonostante la ricognizione dell’anno scorso, non avevamo certezze sulla scalabilità della roccia. Ora, con due vie aperte e una terza in chiodatura, posso dire che è un grande successo.

Il nome della via nasce da due “misteri”. Il primo riguarda la storia alpinistica della montagna: tutte le ricerche indicano che non sia mai stata salita, se non forse da un pastore, ma in parete il gruppo ha trovato vecchi golfari e spit artigianali, risalenti probabilmente agli anni Ottanta, in posizioni prive di logica e senza altre tracce di passaggio. Il secondo mistero è un devastante incendio, di data ignota, che ha annerito tutte le pareti fino alle cime: il rogo potrebbe aver eliminato vegetazione erbosa che in passato facilitava eventuali salite.