Reinhold Messner alla prima del documentario © Facebook Trento Film FestivalIn occasione della 73ª edizione del Trento Film Festival, Reinhold Messner ha presentato in anteprima il suo nuovo documentario, K2 – Der Grosse Streit (K2 – La Grande Controversia), che rievoca la prima ascensione italiana al K2 nel 1954, mettendo in luce le tensioni e le controversie che seguirono l'impresa.
Il documentario ripercorre l'epica scalata al K2, la seconda montagna più alta del mondo, compiuta da una spedizione italiana guidata da Ardito Desio. Il 31 luglio 1954, Achille Compagnoni e Lino Lacedelli raggiunsero la vetta, ma l'impresa fu segnata da polemiche, soprattutto per il trattamento riservato a Walter Bonatti, allora 24enne e il più giovane del gruppo.
Ripercorriamo velocemente i fatti, per dovere di cronaca. La notte precedente il raggiungimento della cima, Bonatti e il portatore Amir Mahdi trasportarono le bombole d'ossigeno fino al punto previsto per l'ultimo campo. Ma, raggiunto il punto, si trovarono davanti a una scena inaspettata: nessuna traccia della tenda di Compagnoni e Lacedelli. I due avevano infatti deciso di spostare il campo in una posizione più alta, senza avvisare Bonatti e Mahdi in salita che furono così costretti a trascorrere la notte all'addiaccio a temperature estreme. In seguito Mahdi subì gravi congelamenti che portarono all'amputazione di alcune dita. Al termine della spedizione, nella versione ufficiale pubblicata dal capo spedizione, non si fece riferimento a questo evento ma, cosa ancor più grave, non si riconobbe il ruolo fondamentale di Bonatti e Mahdi nel trasportare in quota l'ossigeno. Anzi, la versione ufficiale dell'epoca dipingeva negativamente Bonatti, una narrazione che solo nel 2004 fu ufficialmente corretta, riabilitando la sua figura.
Il film è stato presentato lo scorso 27 aprile in un evento che ha visto la partecipazione di Messner e del Presidente Generale CAI Antonio Montani che ha ricordato: “Per chi, come me, è nato e cresciuto all'interno del CAI, e si è formato leggendo i libri di Walter Bonatti e nel mito delle sue imprese, il caso K2 è sempre stato una ferita aperta, quasi una questione di famiglia” ha spiegato. “Ormai sono passati oltre 70 anni da quella vicenda, che si è raccontata in tutti i modi. Per questo quando è iniziato il ragionamento attorno a questo film, soprattutto sulle vicende legate agli ultimi campi che non trovano spazio di narrazione nella storica pellicola ‘Italia K2’, abbiamo pensato che se c’era qualcuno in grado di offrire uno sguardo nuovo e originale su questa storia, quello era Reinhold Messner. E così è stato”.
Messner: "Bonatti sapeva raccontare la montagna"
Nel documentario, Messner sottolinea l'importanza di saper raccontare la montagna, non solo di scalarla. Secondo lui, molti alpinisti contemporanei sono fisicamente preparati, ma manca loro la capacità di riflettere e dare un significato profondo alle loro imprese. “Oggi tantissimi alpinisti sono preparati fisicamente e fanno grandi cose, ma occorre anche saper pensare la montagna, riflettere su di essa e darle un significato altro. Walter Bonatti sapeva farlo, sapeva raccontare” afferma Messner, aggiungendo che nella sua ultima fase di vita si dedica proprio a questo aspetto, quello della comunicazione.
“Se devo indicare un fuoriclasse che in tempi più recenti è riuscito a fare altrettanto, questo è senz'altro Wojciech Kurtyka”. Messner identifica in Wojciech Kurtyka un possibile erede spirituale suo e di Bonatti. Kurtyka, alpinista polacco nato nel 1947, è noto per le sue imprese in stile alpino e per la sua filosofia dell'alpinismo come arte e introspezione. Nel 2016, ha ricevuto il prestigioso Piolet d'Or alla carriera, dopo aver rifiutato il premio in precedenza, a testimonianza della sua natura schiva e poco autocelebrativa. Tra le sue realizzazioni più celebri, la prima salita della parete ovest del Gasherbrum IV nel 1985, considerata una delle più importanti ascensioni in stile alpino del XX secolo.
Con K2 – Der Grosse Streit, Messner non solo rende giustizia a Bonatti, ma invita anche a una riflessione più ampia sul significato dell'alpinismo. La montagna non è solo una sfida fisica, ma un'esperienza che richiede introspezione, narrazione e comprensione profonda.