“La coesistenza è un compromesso”: Piero Genovesi sulla gestione dei grandi carnivori

Il 20 settembre a Gubbio il convegno nazionale del CAI mette a confronto esperti, allevatori e istituzioni su pastorizia e ritorno di lupi e orsi. Piero Genovesi (ISPRA) sottolinea il ruolo cruciale della ricerca scientifica per una convivenza sostenibile.

Il 20 settembre 2025 a Gubbio si terrà il convegno nazionale del Gruppo Grandi Carnivori del Club Alpino Italiano, intitolato “Pastorizia e zootecnia di montagna tra globalizzazione e ritorno dei grandi carnivori. Passato, presente, quale futuro?”. Un momento di confronto che metterà al centro tre temi centrali: l'importanza delle attività zootecniche in ambiente montano, le strategie per cercare di gestire i conflitti con i grandi carnivori e l’importanza di una comunicazione chiara, autorevole e libera da ideologie sulle modifiche normative in atto a livello comunitario. Partecipare è semplice, basta compilare un form.

In questo contesto si inserisce la voce di Piero Genovesi, tra i massimi esperti mondiali di conservazione della biodiversità. Laureato in Scienze Naturali, con un dottorato in Biologia evoluzionistica, è responsabile per l’ISPRA della conservazione della fauna e del monitoraggio della biodiversità, collabora con le principali istituzioni internazionali e presiede il gruppo specialistico IUCN sulle specie invasive. Con oltre 200 pubblicazioni scientifiche, premi e attività di divulgazione, è considerato una delle figure più autorevoli a livello internazionale.

La sua riflessione offre una chiave di lettura preziosa sul ruolo della scienza nella gestione dei grandi carnivori e sulle sfide della loro coesistenza con l’uomo.

 

Dottor Genovesi, una domanda probabilmente banale. Qual è il ruolo che ha la scienza nel gestire il ritorno dei grandi carnivori?

La gestione e la conservazione dei grandi carnivori sono materie complesse, con aspetti non solo tecnici e biologici, ma anche sociali ed economici. La scienza fornisce una base di conoscenza per capire meglio le dinamiche biologiche ed ecologiche dei predatori, e può offrire ai cittadini un quadro più chiaro ed oggettivo sui grandi carnivori, la loro biologia e le interazioni con le attività dell’uomo, un tema che è molto sentito nella società sia per il fascino che queste specie esercitano, sia per il crescente allarme legato alla presenza di questi predatori. L’incremento numerico e l’espansione del lupo registrata negli ultimi decenni, e il ritorno dell’orso sulle Alpi creano crescenti conflitti con allevatori e cittadini, e determinano un allarme sociale che non si può ignorare.

Le conoscenze scientifiche offrono ai decisori gli strumenti per definire azioni di contenimento dei problemi più efficaci e coerenti con i generali obiettivi di conservazione di queste specie. 

 

A livello pratico cosa fanno scienza e ricerca?

Va detto che la scienza ha fatto enormi passi avanti negli ultimi decenni. La genetica ad esempio ci permette di identificare gli individui da un singolo escremento, determinandone il sesso e le relazioni parentali. Possiamo anche determinare quanto si stia riducendo la variabilità genetica delle popolazioni isolate, elemento che rischia di ridurre la capacità di adattamento e la sopravvivenza degli individui. 

La radiotelemetria, d’altro canto, ci consente di seguire gli individui per comprenderne le dinamiche spaziali, le preferenze ambientali, e le interazioni. 

I progressi nella ricerca forniscono quindi potenziali e preziosi strumenti di supporto per gestire le problematiche legate ai predatori, ad esempio identificando con certezza gli individui responsabili di attacchi ad animali o persone, di seguirne gli spostamenti, rendendo possibile attivare azioni di dissuasione per cercare di modificare i comportamenti degli individui più problematici. 

Inoltre, i modelli demografici ci permettono di capire le dinamiche delle popolazioni, determinando possibili fattori di rischio, e permettendo di valutare gli effetti degli interventi gestionali.

È importante sottolineare che le evidenze scientifiche offrono un valido supporto, ma non possono sostituirsi al ruolo dei decisori - siano essi amministratori o politici - chiamati a trovare un equilibrio tra istanze diverse, in coerenza con il quadro normativo nazionale e comunitario. Inoltre, il progresso della ricerca si scontra con una generale diffidenza di alcuni settori della società verso la scienza, soprattutto dove le evidenze scientifiche contraddicono opinioni e sentimenti. Questa criticità è particolarmente rilevante nel caso dei grandi carnivori, dove le opinioni sono spesso polarizzate e radicate nelle convinzioni dei singoli.

 

In questo contesto diventa fondamentale affidarsi a dati certi e verificati…

Per questo è importantissimo che ricercatori e istituzioni scientifiche, quali ISPRA, si impegnino sempre di più non solo nella ricerca, ma anche assicurando una trasparente comunicazione, rendendo pubblici i risultati delle proprie indagini in modo tempestivo, e utilizzando un linguaggio chiaro e comprensibile. In questo la collaborazione con il CAI è fondamentale, perché la rete di volontari e di titolati dell’associazione funge da preziosa interfaccia con la platea di appassionati di montagna e di natura, che può permettere di far circolare efficacemente informazioni e dati scientifici. 

 

Può farci un esempio di applicazione della ricerca scientifica alla conservazione?

Uno degli esempi delle applicazioni della ricerca scientifica alla conservazione dei grandi carnivori è il monitoraggio nazionale del lupo realizzato da ISPRA nel 2021-2022 con il prezioso supporto anche del CAI. Lo studio è stato condotto utilizzando un disegno statistico della raccolta dei campioni estremamente avanzato, che ha portato alla raccolta di 25mila campioni, analizzati con tecniche all’avanguardia e, permettendo di produrre una stima statisticamente attendibile del numero di lupi presenti in Italia, che è risultata di 3501 individui (con una forchetta tra 2049 e 3945). Analogamente ISPRA raccoglie ed analizza dati sulle predazioni dei lupi, sui comportamenti confidenti e sull’ibridazione, sempre al fine di fornire una base di informazioni solida per i percorsi decisionali. Sarebbe auspicabile ed essenziale, soprattutto in un momento di modifica delle politiche gestionali sul lupo, ripetere periodicamente il monitoraggio, in modo da poter tracciare gli andamenti delle popolazioni.

 

A tal proposito il declassamento del Lupo, vissuto da molti con grande preoccupazione, come è visto realmente da un punto di vista tecnico e quali potrebbero essere criticità e punti di forza di questo cambiamento di status?

Il declassamento del lupo, deciso in ambito Europeo, riflette la crescita della popolazione complessiva di lupi e il migliorato stato di conservazione della specie. Tuttavia, questa modifica è anche il risultato di una pressione di carattere sociale, proveniente soprattutto dai settori più colpiti dall’impatto dei predatori, come gli allevatori, che chiedono una gestione più incisiva per ridurne i danni. 

È presumibile che la modifica normativa avrà ricadute più significative in altri Paesi, rispetto all’Italia. Con il nuovo regime di tutela, il lupo potrebbe essere inserito tra le specie cacciabili, e mi aspetto che vari paesi vadano in questa direzione, mentre in Italia mi pare che non ci sia alcuna proposta di modificare il quadro normativo in questo senso. Con l’abbassamento del livello di tutela le regioni potranno deliberare interventi di controllo senza più la necessità di avere un’autorizzazione da parte del Ministero dell’Ambiente, quindi con un percorso sicuramente molto più semplice rispetto a prima. Rimarrà comunque l’obbligo di acquisire il parere di ISPRA, e noi dovremo valutare sia le motivazioni degli interventi (se i danni sono effettivamente elevati), sia se sono state attivate misure di prevenzione prima di proporre interventi di controllo. Inoltre, il quadro normativo comunitario imporrà comunque che gli eventuali prelievi non compromettano lo stato di conservazione delle popolazioni di lupo; pertanto, ISPRA dovrà anche valutare se il numero di individui che le regioni prevedono di rimuovere sia sostenibile. 

In questo senso abbiamo già proposto ai ministeri competenti e alle regioni delle possibili soglie, basate su un principio di cautela. 

Una delle differenze introdotte dal nuovo approccio è che non si valuterà ogni singolo abbattimento, sulla base quindi di un’analisi condotta caso per caso, ma le regioni definiranno piani annuali con criteri generali utilizzati per autorizzare gli abbattimenti, e ISPRA sarà chiamata a valutare questi piani, non più i singoli casi. 

 

Cos’è a livello pratico il concetto di coesistenza? Un concetto che spesso viene facilmente sbandierato ed enfatizzato da molti.

Nel vasto panorama della conservazione, il concetto di coesistenza tra uomo e grandi carnivori sta emergendo come una delle sfide più urgenti e complesse. L'idea che la natura selvaggia debba esistere in una sfera separata e incontaminata, come nei grandi parchi del Nord America o dell’Africa dove non esistono insediamenti umani e l’uomo deve rispettare precise regole, si scontra con la realtà di un paese come l'Italia, e di gran parte dell'Europa, dove il paesaggio è stato modellato dall'uomo per millenni, e le aree naturali che vedono la presenza di orsi, lupi e linci sono anche utilizzate e abitate dall’uomo stabilmente. In questo "mosaico" di boschi, campi e centri abitati, incontri ravvicinati con i grandi carnivori non sono più un'eccezione, ma una presenza sempre più frequente.

La coesistenza, quindi, non va percepita come un'utopia romantica, ma dovrebbe essere vista come un approccio pragmatico che richiede un'attenta gestione dei conflitti. La sfida è di trovare un equilibrio tra la tutela delle specie selvatiche e la necessità di prevenire o contenere i danni alle attività umane, anche dando risposte al senso di insicurezza delle comunità. 

 

Cos’è quindi indispensabile nel futuro per cercare di conservare specie molto carismatiche e a volte impattanti anche dal punto di vista sociale come Orso, Lupo e Lince?

Ciò implica un cambiamento di prospettiva e impone dei costi economici e sociali. Occorre trovare modelli di coesistenza anche attraverso approcci sociali e culturali, coinvolgendo attivamente le comunità locali nella ricerca di soluzioni condivise. È essenziale costruire un rapporto di fiducia tra cittadini, esperti e istituzioni, assicurando una comunicazione efficace e una sensibilizzazione del pubblico. 

La coesistenza richiede investimenti, volontà politica, disponibilità a modificare alcuni comportamenti e pratiche tradizionali. Occorre anche arrivare ad una consapevolezza che, in determinate circostanze, potrebbero essere necessarie decisioni difficili, come nel caso degli abbattimenti. Come sottolinea Luigi Boitani, uno dei massimi esperti mondiali di gestione e conservazione dei lupi,  "la coesistenza è un compromesso", un percorso fatto di dialogo, comprensione e, talvolta, scelte complesse che, seppur difficili, sono indispensabili per tutelare la natura senza mettere in pericolo la vita umana.

 

 

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