“Studiamo Insieme lo Stambecco”: il progetto CAI che racconta le Dolomiti e la loro fauna”

Un’iniziativa che monitora lo stambecco nelle Dolomiti, coinvolgendo soci e cittadini. Il progetto culminerà nel 2026 con un docufilm dedicato alla specie e al suo habitat alpino.

Articolo a cura del Gruppo Grandi Carnivori

Le Dolomiti, patrimonio UNESCO simbolo di bellezza naturale, sono anche teatro di un importante progetto di ricerca e conservazione dedicato allo stambecco, uno dei simboli della fauna alpina. Come già annunciato sulle pagine dello Scarpone online tempo fa, il progetto “Studiamo Insieme lo Stambecco” prosegue con successo, raccogliendo dati preziosi sulla colonia di questi mammiferi insediati nei gruppi montuosi dell’Antelao, Sorapis e Marmarole.

L’idea nasce all’interno del Comitato Scientifico Veneto Friulano e Giuliano del CAI, con la supervisione scientifica del Museo di Storia Naturale di Venezia-Giancarlo Ligabue. La struttura operativa del progetto è il Rifugio Pietro Galassi-Città di Mestre gestito dall’omonima sezione, situato vicino alla Forcella Piccola dell’Antelao e parte della rete CAI-CNR "Rifugi montani sentinelle del clima e dell’ambiente". Questa rete di rifugi rappresenta un punto di riferimento per il monitoraggio meteo-climatico, ambientale e per la divulgazione scientifica nelle aree montane.

Dopo oltre 200 segnalazioni archiviate finora, il progetto si propone di delineare con maggiore precisione la distribuzione degli esemplari, l’uso dell’habitat, la consistenza numerica e lo stato di salute della colonia, a sessant’anni dalla sua reintroduzione avvenuta nel 1965 grazie alla riserva di caccia di San Vito di Cadore

Il progetto si basa sulla partecipazione attiva di tutti i frequentatori del territorio, invitati a contribuire con semplici segnalazioni di avvistamenti di gruppi o singoli stambecchi. Si tratta di un esempio di citizen science, un metodo che coinvolge direttamente cittadini e appassionati nella raccolta di dati scientifici, favorendo una maggiore consapevolezza ambientale.

Oltre alle attività sul territorio, svolte sia in modo sistematico da circa cinquanta soci CAI in collaborazione con la Polizia Provinciale di Belluno, sia in modo opportunistico tramite le segnalazioni dei visitatori, si sta lavorando anche alla realizzazione di un documentario. L’obiettivo è raccontare il progetto e il mondo dello stambecco attraverso immagini, interviste e approfondimenti sulla biodiversità e sull’ambiente delle Dolomiti cadorine.

Nel 2026, al termine del progetto, sarà presentato un docufilm che unirà immagini suggestive delle montagne e della fauna locale ad interviste di esperti e protagonisti dello studio. Un’opportunità unica per conoscere da vicino questa specie e il suo habitat, sensibilizzando il pubblico alla tutela del patrimonio naturale.

Per gli appassionati e gli interessati, è già disponibile il trailer del futuro documentario, realizzato dal CAI Veneto e dal Comitato Scientifico VFG, grazie alla passione e alla professionalità del socio, regista e film-maker Marco Omodei Salè.

Abbiamo avuto il piacere di intervistare Marco per scoprire le motivazioni che lo hanno portato a dedicarsi a questa importante iniziativa, tra passione per la montagna, impegno scientifico e desiderio di sensibilizzare il pubblico sul valore della natura.

 

Quali sono state le motivazioni che ti hanno spinto a proporre al CAI e a volere fortemente la  realizzazione di questo documentario legato al progetto di studio?

Sono Socio da molti anni della Sezione di Calalzo di Cadore, di conseguenza ho la fortuna di poter girare i gruppi dolomitici di Antelao-Sorapis-Marmarole in tutte le stagioni dell'anno. Da sempre lo Stambecco suscita in me un grande fascino. Quando ho conosciuto Davide Berton ed il progetto da lui coordinato ho pensato che questa fosse un’ottima occasione per mettere a disposizione la mia professionalità di film-maker naturalista, al fine di realizzare un docufilm inedito che spiegasse al grande pubblico la bellezza della specie Capra ibex e dell'habitat dolomitico in cui vive.

 

Da dove nasce la tua passione per documentare la natura con lavori puntuali e molto professionali?

Sono da sempre appassionato delle Dolomiti e delle specie animali e vegetali che le abitano. Essere regista e documentarista di natura mi permette di conoscere sempre più nel dettaglio la biodiversità degli ambienti dolomitici e di condividere tramite una divulgazione prudente ma scientifica, la conoscenza ed il rispetto. Credo che, mai quanto oggi, ci sia il bisogno di una comunicazione accattivante e che segua i ritmi della natura caratterizzati sia dalla calma e ciclicità, sia da sorprese e scene mozzafiato per educare le persone ad una frequentazione sobria e responsabile delle Montagne.

 

Quali sono gli ultimi lavori realizzati?

Ho da poco ultimato un documentario su uno splendido pesce appartenente alla famiglia dei Salmonidi: il Salmerino alpino, per conto dell’Associazione Pescatori Dilettanti di Molveno,  con il patrocinio del Parco Adamello Brenta. Infine ho in corso di realizzazione un documentario molto importante ed inedito, sulla flora Speciale del Veneto. Il format prevede ad oggi tre episodi per ognuna delle tre aree dolomitiche identificate, soggette a tutela e conservazione: Parco Naturale Regionale delle Dolomiti d’Ampezzo,  Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi e le Dolomiti d'Oltrepiave. Sono 37 le specie botaniche finora documentate, tra di esse troviamo specie endemiche o molto rare o situate al limite del loro areale fitogeografico. Questo lavoro è realizzato anche grazie alle Regole di Cortina d'Ampezzo e al Parco Naturale Regionale Dolomiti d’Ampezzo nella persona del Direttore Michele Da Pozzo e grazie al sostegno della Regione del Veneto nella persona del Direttore UO Strategia regionale della Biodiversità e dei Parchi, Mauro De Osti.

 

Il coordinatore del progetto di studio per il Comitato Scientifico Veneto Friulano e Giuliano è Davide Berton ONCN da sempre in prima linea nelle ricerche e nella divulgazione naturalistica e in particolare faunistica all’interno del Club Alpino Italiano, che in una breve dichiarazione ha delineato la situazione del progetto: “Come responsabile di questa splendida esperienza, desidero condividere il percorso che abbiamo intrapreso. Lo studio, nato dall’idea collegata al progetto CAI-CNR ‘Rifugi montani sentinelle del clima e dell’ambiente’, è partito in un periodo difficile, durante il Covid, grazie alla sensibilità del Comitato Scientifico Veneto Friulano e Giuliano, allora presieduto dall’amico Giuseppe Borziello, e attualmente sostenuto anche dalla presidenza Cabbai. Dopo un avvio in sordina nel 2022, abbiamo avviato la fase operativa, e col tempo tutto è cresciuto in qualità e numeri, aprendo la possibilità a molti soci di essere protagonisti di giornate in montagna e in aula, di grande soddisfazione.

Nel tempo, si è creato un gruppo interessato e coeso, che ora vanta anche una buona preparazione sul bovide, e che si presta con grande disponibilità, in pieno regime di volontariato, a frequentare ambienti spettacolari, faticosi e spesso impegnativi. Con il nostro impegno, contribuiamo attivamente alla raccolta di dati utili al progetto e alle istituzioni coinvolte.

Come coordinatore, sento di dover ringraziare di cuore tutti i soci coinvolti: tutto questo può andare a buon fine solo grazie al lavoro di gruppo, che finora si è rivelato molto positivo. Un ringraziamento speciale va anche alla Polizia Provinciale di Belluno, il cui apporto e disponibilità sono stati fondamentali.

Un altro traguardo importante è stato l’idea del documentario, che ormai è realtà, grazie alla tenacia, all’insistenza positiva e alla passione di Marco, che si è messo completamente a disposizione di questo progetto. Stiamo lavorando intensamente per portare a termine questa opera.

Tutte le fatiche fatte risalendo i ripidi versanti e attraversando i valloni d’alta quota, tutto il tempo sottratto agli affetti e alla vita quotidiana, vengono ampiamente ripagate dalle emozioni che la natura ci regala durante le uscite sul campo, dagli incontri unici con la fauna e dai rapporti umani che si consolidano e crescono grazie alle esperienze vissute. Questo è sicuramente il valore aggiunto di un’idea che si sta realizzando appieno e che, a fine 2026, raggiungerà il suo traguardo.

Non mancheremo di condividere con tutti i soci e le persone interessate i risultati di questa splendida esperienza, attraverso il documentario e una pubblicazione con i risultati dello studio”.