“Tutte nascono camminando”. Andrea Greci racconta come si scrive una guida

Due chiacchiere con Andrea Greci, direttore editoriale CAI, e autore di decine di guide escursionistiche e alpinistiche, per capire come orientarsi nella scelta della guida che fa al caso nostro.
Al lavoro per scrivere una nuova guida. Foto Andrea Greci

Estate, tempo di montagna, tempo di guide. Sapere cosa significa scriverne una può aiutare anche a orientarsi nella scelta di quella che più fa al nostro caso, rispetto al tipo di uscita e alle nostre capacità tecniche. Facciamo due chiacchiere con Andrea Greci, il nostro direttore editoriale, autore di decine di guide. E se gli chiedete perché gli è venuta quella passione, vi dirà: “Condividere da autore il percorso di conoscenza affrontato innanzitutto da frequentatore della montagna”.

 

Andrea Greci, c’è differenza nello scrivere una guida di alpinismo o di escursionismo?

Al di là delle competenze specifiche e necessarie per ogni disciplina, non cambia molto nel metodo: c’è un prima, un durante e un dopo. Si parte con una imprescindibile fase di studio, che precede anche i sopralluoghi, per documentarsi su quello che si sta scrivendo, vedere cosa è stato scritto prima, quindi va fatta una ricerca bibliografica, o anche sitografica, facendo attenzione all’attendibilità delle fonti. Solo dopo si passa alla prova sul terreno, dove inizia la seconda fase di “registrazione”: appunti, fotografie, video e tutto quello che è utile ad annotare ogni più piccolo dettaglio. Poi inizia la fase tre: si torna alla scrivania per trasferire su pc testi e materiali multimediali e si passa alla scrittura. A quel punto è lo stile che può variare: si può essere più schematici in ambito alpinistico, più discorsivi in quello escursionistico, pur fornendo sempre elementi di lettura del territorio.

 

Cosa cambia quando vai in escursione per redigere una guida?

È molto diverso da quando si esce per piacere personale. Bisogna cercare di immagazzinare più informazioni e dettagli possibili, perché tutto è importante e non bisogna dare nulla per scontato, fin dalla fase di avvicinamento, o quando il percorso sembra più facile.

 

Qual è l’aspetto più delicato?

Proprio il non dare nulla per scontato. Va sempre tenuto in mente che chi legge può andare in un certo posto per la centesima volta, come per la prima, quindi non bisogna essere né troppo pedanti nelle informazioni, né troppo superficiali. Inoltre, bisogna cercare di essere il più possibile obiettivi nel giudicare alcune circostanze soprattutto nei luoghi che si conoscono, che magari si amano, perché questo è un altro potenziale rischio in cui incappare. Ci sono dettagli minuscoli, piccole accortezze che risultano fondamentali quando il telefono non prende o le condizioni climatiche sono sfavorevoli anche se il sentiero è ben segnalato, o al contrario quando non lo è o in generale sempre nelle alpinistiche. Per esempio, aiuta molto sapere che una svolta si trova all’altezza di un masso di forma triangolare, quando le nuvole sono basse.

 

Cosa bisogna controllare acquistando una guida, per capire se fa al caso nostro?

Prima di tutto, è fondamentale che ci sia la “carta d’identità” dell’escursione che intendiamo fare, ovvero una scheda tecnica che racchiuda le caratteristiche fondamentali dell’uscita: dislivello, lunghezza, punti d’appoggio, presenza di acqua, tutto ciò che ci fornisca una visione d’insieme per capire quanto impegno richiederà, quanto sarà difficile e dunque se è al nostro livello. Se è una relazione molto approfondita, si coglierà se si tratta di una salita più semplice o più creativa. Poi, secondo me, ha molta importanza la parte fotografica, perché non solo ci fa capire dove andremo, ma ci fa anche un po’ sognare, conferendo alla guida un buon bilanciamento tra contenuto e piacevolezza, come nel caso delle guide turistiche.

 

Argomento sicurezza: come si affronta in una guida?

Specialmente quando si esce dai sentieri più battuti, e dunque è più difficile trovare informazioni chiamando nel rifugio della zona, oppure la Sezione CAI, tanto più in caso di salite alpinistiche, è molto importante mettere l’accento sui possibili rischi oggettivi, come la mancanza di punti di riferimento. Un’attenzione speciale oggi va posta sulle vie che si sviluppano sulle Alpi tra i 3000 e i 3500-3700 metri: bisogna ricordare che, quasi sempre, quello che si sta descrivendo può cambiare anche in pochissimo tempo, o che, comunque, le condizioni possono variare molto a seconda della stagione e del periodo dell’anno.

 

Ogni quanto andrebbe aggiornata una guida?

A parte le dinamiche editoriali, una guida escursionistica passa meno velocemente di moda. Un aggiornamento può essere molto utile se ci sono sentieri nuovi, o che vengono cambiati o abbandonati. Sulle vie alpinistiche, specialmente quelle di ambiente glaciale o di alta quota, è logico che possano esserci tante differenze, anche nel giro di pochi anni. Tra gli ambienti descritti in alcuni volumi miliari delle Guide dei Monti d’Italia e la realtà di oggi c’è un abisso!

 

Ha ancora senso oggi una guida cartacea?

Sono convinto di sì, per due ragioni. Una rispetto all’autore: il cartaceo impone una maggiore responsabilità verso ciò che si scrive e dunque offre più garanzie circa l’autorevolezza della fonte, è infatti più difficile che qualcuno si prenda la briga di contestare una relazione trovata online. E una rispetto al lettore: oltre a essere un bell’oggetto dal punto di vista estetico, una guida serve anche a informarsi sul luogo che si sta attraversando al di là della pura relazione, e diventa un modo per imparare a “leggere” il territorio e vivere in maniera più consapevole la propria esperienza dal punto di vista sia storico che naturalistico, che si stia praticando escursionismo o alpinismo. Perché il nostro andare in montagna diventi un momento di conoscenza, non solo un’attività fisica.

Non solo lavoro… Foto Andrea Greci.