Durante le riprese @Matteo Pavana
@Matteo Pavana
@Matteo Pavana
@Matteo Pavana
@Matteo Pavana
La sera prima della ripetizione @Matteo Pavana
Le due cordate in cima @Leonardo Vianello
In parete @Leonardo Vianello
Il 27 settembre sarà presentato in anteprima ad Alleghe il film 100 Solleder Lettenbauer, che racconta i cento anni di una via che è stata una pietra miliare dell'alpinismo, un simbolo dell'epoca d'oro del sesto grado. Il regista Emanuele Confortin ci ha raccontato qualcosa di più sulla realizzazione del video documentario che parla non solo di una impresa, ma di una parete mitica: un'esperienza alpinistica coinvolgente, ancora prima che un lavoro dall'importante valore culturale.
La Solleder-Lettenbauer è una classica di cui si è scritto parecchio. Avete trovato elementi di novità da raccontare o eravate mossi dall'intento di dare il giusto tributo a una ricorrenza importante?
È vero che stiamo parlando di una via che è una pietra miliare, ma per esperienza posso dire di essere ormai convinto che molti alpinisti e frequentatori della montagna invece sanno poco della Solleder-Lettenbauer e della nord-ovest della Civetta più in generale. Per esempio, collocarla nel corretto periodo storico può apparire scontato e invece ho imparato che non lo è.
Il centenario dell'apertura coincide con il focus del film o il lavoro è più esteso?
Il 7 agosto 1925, Solleder e Lettenbauer hanno aperto la via ed è stato un momento importantissimo, ma è stato in realtà “solo” l'inizio della storia. Nel film l'apertura ha un ruolo quasi marginale: grazie a diversi testimoni abbiamo voluto contestualizzare l'apertura nella storia della montagna, della parete e approfondire alcuni avvenimenti: le invernali, ma anche la prima solitaria di Marco Anghileri [proprio un quarto di secolo fa, il 14 gennaio 2025, ndr]. E poi la salita del gruppo roccia Quattro Gatti: Marco Toldo, Diego Dellai e Nicola Bertoldo. L'idea era di dare continuità al racconto e trasmettere quanto questa via richieda ancora oggi un profondo rispetto: per l'ambiente severo in cui avviene e le difficoltà che propone [quasi costantemente sul V dolomitico sostenuto, con alcuni passaggi di VI, ndr].
Come ti sei fatto aiutare in questo racconto?
Le sfumature del montaggio vogliono cogliere le similitudini tra le varie salite, le voci narranti hanno tutte grande esperienza della parete: Manrico Dell'Agnola, Alessandro Beber, Alessandro Baù mi hanno fatto vedere e conoscere molte cose, sono stati i miei “Virgilio” in questo viaggio. E poi devo ringraziare Valter Bellenzier, Leonardo Vianello e tutti quelli che hanno curato la post-produzione: Lara Piovesan, Elena Barban, Nicolò Mattia Colombo, Sebastian Soso per le musiche.
Siete ovviamente andati a toccare con mano la via, che ricordiamo, rimane ancora oggi una signora classica, lunga e impegnativa.
Non l'avevo mai fatta e non ero mai stato in cima alla Civetta. Mi ero sempre detto che sarei andato in vetta solo se avessi fatto la Solleder. E così è stato. È stato bello e divertente perché ci conoscevamo tutti più o meno, ma non tutti con tutti e non tutti di persona. La cordata si è formata solo la sera prima al rifugio Tissi, ma c'è stato un feeling immediato. Abbiamo fatto due gruppi da tre, io ero in quella con Beber e Baù. Era agosto dell'anno scorso: il meteo era perfetto, mi ha fatto sorridere Beber che è partito cantando La città vecchia di De André, uno dei miei cantautori preferiti. C'era un bel clima.
Vista con l'occhio di chi passa un secolo dopo, com'è la Solleder?
Una via che stupisce per l'impegno che richiede, soprattutto se pensiamo all'attrezzatura dell'epoca, alle corde e gli scarponi che usavano, alle condizioni climatiche. Al tempo il ghiacciaio del Cristallo aveva un'altra estensione, aveva un'altra influenza. Noi il camino della cascata lo abbiamo trovato asciutto, ma Solleder e Lettenbauer si sono mossi in tutt'altre condzioni. Pensare che abbiano salito una via di più di mille metri...mi viene da usare una parola un po' fuori moda, ma hanno avuto un ardimento incredibile, qualcosa di più rispetto al semplice coraggio.
È corretto chiamarla Solleder-Lettenbauer? Quale fu il vero ruolo du Gustav?
Preferisco lasciare questi giudizi a chi ha più esperienza di me. Sicuramente si può dire che è sbagliato chiamarla solo Solleder, nella parte alta lui ha avuto problemi ed è stato Lettenbauer a guidare la cordata. Ma in generale è incredibile pensare che siano riusciti a farla in giornata, hanno avuto una incredibile forza di volontà. Hanno compiuto un'impresa incredibile e Solleder ha dimostrato più volte il suo valore in quegli anni: sulla nord della Furchetta, sulla est del Sass Maor, via che ho avuto l'onore di ripetere.
Ma dopo cento anni, possiamo venire a capo del dilemma del nome della montagna a livello nazionale? Il Civetta o la Civetta?
La Civetta, la Civetta [ride, ndr]. Nel bellunese è così e io non posso che chiamarla come siamo abituati dalle sue parti!