1985: nasce ALP, la rivista che scalò il futuro

Nel 1985 nasce ALP, il primo mensile italiano dedicato alla montagna contemporanea. Un progetto editoriale visionario che ha riscritto il linguaggio dell’alpinismo e dell’avventura.
La copertina del primo numero di Alp

Nel 1984 troviamo l’editore. Si chiama Vivalda, accetta con entusiasmo. Si parte con la nuova rivista, il primo mensile di montagna italiano. Per il titolo scegliamo l’abbreviazione Alp, che sta per Alp-eggio e Alp-inismo, si pronuncia d’un fiato e graficamente consente soluzioni d’avanguardia perché è una parola affilata come un dardo. La direzione artistica è affidata a Pier Vincenzo Livio e al geniale Francesco Santullo, che hanno una visione europea. Sono capaci di tutto, anche di appendere uno scalatore al logo di copertina.

Il primo maggio 1985 ottantamila copie ammiccano nelle edicole dello stivale. Per la copertina abbiamo scelto uno scatto di David Belden sull’Éperon sublime, con uno scalatore appeso alla gola del Verdon. Vuoto allo stomaco, adrenalina, futuro. Nelle prime righe dell’editoriale, tanto per ammazzare i nostalgici scrivo che “Alp non è il solito mondo al di fuori dal mondo, dove i cittadini buoni rincorrono antichi sentimenti e i poveri montanari, gli ultimi, custodiscono le loro secolari tradizioni. Alp è la montagna degli anni Ottanta, quella dei grandi exploit alpinistici, dell’arrampicata a tempo pieno, dell’appassionata e competente evasione, del sacrosanto bisogno di natura e di avventura”. Con Vincenzo Pasquali raccontiamo le magie di Alp in una multivisione che riempie due volte il Teatro Nuovo di Torino e molte altre sale d’Italia, sollevando entusiasmi da concerti rock. Come il dottor Frankenstein mi spavento della mia creatura, quando duemila ragazzi della mia età si schiacciano per entrare a teatro e poi si accampano pazientemente in strada nell’attesa del secondo spettacolo. Come abbiamo fatto? E soprattutto, con quali responsabilità? Quando si spengono le luci e i duemila testimoni del battesimo della rivista escono in strada inebriati, penso che siamo stati dei buoni traduttori. Ogni epoca posa parole e sentimenti nuovi sulle vecchie emozioni e noi siamo riusciti a esprimerli con la lingua del nostro tempo. Una traduzione riuscita.

Che cosa è cambiato in quarant’anni. Tutto, direi. Quella nostra sete di notizie e immagini è stata totalmente saziata, fino alla bulimia. L’orgasmo da carta stampata è stato sostituito dall’assuefazione virtuale, che vuol dire informazione a oltranza e in tempo reale, a scapito dell’attesa e dell’emozione. Il desiderio placato in ogni istante si indebolisce, è inevitabile. A chi mi chiede se ci sia ancora bisogno di una rivista come Alp, rispondo di no perché ogni invenzione è figlia del suo tempo. Forse una rivista di critica e approfondimento? Forse, sarebbe bella, ma devono pensarci i giovani.