83 morti in un mese: dal Soccorso Alpino un invito a riconoscere i propri limiti

Tra il 21 giugno e il 23 luglio 2025 si sono registrati in quota 83 decessi e 5 dispersi. Cosa sta succedendo sulle montagne italiane?

83 morti e 5 dispersi in montagna dall’inizio della stagione estiva. Quelle diffuse al pubblico in una intervista rilasciata nei giorni scorsi al Corriere della Sera dal Presidente del Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico, Maurizio Dellantonio, sono cifre di fronte alle quali si resta inevitabilmente perplessi. Cosa sta succedendo sulle montagne italiane? 

 

Una montagna che piace sempre di più

La montagna piace, sempre di più. È un trend ormai ben evidente quello dell’incremento delle presenze in quota, soprattutto nella stagione estiva. Trend avviato nella fase post pandemica, un momento storico di riscoperta collettiva del senso di libertà che è in grado di regalare la natura. E incentivato dalla sempre più complessa vita in città, alle prese, in estate, con temperature da cui viene naturale optare per una fuga in quota, almeno nel fine settimana. 

Una tendenza che non sarebbe affatto negativa, considerati gli effetti positivi su mente e corpo, che la montagna è in grado di elargire, così come il supporto alle economie di montagna. Non lo sarebbe se, accanto a tali positività, non vi fossero altrettanti svantaggi, tra i quali l’incremento percentuale di escursionisti dotati di una preparazione non idonea ad affrontare le insidie dell’ambiente montano. 

I dati riferiti dal Presidente Dellantonio, relativi agli interventi del Soccorso Alpino effettuati tra il 21 giugno e il 23 luglio 2025, per quanto riferiti a una piccola fetta della stagione in corso, accendono un campanello d’allarme sull’estate 2025. 83 morti e 5 dispersi registrati nell’arco di 30 giorni, rappresentano una anomalia. Come dichiarato dal Presidente, si tratta di circa un 20% in più di interventi rispetto alla media stagionale.

 

Mortalità in aumento, attenzione in calo

Circa il 60% dei morti registrati nell’arco di un mese tra le vette d’Italia, è associato al mondo dell’escursionismo. Il restante 40% è rappresentato da alpinisti, ciclisti e paracadutisti. 

Chiunque frequenti la montagna ha piena coscienza del fatto che l’incidente possa capitare anche ai più esperti. Come evidenzia il Presidente del CNSAS, lo scenario che risulta sempre più evidente agli occhi di chi si ritrova a gestire interventi quotidiani di soccorso, è però quello di un aumento di disattenzione in quota. Dunque di incidenti evitabili.

Disattenzione non solo verso l’ambiente in cui ci si muove ma anche verso se stessi. Una difficoltà nell’identificare i propri limiti che spinge a cimentarsi in uscite non alla propria portata. O peggio ancora, a non avere coscienza delle difficoltà dell’itinerario scelto. 

Dellantonio punta l’accento sull’effetto negativo dei social, utilizzati spesso come fonte di ispirazione. “Uno fa una foto e scrive: ‘Sono arrivato in cima’. Il giorno dopo c’è subito chi ci prova, anche senza prepararsi”. Si parte all’avventura senza informarsi ed equipaggiarsi adeguatamente.

Proprio qualche giorno fa, il Soccorso Alpino e Speleologico della Sicilia, è dovuto intervenire nel recupero di due ragazzi, bloccati a 2100 metri di quota sull'Etna, all’interno dei crateri del 2001, con abbigliamento e calzature non adatte. Trattasi di una delle innumerevoli cronache, fortunatamente a lieto fine, di questa estate del boom della montagna. 

Ulteriore elemento, alquanto deludente per il Soccorso Alpino, è il ritrovarsi a salvare vittime di incidenti o persone in difficoltà in quota, molte delle quali per imprudenza, che rifiutano di pagare i soccorsi (laddove previsto), “anche quando, di fatto, gli hai salvato la vita”.

È un appello dalla forte carica emotiva quello lanciato involontariamente dal Presidente attraverso il suo racconto di questa estate, appena iniziata. Un appello che si rivolge soprattutto ai giovani, maggiormente influenzati dal mondo dei social, ma non solo. Un invito al darsi tempo, al riconoscere le proprie competenze e i propri limiti, al raccogliere informazioni e farsi anche supportare da chi ne sappia di più, prima di cimentarsi in avventure che, in un battito d’ali, possono trasformarsi in emergenze o tragedie.