Bufera in montagna © PixabayLa vicenda Confortola insegna che anche nel secolo digitale, quando ci sentiamo spiati e radiografati in ogni istante della nostra vita, è difficile verificare i fatti ed evitare le mistificazioni. In alpinismo è sempre stato così, perché la scalata delle montagne è un gioco fondato sulla lealtà e l’onestà individuale, senza giudici chiamati a certificare le imprese; altrimenti diventerebbe uno sport come gli altri e probabilmente scomparirebbe. Ma il tema della “verità” è più che mai presente, ieri come oggi, a meno che si rinunci a valutare le prestazioni di chi scala le montagne e si sfoci definitivamente in un gioco senza etica e senza regole. Il caos liberatorio e definitivo? Non sembra che siamo pronti, e nemmeno che ci piaccia, dunque il problema resta. Chi ha fatto cosa? Chi ha millantato un’impresa falsandola o ingigantendola!
Quante volte gli alpinisti, da Cesare Maestri a Tomo Cesen, sono stati accusati di non avere raccontato il vero! Quante carriere sono rimaste sospese, e adombrate, da dichiarazioni non certificabili! Quante amicizie si sono infrante per delle accuse e dei sospetti!
Paradossalmente l’epoca digitale non ha migliorato le cose, anzi le ha peggiorate. Bene o male, un tempo, per promuovere un’impresa bisognava passare dai giornali, e se quelli generalisti erano spesso distratti e potevano anche cadere nei tranelli, c’erano le riviste specializzate a garantire un filtro e una valutazione. In pratica c’erano dei “critici” che commentavano la cronaca e poi degli storici che la inquadravano nel contesto, a distanza di anni. Oggi questo meccanismo è in crisi perché sono gli stessi alpinisti – tramite i social media – a contarsela e cantarsela, se vogliono, e la valanga di informazioni che travolge le pagine internet è così incerta e sovrabbondante che chi ha più potenza di tiro risulta il più forte, il più bravo e il più seguito, a prescindere dal valore. Basta bombardare i siti e le pagine web per farsi strada, esattamente come capita con i libri (anche se gli editori esistono ancora), la musica (e i discografici?) e quasi ogni altra espressione umana. Che fare? Se non vogliamo precipitare nel caos dovremmo tornare alla critica e alla storia, due mestieri sempre più difficili ma sempre più necessari, che richiedono tempo, competenza, onestà e lavoro d’équipe.