Alpinisti morti sul Gran Sasso, si indaga per omicidio colposo

Il fascicolo aperto dalla Procura di Teramo dopo l'esposto dei famigliari. I nodi: la mancata chiusura della funivia, la tempestività dei soccorsi e la segnaletica
Luca Perazzini e Cristian Gualdi © Ansa

Omicidio colposo: è l'ipotesi di reato contemplata dalla Procura di Teramo, nel fascicolo d'indagine, a carico di ignoti, aperto per la morte di Luca Perazzini, 42 anni, e Cristian Gualdi, 48, dispersi sul Gran Sasso il 22 dicembre e ritrovati morti il 27. L'indagine è partita dopo l'esposto presentato dal fratello di Perazzini per far luce sulle circostanze dell'incidente.

Era il pomeriggio del 22 dicembre quando i due alpinisti, di ritorno da un'escursione, furono sorpresi da un brusco peggioramento delle condizioni meteo. Scivolarono sul versante sud-est del Corno Grande, nel Vallone dell’Inferno, a circa 2.700 metri di quota, da dove riuscirono a lanciare l'allarme e ad attivare la macchina dei soccorsi. Che però dovette fare i conti con condizioni meteo proibitive, con raffiche di vento fortissime e rischio valanghe elevato. Seguirono giorni di apprensione e duro lavoro: a nulla servirono i tentativi di avvicinamento, nemmeno via terra, e le ricerche vennero sospese a più riprese. Gli stessi soccorritori rimasero bloccati dal maltempo all'ostello di Campo Imperatore: 19 persone, rimaste in quota dal 23 dicembre alla mattina di Natale, quando un breve momento di vento debole consentì di riattivare la funivia per riportarli a valle.

La tempesta di neve non diede tregua se non cinque giorni dopo, quando il corpo di Gualdi venne avvistato dall'elicottero durante un sorvolo: venne recuperato via terra, trovato senza una scarpa. Poco dopo, con l'utilizzo di sonde, i soccorritori individuarono anche il corpo di Perazzini, a sei metri di distanza dal compagno, sepolto sotto 70 centimetri di neve, senza guanti.

A tre mesi dalla tragedia, l'indagine entra nel vivo: gli inquirenti hanno acquisito alcuni video fatti con i telefonini e i carabinieri di Assergi (L'Aquila) hanno ascoltato alcune persone informate sui fatti. L'indagine è partita dall'esposto del fratello di Perazzini, Marco, secondo il quale l'accesso alla vetta andava proibito. Ma non c'è solo la mancata chiusura della funivia tra Fonte Cerreto e Assergi, sul versante occidentale di Campo Imperatore: tra gli aspetti sui quali Francesca Giovannetti e Luca Greco, avvocati della famiglia Perazzini, chiedono di fare luce, c'è anche quello della tempestività dei soccorsi e la segnaletica.