Cesto di funghi © PixabayCon l’arrivo dell’autunno per molti appassionati si apre la stagione dei funghi. I boschi si tingono di colori caldi, l’aria si fa più frizzante e, tra i tappeti di foglie, si nascondono i tanto desiderati porcini, finferli, ovuli o prataioli. Ma “andare per funghi” non è solo una passione gastronomica: è un’attività che richiede conoscenza, rispetto delle regole e consapevolezza del ruolo che i funghi hanno all’interno degli ecosistemi.
I funghi, architetti del bosco
Spesso consideriamo il fungo solo come ingrediente di un risotto o di un piatto di tagliatelle, dimenticando la sua importanza ecologica. Quello che raccogliamo, infatti, è soltanto il carpoforo, il corpo fruttifero che spunta dal terreno. La vera “vita” del fungo è nascosta sotto i nostri piedi: si chiama micelio ed è una fitta rete sotterranea che intreccia relazioni fondamentali con gli alberi. Attraverso le micorrize i funghi cedono azoto e minerali alle piante, ricevendo in cambio zuccheri prodotti dalla fotosintesi. Senza questa alleanza invisibile molti boschi non sarebbero in grado di prosperare. Ecco perché rispettare i funghi, anche quelli non commestibili, è essenziale per la salute delle foreste.
Leggi nazionali e regolamenti regionali
Proprio per la loro importanza ambientale la raccolta dei funghi in Italia è regolamentata da norme precise. La legge quadro di riferimento è la n. 352 del 1993, integrata dal D.P.R. 376 del 1995, che stabiliscono i principi generali: dai limiti quantitativi giornalieri al divieto di strumenti che danneggiano il suolo e il micelio, fino all’obbligo di lasciare intatto il fungo in modo da consentirne il riconoscimento. A questi criteri si affiancano le normative regionali, molto diversificate sul territorio.
In Piemonte, ad esempio, occorre un titolo di raccolta, un permesso che può essere giornaliero, settimanale, annuale o pluriannuale, con costi contenuti e la possibilità di acquistarlo anche online o presso gli uffici turistici delle vallate. In Friuli Venezia Giulia il limite giornaliero è fissato a 3 chili pro capite, e serve sempre un’autorizzazione. In Emilia-Romagna, oltre al tetto massimo, si vietano i contenitori di plastica e si impongono dimensioni minime per le diverse specie. Nel Lazio, invece, per diventare raccoglitori bisogna prima frequentare un corso di formazione micologica riconosciuto. Insomma, l’Italia dei funghi è un mosaico normativo: la regola d’oro è informarsi sempre sulle disposizioni della Regione o del parco in cui ci si trova.
Il titolo abilitativo non è solo un obbligo burocratico, ma uno strumento che sostiene economicamente la manutenzione delle aree montane e garantisce che la raccolta avvenga nel rispetto delle norme. Una volta ottenuto l'attestato, il documento deve essere sempre portato con sé ed esibito su richiesta delle autorità di vigilanza.
Limiti, specie esentate e orari consentiti
Un aspetto comune a gran parte della normativa italiana è il limite giornaliero, che raramente supera i 3 chili a persona. Alcune specie, considerate meno pregiate o più diffuse, possono essere raccolte anche senza titolo, ma sempre nel rispetto delle quantità consentite. In diversi territori poi, si stabiliscono misure minime per i carpofori, in modo da evitare che i funghi vengano prelevati troppo giovani, e vengono fissati orari precisi, con il divieto di raccolta nelle ore notturne. In aree protette o parchi naturali, i vincoli possono essere ancora più stringenti, fino a prevedere giornate dedicate o zone in cui la raccolta è completamente vietata.
Buone pratiche nel bosco
Oltre a conoscere la normativa chi va per funghi deve adottare comportamenti corretti sul campo. I cestini di vimini o i contenitori rigidi e aerati sono l’unica soluzione ammessa: non solo preservano meglio i funghi, ma consentono anche la dispersione delle spore. Vanno evitati invece i sacchetti di plastica, che favoriscono la fermentazione e il deterioramento del raccolto. È buona norma pulire i funghi grossolanamente sul posto, togliendo terra e foglie, ma rimandare il lavaggio a casa. Fondamentale è anche non usare rastrelli o uncini, che possono danneggiare irrimediabilmente il micelio e compromettere la rigenerazione del bosco. E se un fungo non è conosciuto con certezza, meglio lasciarlo dove si trova: anche i non commestibili hanno un ruolo insostituibile nell’ecosistema, come abbiamo visto in precendenza.
Fattore da non dimenticare è la sicurezza. Le cronache del Soccorso Alpino purtroppo lo ricordano ogni anno: un’escursione nata come un momento di svago può trasformarsi in emergenza. Come bisogna essere esperti nel riconoscimento dei funghi, allo stesso modo bisogna indossare calzature e abbigliamento adeguati al contesto in cui ci si trova.
Il delicato riconoscimento delle specie
Il momento più critico per chi si avventura nel bosco è quello del riconoscimento. Molti funghi commestibili hanno infatti sosia velenosi quasi indistinguibili a un occhio inesperto. L’unico modo sicuro per fugare ogni dubbio è affidarsi all’Ispettorato Micologico delle ASL, un servizio pubblico e gratuito che certifica la commestibilità dei funghi raccolti. È importante presentare esemplari interi, comprensivi di cappello, gambo e base, senza parti tagliate o danneggiate. Le regole da ricordare sono poche ma vitali: non raccogliere funghi troppo piccoli, non fidarsi di odori o colori e non consumarli mai crudi. Ogni anno, infatti, in Italia si registrano decine di intossicazioni, talvolta gravi, spesso dovute a errori di identificazione.
La raccolta dei funghi è molto più di un passatempo stagionale: è una tradizione che racconta l’Italia rurale e montana, un modo per vivere i boschi e riscoprirne i ritmi. Ma come tutte le tradizioni, merita di essere custodita con cura. Conoscere le regole, rispettare la natura e affidarsi agli esperti sono i tre ingredienti fondamentali per godere appieno di questa pratica, senza rischi e senza danni per l’ambiente.