Angelika Rainer su Pungitopo, l'intervista. "Non mi do alcun limite"

Angelika Rainer ripercorre le sue ultime salite su roccia e il legame con le discipline verticali. “Ogni progetto è un po’ come un viaggio, da ognuno ho imparato qualcosa.”
Angelika Rainer su Pungitopo © Marco Servalli

Da quasi due decenni Angelika Rainer è una protagonista assoluta della scena verticale italiana, al punto da essere un riferimento per chiunque voglia dare il meglio in diverse discipline legate all’arrampicata. Dalla prima vittoria della Coppa Italia di Dry Tooling nel 2005 fino a oggi, Angelika ha collezionato diversi titolli nelle competizioni di arrampicata su ghiaccio e importanti ripetizioni in falesia. 

Nel 2023 Angelika con la sua ripetizione di Esclatamasters 9a, ha fatto il giro del mondo, facendola entrare in quel ristretto numero di arrampicatrici italiane all’altezza di combattere sul nono grado. Qualche settimana fa è anche arrivata la notizia della sua ripetizione di Pungitopo ad Arco, un 8c+ caratterizzato da uno stile di scalata completamente diverso dalla via precedente, che ci ha portato a volerle chiedere di raccontarci qualcosa di più su se stessa e sul suo rapporto con le discipline verticali.

 

Ciao Angelika! Anche quest’anno la primavera ha portato un po’ di notizie fresche da Arco, tra cui la tua ripetizione di Pungitopo, 8c+. Com’è andata questa salita e quanto tempo ti ha richiesto provarla?

Ho fatto il mio primo tentativo su Pungitopo a fine marzo insieme al mio amico Klaas Willems, che era venuto a fare un giro ad Arco proprio per provare la via insieme. Ero appena tornata da un viaggio di arrampicata su ghiaccio in Canada e purtroppo non ero riuscita ad allenarmi in maniera seria per tutto l’inverno a causa di un infortunio alla spalla successo a novembre. Queste ovviamente non erano le migliori condizioni per provare una via al mio limite, ma volevo sfruttare comunque l’occasione di provare la via insieme ad un amico come Klaas. Durante primi giri sulla via ho fatto molta fatica, riuscivo a tenere a malapena le singole prese; il secondo giorno sono riuscita a fare il movimento chiave, che è un movimento in laterale e in leggera discesa che era completamente al limite dell’estensione delle mie braccia e delle mie capacità. Ma dopo qualche giorno sulla via ho sentito dei grossi miglioramenti, era una sensazione che non mi era mai capitata prima in maniera così eclatante. Il mio corpo si era abituato alla tipologia di prese e di movimenti e sembrava come se all’improvviso le piccole tacche fossero diventate più grandi. Alla fine, ho impiegato solo otto giorni per chiudere la via, decisamente meno di quello che avevo inizialmente immaginato. 

 

Prima di Pungitopo, oltre al 9a di Escalatamasters, avevi anche salito Solitary Souls, sempre un 8c+ di Arco caratterizzato da uno stile completamente diverso. Qual è lo stile che preferisci e che ti diverte di più come arrampicata?

Mentre Pungitopo è una placca liscia, relativamente corta (sono venti metri di sviluppo), caratterizzata da un’arrampicata molto tecnica su tacche minuscole e piedi a volte solo spalmati, Solitary Souls è una via di resistenza, lunga 35 metri, con un’arrampicata su canne e movimenti spesso lunghi e fisici. Esclatamasters invece è un mix delle due e unisce una scalata strapiombante e fisica nella prima parte con una sezione tecnica nella parte alta. Credo che i miei punti forti siano proprio questi, la resistenza e la scalata tecnica, e forse è anche per questo che sono quelli che mi piacciono di più. Riuscire a lottare contro la ghisa su una via di resistenza è sempre una bella soddisfazione e risolvere i movimenti su una via tecnica di placca a volte sembra quasi una magia. E poi mi piace accettare sempre nuove sfide su stili diversi o in discipline diverse. 

Angelika Rainer su Pungitopo © Jacoppo Larcher

Immagino che i primi giri su una via estrema sembrino sempre quasi impossibili. Come gestisci i primi momenti di difficoltà e che consigli ti senti di dare a chi spesso si sente frustrato su una via o su una sequenza che sembra irrisolvibile?

I primi tentativi su una via al mio limite li uso un po’ per sondare la situazione. Mi piace la via? Questa è la prima domanda. Se durante la prima sessione sulla via non riesco a risolvere qualche singolo, ma il resto della via mi sembra più o meno chiaro, allora mi dò ancora una o due sessioni per cercare di risolvere tutti i singoli. Durante questi primi tentativi non mi preoccupo del pensiero di come poi concatenare tutti i movimenti, perché quello poi arriva col tempo. Tutte le vie dove sono riuscita a fare i singoli le ho anche chiuse, ma questo forse è un’esperienza mia personale perché so che la resistenza è un mio punto forte e quindi riuscire a fare i singoli movimenti per me ha sempre significato che prima o poi sarei stata in grado di concatenarli. Se invece alcune sezioni mi sembrano impossibili, abbandono l’idea. A chi prova una via al proprio limite direi di darsi un po’ di tempo, dopo le prime sessioni sulla via si trovano metodi più congeniali per la propria morfologia e il corpo stesso si abitua ai movimenti: i progressi arriveranno. 

 

Ti dai un tempo massimo quando decidi di provare una via al limite, oppure preferisci valutare in base alle sensazioni che hai man mano?

No, non mi dò alcun limite: se la via mi piace, sono disposta a investire del tempo per provarla e all’inizio non si può mai sapere quanto sarà lungo il processo. Ogni progetto è un po’ come un viaggio, ci sono alti e bassi, momenti vissuti con gli amici, posti belli dove si trascorre del tempo e da ogni via dura che ho provato ho imparato qualcosa. 

 

Quando passi dalla stagione invernale sul ghiaccio a quella primaverile di arrampicata su roccia fai un periodo di allenamento specifico in palestra? 

Negli ultimi anni mi sono concentrata di più sulla roccia e quindi faccio un periodo di allenamenti in palestra durante i mesi invernali, insieme alle uscite su ghiaccio e Drytooling.

Angelika Rainer davanti a Pungitopo © Marco Servalli

Quali sono le sfide che ti entusiasmano di più di entrambe le discipline, ghiaccio e roccia?

Prima di tutto mi devono affascinare la linea ed il posto. Per me è importantissimo che sia bello il posto dove provo una via dura. In questa maniera riesco a vedere in maniera positiva ogni singolo giorno che trascorro sulla via, indipendentemente dal fatto che sia stato un giorno ricco di progressi sulla via o meno. Così vado sempre a casa pensando che è stata una giornata trascorsa in un bell’ambiente con persone a me care. In questa maniera anche le volte in cui non ottengo un vero e proprio risultato su un progetto, posso dire di aver passato una bella giornata. 

 

Dacci un consiglio: dove arrampichi in estate?

Sicuramente scalerò tra Arco, Dolomiti e Bergamo che sono i tre posti che chiamo “casa”. Torno per una vacanza di scalata a Kalymnos, che anche se calda è sempre bellissima, e poi ho in programma un viaggio tra Francia e Svizzera.