Antartide: il clima in mutamento sta influenzando la riproduzione dei pinguini

Cambiamento climatico e correlati eventi estremi stanno profondamente influenzando la vita dei pinguini imperatore, costretti con crescente frequenza a spostare i siti riproduttivi.

Il pinguino imperatore (Aptenodytes forsteri) è da tempo riconosciuto come una sentinella ideale per il monitoraggio degli effetti del cambiamento climatico sul continente antartico. La sua dipendenza dal ghiaccio marino stabile, essenziale per la identificazione dei siti idonei alla riproduzione, lo rende estremamente vulnerabile alle alterazioni del clima. 

Il sito riproduttivo del pinguino imperatore non è infatti una costruzione fisica, come il classico nido realizzato dalla maggioranza delle specie avicole, ma una banchisa ovvero una massa di ghiaccio marino galleggiante, verso la quale i pinguini si dirigono al termine dell’estate antartica, per dedicarsi essenzialmente alla riproduzione. I siti riproduttivi possono distare anche un centinaio di chilometri dalla costa, offrendo condizioni di riparo dai forti venti. 

In questo ambiente “protetto”, le coppie di pinguini procedono all’accoppiamento, cui segue la deposizione di un solo uovo annuo, che viene mantenuto al caldo dall’esemplare maschio, mentre la femmina torna verso il mare alla ricerca di cibo. Le femmine fanno poi ritorno al sito per terminare la cova e danno il cambio ai maschi, che corrono ad alimentarsi. Generalmente, verso agosto le uova iniziano a schiudersi. Le “famiglie” di pinguini restano nel sito riproduttivo per mesi, provvedendo a supportare i piccoli nelle prime fasi di accrescimento e di esplorazione dell’ambiente, fino all’arrivo dell’estate, che segna il momento del ritorno in mare per gli adulti, e del primo tuffo per i nuovi nati.

Il sito di riproduzione diventa una sorta di “casa di ghiaccio”, un riferimento anche per gli anni a venire. Ma non è sempre così. Se il ghiaccio non garantisce stabilità per tutto il periodo della cova e dell’allevamento dei pulcini, il sito non risulta più idoneo allo scopo riproduttivo. Ecco allora che i pinguini si ritrovano a doversi spostare, affrontando dispersioni (spostamenti a breve raggio) o vere e proprie migrazioni (spostamenti a lungo raggio), per trovare un nuovo punto sicuro.

Uno studio di recente pubblicazione sulla rivista scientifica Remote Sensing of Environment ha cercato di realizzare per la prima volta una mappatura ad alta risoluzione dei siti riproduttivi di 10 colonie di pinguino imperatore, analizzandone la variazione spaziale nell’arco di un decennio e cercando di verificare quali siano i fattori climatici in grado di influenzare maggiormente tali spostamenti.

 

Pinguini in crescente dispersione

Utilizzando immagini satellitari e creando specifici "indici di guano" (le macchie lasciate dagli escrementi dei pinguini sul ghiaccio), gli scienziati sono riusciti a ricostruire la distribuzione dei siti riproduttivi, con una risoluzione spaziale di 30 metri e una accuratezza quasi del 95%.

Nel dettaglio, i ricercatori hanno selezionato 10 colonie di pinguini imperatore, tra cui compaiono alcune delle più grandi popolazioni di pinguini, come quelle di Coulman Island, Capo Colbeck e Capo Washington. Per ciascuna colonia sono state ricostruite le dinamiche di utilizzo e spostamento dei siti riproduttivi nell’arco di un decennio, dal 2013 al 2023

"I nostri risultati hanno dimostrato che, sotto la pressione del cambiamento climatico, i pinguini imperatore sono ora costretti a spostare frequentemente i loro siti di riproduzione", ha dichiarato Lin Hong, primo autore dell'articolo e dottorando presso la School of Geospatial Engineering and Science della Sun Yat-sen University.

Le colonie hanno infatti mostrato fenomeni di dispersione tanto più intensi quanto maggiore è la vulnerabilità dei siti a eventi climatici estremi, quali ondate di calore, bufere, tempeste e ridotta estensione del ghiaccio marino.

Alcune colonie risultano relativamente più fortunate, protette da barriere naturali come isole, imponenti scogliere di ghiaccio o iceberg incagliati, e spesso sono vicine ad acque libere ricche di prede. In queste condizioni, i pinguini cambiano raramente il sito riproduttivo, che viene usato fino a 7 anni consecutivi. 

Al contrario, dove non esistono barriere protettive, le "case di ghiaccio" dei pinguini risultano molto più fragili, maggiormente esposte agli eventi climatici estremi. In questo caso, i periodi di riutilizzo del sito riproduttivo scendono sotto i 3 anni e la dispersione interannuale supera i 4 chilometri

I risultati di questo studio non solo consentono una mappatura e un aggiornamento più puntuale dei siti riproduttivi dei pinguini, ma dimostrano in modo incontrovertibile che gli eventi climatici estremi stanno avendo un impatto significativo su una specie che manifesta già da tempo un evidente declino ed è stata riconosciuta dalla IUCN come “prossima alla minaccia".