Antonio Montani su The Times: “In rifugio non ostriche e champagne, ma fatica e consapevolezza”

Dal melone col prosciutto alle richieste di lusso in rifugio, l’overtourism alpino varca i confini e raggiunge le cronache mondiali mostrando il volto di un turismo snaturato. Il presidente generale Antonio Montani interviene sul The Times: “La montagna non è un hotel, servono fatica e consapevolezza”.
Antonio Montani
Il Presidente generale Antonio Montani © Cai

Overtourism, questo il termine dell’estate 2025, che si sta diffondendo su scala nazionale e internazionale, per raccontare in maniera estremamente sintetica gli ingenti afflussi turistici che stanno caratterizzando, da settimane, alcune aree dell’arco alpino. In particolare, delle Dolomiti. Un fenomeno che non investe nella sua integrità la montagna italiana, al contrario. Ad essere prese d’assalto sono una manciata di località, rese celebri dal passaparola favorito dai social. Mete instagrammabili, mete da selfie memorabile da condividere con il mondo virtuale, perdendo in tal modo il valore del contesto in cui ci si muove.

Sul tema è intervenuto di recente il Presidente Generale del CAI, Antonio Montani, intervistato dalla redazione dello storico quotidiano britannico The Times, per esprimere un parere in merito al fenomeno dei “Flip-flop hikers”, gli escursionisti in ciabatte. Una espressione dal tono ironico, quella che campeggia nel titolo dell’intervista, Flip-flop hikers push Italy's mountain resorts to the brink” ("Gli escursionisti in infradito spingono le località di montagna italiane al limite"), che rende in maniera immediata l’idea di quanto, le forme di turismo di massa, che si stanno manifestando in questi mesi tra le vette italiane, siano quanto di più distante dall’etica del vero escursionismo, consapevole, responsabile e rispettoso dei luoghi e delle genti di montagna. 

Come sintetizzato dal The Times, questi frequentatori della montagna altro non sono che turisti alla ricerca di foto da pubblicare su Instagram e di pranzi leggeri, che stanno affollando le strutture dolomitiche e richiedendo soccorsi in elicottero”.

 

Le montagne italiane nelle cronache mondiali

La montagna italiana si sta facendo notare su scala globale in questa estate 2025, ma non è un vanto. Ad attirare l’attenzione dei media internazionali sono le notizie quasi assurde, che si stanno diffondendo oltre confine, a partire dal tornello installato al Seceda, in Val Gardena da proprietari dei terreni agricoli invasi dai turisti, con la finalità di contenere i flussi di accesso, dissuadendo le masse con l’imposizione di un pedaggio di 5 euro. Per arrivare ai rifugisti che lamentano la richiesta da parte dei visitatori di un piatto di melone e prosciutto

La domanda che sorge spontanea è: cosa sta succedendo sulle nostre montagne?

Come evidenziato dal Presidente Montani al The Times, alla base di questo fenomeno di snaturazione della montagna, vi è la facile accessibilità di alcune località d’alta quota, come in Dolomiti il lago di Braies o le Tre Cime di Lavaredo, o per citare una località dall’altro lato delle Alpi, la Skyway del Monte Bianco. “Grazie alle funivie e ai nuovi parcheggi, possono camminare per mezz'ora e poi pensare che il rifugio sia un hotel e pretendere il lusso"

Ecco allora che non c’è da stupirsi se in rifugio c’è chi arriva in ciabatte o senza una giacca impermeabile, nonostante la perturbazione prevista dai bollettini meteo. O che al posto della camerata e del piatto fumante di polenta, si aspetti di trovare in rifugio ostriche e champagne, e una stanza privata.

 

Le cause?

La problematica, che si sta evidenziando in queste settimane, non nasce certo nell’estate 2025. Si tratta di una evoluzione di quella tendenza alla fuga in quota, avviata nel corso della pandemia di Covid-19, alla ricerca di natura e solitudine. Aumenta il fascino della montagna, aumentano i fruitori della montagna, ma spesso quel che mancano sono una corretta formazione e la consapevolezza del luogo in cui ci si muove.

Il caldo estivo ha ulteriormente favorito la risalita dei turisti, e di pari passo, sono aumentati gli incidenti in quota. Secondo quanto dichiarato dal Presidente, seppur non avendo numeri esatti, le operazioni di soccorso effettuate in un anno, sono salite da 8mila a 12mila dopo la pandemia del Covid. 

Esiste soluzione al problema? Secondo Montani, la risposta potrebbe essere più semplice del previsto: far camminare di più le persone. "La necessità di fare un'escursione per arrivare da qualche parte è un filtro, una forma di selezione naturale di cui abbiamo di nuovo bisogno. La montagna dovrebbe essere sinonimo di fatica".

Prendendo coscienza delle proprie capacità e dei propri limiti, si potrebbe arrivare anche a ridurre gli interventi di soccorso. In crescita sono infatti le richieste di recupero in elicottero di persone semplicemente stanche, e probabilmente non consapevoli del fatto che i soccorritori “agiscono per senso di solidarietà e sono spesso volontari".

Altro elemento su cui toccherebbe lavorare, è l’ossessione da foto. Questa tendenza a recarsi in un determinato punto di una determinata cima, per scattare la medesima foto postata da qualche influencer. 

Il principale suggerimento del Presidente Montani, rivolto al vasto pubblico, è di allargare le proprie vedute. La montagna italiana è variegata, non esistono solo le Tre Cime, non esiste solo il Monte Bianco, “ci sono montagne meravigliose da scalare nel sud Italia, come l'Aspromonte in Calabria e il parco nazionale del Pollino tra Calabria e Basilicata. Non sono alte come le Alpi, ma sono selvagge e naturali e la cucina è fantastica. Basta non chiedere champagne e ostriche".