App e sentieri: la tecnologia può sostituire carta e bussola? Ne parliamo con Alessio Piccioli

Alessio Piccioli, ex Presidente della Struttura Operativa Sentieri e Cartografia (SOSEC) del CAI, ci aiuta ad analizzare vantaggi e limiti delle App di navigazione in natura.

Negli ultimi anni la tecnologia sta diventando un valido supporto per svolgere attività nel quotidiano, dall’ambiente domestico alla natura. Ci affidiamo in particolare al mondo delle App, per trovare rapidamente informazioni e suggerimenti, per comunicare, spostarci, o anche semplicemente per intrattenimento. Il loro utilizzo è in forte espansione anche tra i fruitori della montagna. Si usano le App per controllare il meteo, per monitorare i propri parametri vitali o per scopi di navigazione e orientamento. Quest’ultima tipologia consente di consultare mAppe dettagliate direttamente sullo schermo del proprio telefono e di identificare in tempo reale la propria posizione, sfruttando il GPS integrato nello smartphone. Permettono dunque di comprendere dove ci si trovi e dove si stia andando. In ambito escursionistico, possono essere considerate una valida alternativa al tradizionale metodo della carta e bussola? Per fornire una risposta adeguata al quesito, e analizzare vantaggi e limiti delle App di navigazione in natura, abbiamo chiesto il supporto di Alessio Piccioli, esperto di cartografia e innovazione digitale al servizio della rete escursionistica, Presidente del Consiglio di Amministrazione della Cooperativa Montagna Servizi ed ex Presidente della SOSEC (Struttura Operativa Sentieri e Cartografia), presieduta attualmente da Matteo Cara (CAI Nuoro).

 

Presidente, abbiamo dei dati utili a comprendere quanto l’uso delle App si stia diffondendo tra chi si muove in montagna?

Sì, abbiamo a disposizione alcuni dati indicativi che mostrano chiaramente quanto l’uso delle App si stia diffondendo tra chi frequenta la montagna. Komoot, una delle piattaforme più popolari, ha superato i 35 milioni di utenti a livello globale. Outdooractive, particolarmente diffusa anche tra i professionisti e le istituzioni, conta circa 12 milioni di utenti. Wikiloc ha oltre 10 milioni di utenti registrati e una vasta comunità attiva di condivisione di percorsi. Infine, Strava, nata per il ciclismo e la corsa ma sempre più usata anche per il trekking, supera i 100 milioni di utenti nel mondo. Questi numeri, sebbene riferiti a un contesto internazionale, confermano che l’escursionista moderno tende sempre più a integrare l’uso di tecnologie digitali – in particolare le App – nella propria esperienza outdoor.

 

Focalizzandoci sull’ambito escursionistico, il pubblico degli utilizzatori è ampio, si spazia dai professionisti a neofiti alla prima uscita. Quanto effettivamente questi strumenti sono affidabili per muoversi in montagna?

L’affidabilità delle App dipende essenzialmente da noi, dalla capacità di utilizzo da parte dell’utente, esattamente come avviene per le carte topografiche. Se ho una carta in mano ma non la so leggere, mi serve a poco. Allo stesso modo, per usare bene le App non posso limitarmi a seguire la freccia indicata sullo schermo. Bisogna sempre tenere conto del contesto in cui ci si muove. L’App non elimina i pericoli sul terreno, dunque non toglie la necessità di iniziare a muoversi in montagna sotto la guida di un esperto. Solo acquisendo conoscenze ed esperienza, diventa uno strumento utile. 

 

Strumento utile che può validamente sostituire carta e bussola? 

No. Per muoversi in sicurezza in montagna, a mio avviso, oltre alle App è sempre bene dotarsi di due elementi: una carta topografica e la testa. Immaginiamo ad esempio di essere immersi nella nebbia, come esco da questa situazione? Devo sapermi orientare e prendere decisioni con cognizione di causa. Altro esempio, un albero caduto sul sentiero mi impedisce di proseguire, devo trovare un itinerario alternativo. Saprei farlo? Sì, se so leggere una carta topografica, sia essa cartacea o digitale, come lo sfondo stesso di tante buone App in circolazione. Tra l’altro, bisogna sempre prestare attenzione alle tracce che si sceglie di seguire, in quanto non sempre si tratta di tracce certificate. 

 

Può spiegarci meglio cosa si intende con certificate?

Certificate significa validate dall’azienda che rilascia l’App. Sul mercato possiamo trovare tracce certificate oppure caricate dall’utente e messe a disposizione del pubblico, senza alcuna verifica. Da qualche anno, alcune App offrono la possibilità di usufruire di entrambe le tipologie: tracce non certificate in forma gratuita, tracce certificate previo abbonamento. Il CAI ha messo a punto una App totalmente ad uso gratuito, l'App del Sentierista, in cui il singolo itinerario è identificato mediante un colore, utile a fornire una indicazione immediata sull’affidabilità del dato. L'App visualizza, in sintesi, i percorsi registrati nel catasto digitale del CAI e li classifica, in base al loro livello di completezza, secondo i seguenti criteri: in giallo sono indicati tracciati non rilevati ma con scala di difficoltà; in viola quelli rilevati sul campo, ma privi di scala; in blu i percorsi completi di rilievo e scala di difficoltà, ma non ancora validati da INFOMONT. Solo i percorsi in verde rAppresentano i dati ufficiali del CAI, pienamente validati e certificati attraverso il sistema INFOMONT. In questo modo è possibile orientarsi con maggiore consapevolezza.

 

Le tracce certificate sono più affidabili?

Non in senso assoluto. Ci assicurano che quel dato percorso sia stato validato, ed è già un bene, ma il limite delle App commerciali è che le tracce non vengono aggiornate di continuo. Nel corso del tempo il percorso può subire modifiche, come nel caso di eventi calamitosi, come le frane. O semplicemente non essere percorribile in alcune stagioni, per la presenza di un torrente o di neve e ghiaccio. Nelle App troviamo dati utili, ma sta a noi utilizzarli nella maniera corretta. Importante è raccogliere informazioni aggiuntive e in tempo reale, contattando un Parco, una Amministrazione comunale, un amico esperto che conosca e frequenti la zona, una sezione locale del CAI etc. Se mi affido esclusivamente all’App, ad esempio, non posso sapere se quel dato sentiero sia percorribile o interdetto. 

Nelle escursioni andrebbe applicata la regola di Munter (o metodo del 3x3, utilizzato per valutare il rischio valanghe in ambiente alpino, ndr). Il punto 1 è la pianificazione a tavolino: l’escursione inizia la sera prima, a casa, verificando di avere tutto sotto controllo. E in questo tutto, dobbiamo inserire anche le App, assicurandoci di aver raccolto sufficienti informazioni per procedere in sicurezza e ricordandoci di scaricare la traccia, per poterla utilizzare all'occorrenza in modalità offline. 

 

Il diffondersi dell’uso delle App è a suo avviso da considerarsi una tendenza positiva? 

È una rivoluzione, e nella mia personale opinione, le rivoluzioni sono positive. Ma bisogna avere il giusto controllo del tutto. Personalmente mi permetto di suggerire di imparare a usarle come supporto, non come mezzo unico per orientarsi in escursione. In montagna è anche bello godere del paesaggio, dell'aria aperta. Va bene prendere in mano lo smartphone per fare una foto, ma se devo stare a fissare tutto il tempo lo schermo, non è meglio se resto a casa?