La locandina di "Hermann Buhl: oltre ogni cima"Il 3 luglio del 1953, sulla vetta del Nanga Parbat (8.126 metri), in Pakistan, veniva scritta una pagina della storia dell’alpinismo moderno. Un alpinista austriaco, che all’epoca aveva solo 29 anni, realizzava la prima salita assoluta della nona montagna più alta del mondo, senza ossigeno supplementare e in solitaria. Il suo nome era Hermann Buhl.
Il Nanga Parbat rappresenta l’avventura chiave della sua carriera alpinistica, la più nota e celebrata, ma non l’unica. Nel 1957 Buhl fu protagonista di un’altra grande impresa himalayana: la prima ascensione del Broad Peak (8.051 m), realizzata con Kurt Diemberger, Marcus Schmuck e Fritz Wintersteller. Pochi giorni dopo, mentre era impegnato in una ascesa sul Chogolisa (7.665 m), una cornice di neve cedette sotto il suo peso. Il suo corpo di non fu mai ritrovato.
Buhl rappresenta di fatto una delle meteore del mondo alpinistico, uno di quei personaggi che sono entrati nella leggenda per aver segnato punti di svolta nell’alpinismo moderno. Il tutto in una manciata di anni.
Per scoprire la figura di Hermann Buhl e ripercorrerne le imprese alpinistiche, dalle prime ascese tra le vette alpine alle straordinarie salite sugli Ottomila, arriva al cinema “Hermann Buhl: oltre ogni cima” (Italia, 2025, 60’), documentario diretto dal Werner Bertolan.
Grazie alla collaborazione tra Mescalito Film, Club Alpino Italiano e Vivere la Montagna, il film sarà proiettato nelle sale cinematografiche italiane dal 22 settembre prossimo.
Le prime date in sala sono già disponibili sul sito www.mescalitofilm.com.
Dagli abissi della solitudine agli Ottomila
“Hermann Buhl: oltre ogni cima”, racconta attraverso immagini d’archivio, testimonianze e rievocazioni emozionanti, le principali tappe della vita del leggendario alpinista austriaco. Non si tratta di una semplice ricostruzione di imprese alpinistiche ma di un racconto di Buhl come alpinista e uomo, descrivendo gli aspetti particolari, che hanno contribuito a renderlo una figura iconica nel mondo della montagna.
Ad accompagnare gli spettatori in questo viaggio nel tempo è l'alpinista tedesco Alexander Huber, grande ammiratore di Buhl, attraverso una serie di incontri con persone fortemente legate a Hermann, dalle figlie Kriemhild e Sylvia a un'altra leggenda dell'alpinismo, che è Kurt Diemberger.
Un film che nasce come omaggio nei confronti di un uomo che, grazie a una forte passione e determinazione, ha saputo sfidare i propri limiti, segnando pagine indelebili della storia dell’alpinismo e arrivando a essere considerato un pioniere dello stile alpino.
Buhl nasce nel 1924 a Innsbruck, in Austria, e inizia ad appassionarsi all’arrampicata in età adolescenziale, diventando in breve tempo un esperto di gradi estremi. Ad allontanarlo dalla montagna sarà la Seconda Guerra Mondiale. Ritornato dal fronte, terminerà il percorso avviato prima della chiamata alle armi, per diventare guida alpina.
È sulle Alpi che Hermann Buhl inizia a mettere a segno imprese prodromiche a quella che sarà l’avventura in solitaria sul Nanga Parbat. Salite spesso in solitaria, realizzate puntando su rapidità e leggerezza. Tra le più celebri si ricorda la prima solitaria della via Cassin sulla parete Nord-Est del Pizzo Badile, realizzata nel 1952 con una velocità sorprendente. Si narra che avesse raggiunto la base della parete in bici, partendo da Innsbruck, per farvi ritorno all’indomani e presentarsi a lavoro, come se nulla fosse accaduto.
O ancora la salita in solitaria della via Solleder, sulla parete Nord-ovest del Civetta e la prima ascesa invernale in solitaria della parete Nord de Les Droites, nel massiccio del Monte Bianco. Avventure realizzate grazie, non solo alle sue innegabili capacità alpinistiche, ma anche e soprattutto alla sua forza mentale e determinazione.
Buhl non fece altro che trasportare questo suo stile etico, fatto di tenacia e leggerezza, a quota Ottomila. Sulle pendici del Nanga Parbat arrivò nell’ambito di una spedizione ma, dopo la rinuncia alla vetta da parte del resto dei membri della squadra, ben avvezzo alle avventure in solitaria, decise di partire a modo suo, leggero e convinto delle sue capacità, lasciando campo V per raggiungere quota 8.126 m ormai dopo l’ora del tramonto.
Il buio lo costrinse a un bivacco improvvisato e passò la notte in piedi, lottando contro il gelo a 8.000 metri. Dopo 41 ore tornò al campo base, esausto, con vari congelamenti – al rientro in Austria subì l’amputazione delle dita dei piedi - ma, come raccontano le immagini d’epoca, con gli occhi lucidi, carichi di emozione per aver realizzato, ancora una volta, un sogno in solitaria.
A seguire il trailer del film.