L'acqua, uno dei servizi ecosistemici forniti dalla montagna © Raffaele MariniL’Italia raccontata attraverso i suoi fiumi, le rive, le opere idrauliche e le storie d’acqua. È questo il cuore dell’Atlante delle Rive, un progetto triennale ideato da La Fabbrica del Mondo e Marco Paolini, pensato per raccontare l’Italia attraverso i suoi sistemi idrografici fiumi principali, rogge, canali e corsi minori, intrecciando storie di resilienza ambientale, gestione dell'acqua e legami culturali. L’obiettivo è restituire consapevolezza sulla geografia fisica del Paese e promuovere un uso responsabile delle risorse idriche.
Il cuore del progetto ha preso forma tra il 18 e 20 giugno a Villa Angaran San Giuseppe a Bassano del Grappa, con il “Cantiere Atlante delle Rive”. In questi tre giorni multidisciplinari, artisti, scienziati e comunità locali si sono confrontati con dialoghi, performance e laboratori per costruire un vocabolario condiviso sull’acqua. Si è parlato di fenomeni legati al cambiamento climatico, di paesaggio e di identità culturale, utilizzando teatro, letteratura e incontri pubblici per rendere comprensibile e percepibile l’urgenza a cui siamo tutti chiamati.
Una materia viva da interpretare
Non solo risorsa naturale, ma elemento complesso, che attraversa la politica, l’amministrazione, l’etica e perfino la spiritualità. “Il modo in cui percepiamo l’acqua sta profondamente cambiando” – spiegano gli organizzatori. Non è più soltanto un dato trasparente, ma una materia viva al centro di una crisi globale che il cambiamento climatico sta accelerando.
L’incontro – animato da esperti come Giulio Boccaletti, Telmo Pievani, Andrea Rinaldo e coordinato dalla narrazione attenta di Marco Paolini – ha dato voce a tecnici, artisti, giornalisti, ricercatori. Insieme, hanno provato a costruire un glossario condiviso, uno strumento nuovo per comunicare l’acqua e farne comprendere la complessità a un pubblico più ampio, attraverso il linguaggio dell’arte, capace di parlare anche dove mancano le parole.
Acqua e crisi climatica: un legame diretto
Durante gli interventi è emerso con forza quanto l’acqua sia uno specchio limpido (e crudele) del cambiamento climatico. I ghiacciai si ritirano, la criosfera si assottiglia, i fenomeni meteorologici estremi aumentano. Il cosiddetto Snow Equivalent – la quantità d’acqua contenuta nella neve – è in calo costante: nel 2025 le Alpi registrano il 25% in meno rispetto al 2011. Un dato che incide direttamente sulla crisi idrica dei grandi fiumi italiani come il Po, l’Adige e l’Arno, ormai in “debito idrico” strutturale.
Tra i temi più urgenti anche il permafrost, di cui si parla ancora troppo poco. Si tratta di vaste porzioni di terreno permanentemente congelato che intrappolano tonnellate di materia organica. Il riscaldamento globale ne minaccia la stabilità, innescando la decomposizione e il rilascio di CO₂ e metano: un feedback positivo che alimenta ulteriormente il riscaldamento, in una spirale pericolosa.
Un nuovo patto tra scienza e società
Come affrontare questa crisi? Serve un cambio di paradigma. Pensare in termini di comunità – umana e non – significa riconoscere che il destino dell’acqua è intrecciato a quello di tutti gli esseri viventi. Le variazioni nei tempi di ritorno degli eventi estremi, come alluvioni e siccità, rendono necessaria una pianificazione nuova, capace di anticipare i rischi e coinvolgere l’intera società.
C’è chi propone un ritorno a una visione più antica e saggia: quella dell’animismo, che non dominava la natura, ma la ascoltava. Forse è da lì che la scienza deve ricominciare.