Avventura in bici per Silvia Loreggian: traversata delle Alpi scalando 6 pareti sud

Silvia Loreggian e la sua amica Aurélia Lanoë pedaleranno dal mare al mare, attraversando le Alpi per scalare sei pareti sud. Un viaggio green che unisce arrampicata, fatica e natura a emissioni zero.

Silvia Loreggian, alpinista e guida alpina di Chamonix, è partita da circa una settimana. Ma questa volta non è andata dall’altra parte del mondo, anzi. Ha inforcato una bicicletta e si è messa a pedalare. Insieme alla sua amica Aurélia Lanoë sono partite dal mare, per raggiungere il mare. In mezzo? Le Alpi, da attraversare superando passi e scalando pareti, le sud. Si, sei piacevoli pareti sud, alla ricerca dell’estetica e di un viaggio sostenibile che unisse esperienze di vita, arrampicata e avventura a chilometro zero e, soprattutto, a emissioni zero. L’abbiamo raggiunta per farci raccontare questa nuova esperienza e l’abbiamo trovata sui passi svizzeri, a faticare in salita, spingendo sui pedali.

 

Silvia, come nasce l’idea di questa traversata?

Mentre ero al campo base del K2 mi sono detta: l’anno prossimo voglio scalare. E dato che avevo in mente da un po’ questa idea della 6 pareti sud delle Alpi alla fine l’ho messa in pratica. Negli ultimi anni ho fatto molte spedizioni lontane da casa, così volevo pensare a un progetto che si potesse vivere sulle montagne di casa, le Alpi. L’ho immaginato come un qualcosa di continuativo, non solo come la singola scalata delle pareti, ma come viaggio. 

 

Ecco che arriva la bici, da quando sei appassionata?

Da mai (ride). Al massimo ho fatto qualche piccola esperienza tra amici, ma parliamo di 15 anni fa. Però mi sono detta: proviamoci. Alla fine l’idea di collegare le pareti con la bici mi ha appassionata fin da subito. Riesci a fare più chilometri e a portare più materiale. Un conto è fare 8 ore con uno zaino da 15 chili sulla schiena, un altro è spingere una bici carica. Lo senti, ma non ti spacca la schiena. E poi era l’unico modo per essere sostenibili. Ho sempre immaginato questo progetto come un viaggio a emissione zero. Ecco allora che la bici diventa un mezzo fondamentale.

 

E come ti stai trovando?

Per ora molto bene. Penso che sia anche dovuto all’abitudine a stare in montagna, ad andare avanti nonostante la fatica. E poi c’è la dimensione del viaggio in bici che mi affascina molto. Ti puoi prendere i tuoi tempi, è diverso rispetto alla montagna dove sei condizionato dalle previsioni meteorologiche e dalle condizioni. Qui puoi permetterti di andare a oltranza o meno, a seconda di come ci si sente. Possiamo pedalare, prenderci del tempo, fermarci, o continuare. Conta solo quello che sentiamo. 

 

Veniamo però al nocciolo del progetto: perché 6 pareti sud?

Perché contrasta con l’idea delle 6 nord. Sulle sud si scala su roccia bella e la scalata è più tecnica, come arrampicata intendo. Spesso si pensa, erroneamente, che le nord siano più difficili delle sud, ma non è così. È l’ambiente a farlo pensare. Sulle pareti sud ci sono vie durissime, che non trovi sulle nord, dove a fare la differenza è l’ambiente: il ghiaccio, le picche e i ramponi, quell’austera aurea di sofferenza che si portano appresso, senza godimento se non quando si arriva in cima. A sud invece c’è il piacere della scalata, è goduriosa, ma il livello tecnico è altissimo. 

 

E quali sono queste pareti?

Quando ho immaginato il progetto ne avevo solo due in mente: la sud della Marmolada e la sud del Monte Bianco. Poi con il tempo abbiamo costruito le altre insieme a Aurélia. Ci sono infatti la parete sud del Corno Stella, nelle Alpi Marittime, e la Cjavenate, in Friuli Venezia-Giulia. In mezzo due pareti di grande fascino, il Wenden, che non conosco affatto, e il Rätikon.

 

A che punto siete?

Abbiamo Fatto il Corno Stella e il Monte Bianco, dove abbiamo salito il Pilone Centrale del Freney. Abbiamo raggiunto al Val Veny e da qui abbiamo realizzato la salita. Poi, dalla cima del Bianco siamo scese a Chamonix, da cui abbiamo ripreso a pedalare. In questa parte è stato fondamentale il supporto di Stefano Ragazzo, che già si trovava in zona per lavoro. Ci ha raggiunte in Val Veny, si è caricato le bici nel viaggio verso casa (Ragazzo vive a Chamonix, nda), e ce le ha fatte ritrovare a Chamonix.

A breve dovremmo raggiungere il Wenden, terza tappa del nostro viaggio. 

 

Ma da dove siete partite, e dove volete arrivare?

Siamo partite da Ventimiglia e vogliamo arrivare a Monfalcone, dal mare al mare, per dare un senso al viaggio. Dovremmo arrivare entro la prima settimana di settembre. Ci siamo date un mese per realizzare il progetto. È bello perché racconta non solo di arrampicata, ma mostra la bellezza delle Alpi in toto.

 

Avrai già un sacco di cose da raccontare, dopo una settimana in giro…

Ho la sensazione che siano successe un milione di cose. È un modo di vivere totalmente in contrasto con la classica spedizione a cui sono abituata dove, una volta raggiunto il campo base, c’è una totale disconnessione dal mondo con il focus sull’obiettivo. In questa settimana mi sembra di aver vissuto due mesi. Dalla bici si passa alla scalata e in mezzo incrociamo un sacco di gente, rivediamo vecchi amici e ne troviamo di nuovi. Persone che in qualche modo ci hanno aiutato, o hanno condiviso un pezzettino di strada con noi. È un lavoro continuo per capire dove andare, dove dormire, procurarsi da mangiare, ma sono esattamente nelle dimensione in cui voglio essere. Ora, direzione Wenden.