Famiglia di orsi bruni marsicani © Facebook“Negli ultimi tempi, diverse testate giornalistiche e post social hanno riportato avvistamenti di orso bruno marsicano in aree ben lontane dalla cosiddetta ‘core area’ del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise” Inizia così l'interessante comunicazione del PNALM a proposito delle notizie circolanti sull'attività degli orsi nella zona del Parco. “Parliamo di località come Torre in Sabina (RI) e Roccamonfina (CE), che non sono esattamente dietro l’angolo rispetto all’area solitamente frequentata dal plantigrado”.
Proprio per questo, il Parco Nazionale ha diffuso un comunicato con l’obiettivo di fare chiarezza: distinguere tra segnalazioni verificate e non, spiegare le dinamiche naturali che possono portare un orso a spostarsi così lontano, e riportare la discussione su un piano scientifico, lontano da toni allarmistici o superficiali.
Prima regola: ogni segnalazione va analizzata con rigore. Non tutto ciò che appare “grosso e peloso” è per forza un orso, spiegano. Gli enti competenti (Parco, istituti di ricerca, servizi forestali) dispongono di protocolli per verificare: rilievo delle impronte, analisi genetiche da peli o feci, uso di fototrappole, sopralluoghi. In passato, casi segnalati lontano dalle aree note di presenza sono stati confermati solo occasionalmente. Ad esempio, il PNALM ha segnalato che l’avvistamento a Torre in Sabina è stato confermato da una fototrappola, mentre quello di Roccamonfina è tuttora in fase di verifica. È un punto fondamentale: non basta la testimonianza visiva, serve una conferma tangibile.
Non è un’impresa per un orso
Molti commentatori restano stupiti dall’idea che un orso possa spingersi fuori dalla sua zona “abituale”. In realtà, secondo gli studi, un individuo può coprire 20–30 chilometri in una giornata, specie se è in fase di esplorazione o dispersione. “Per un orso, percorrere 20–30 km in un giorno è routine” spiegano dal Parco. Torre in Sabina e Roccamonfina, se considerate in linea d’aria rispetto all’Alta Valle del Volturno o alla Marsica, non sono distanze astronomiche per un animale dotato di grande mobilità. Ciò che per noi è “lontano”, per un orso è poco più di una passeggiata.
Inoltre le mappe storiche e studi biogeografici mostrano che l’orso bruno nelle regioni appenniniche (non solo la sottospecie marsicana) un tempo occupava una porzione ben più ampia degli attuali confini. Le sue frequentazioni arrivavano a lambire città come Tivoli, Benevento, Urbino e Perugia, un’area stimata compresa tra i 10mila e i 20mila chilometri quadrati.
Oggi la sua distribuzione si è drasticamente ridotta, ma non la sua capacità di movimento. E quando un giovane maschio si spinge lontano, non sta “fuggendo”: sta esplorando, come fanno tutti gli animali territoriali che cercano nuovi spazi.
Gli orsi che si allontanano dalla “core area” sono spesso giovani maschi in dispersione: si muovono per evitare competizione e consanguineità. È un segnale positivo, biologicamente sano, che indica vitalità e una potenziale espansione dell’areale. Come ricordano i tecnici del Parco, questo non significa che l’orso stia cercando cibo o scappando da una minaccia. È un comportamento fisiologico, inscritto nella sua ecologia.
Segnalazioni fuori dal parco: un segnale positivo?
Negli anni passati si sono registrate varie segnalazioni di orso marsicano anche fuori dalle aree protette, in Abruzzo, Molise e Lazio. Alcune confermate da fototrappole, altre rimaste aneddotiche. Ogni caso confermato è comunque una buona notizia: testimonia che la specie si muove, che esplora e, forse, che trova spazi potenzialmente idonei anche oltre i confini storici.
Certo, l’espansione comporta rischi: infrastrutture, traffico, ridotta accettazione sociale, comunicazione distorta. E proprio la comunicazione, oggi, è forse la sfida più grande. “Titoli come ‘Allarme a Roccamonfina’ o post dai toni surreali per un’orsa con tre cuccioli che ha fatto danni in un pollaio a Palena (sì, nel Parco Nazionale della Maiella, zona di espansione da anni) ci ricordano che la narrazione non aiuta la cultura della conservazione, anzi in molti casi è disastrosa: 'È pericoloso, non uscite di casa. L’orso non è un mostro. È un indicatore ecologico, un segnale di biodiversità, di equilibrio, di speranza. Se lo vedete, non fatevi prendere dal panico. Fatevi una domanda: quanto è fortunata questa terra ad ospitarlo?”.