Bubu Bole, 15 anni per 10 ore sulla Couzy

Dieci ore di scalata continua, sotto un’eclissi di sole, per trasformare un’ossessione in un sogno compiuto. L’11 agosto 1999 Mauro “Bubu” Bole libera la via Couzy sulla Cima Ovest di Lavaredo.
La nord delle Tre Cime di Lavaredo © Wikimedia Commons

Alla fine del secolo scorso il fortissimo scalatore triestino Mauro “Bubu” Bole mette gli occhi sugli strapiombi della Cima Ovest di Lavaredo. Per lungo tempo corteggia la via Jean Couzy, la spaventosa scala rovescia salita da René Desmaison e Pierre Mazeaud nel 1959 con infinita tenacia e largo uso di mezzi artificiali. L’hanno dedicata al compagno morto in montagna, uno dei più intelligenti e completi alpinisti di Francia. L’itinerario sulla Cima Ovest supera i tetti che aggettano a sinistra del muro, dove le frane sono state ancora più devastanti che in centro parete. “Ho sempre giudicato la Couzy un capolavoro alpinistico – scrive Bole –. Dopo aver ripetuto in libera diverse vie delle Tre Cime è diventato un fatto di amore e odio: ero ossessionato ogni volta che mi trovavo sotto queste torri di dolomia stratificata. La Couzy era una via magica, un sogno che diventava incubo e di cui non potevo più fare a meno…" In tre anni di prove su e giù per i soffitti, familiarizza con l’itinerario e memorizza i passaggi. Sui tiri di corda non aggiunge chiodi a espansione per rispetto verso i primi salitori e per non deturpare una pietra miliare dell’alpinismo dolomitico, anche se "una caduta avrebbe potuto schiodare tutto”

L’11 agosto 1999 parte con Manuel Bosdachin per il tentativo finale, che significa salire tutta la via, dai ghiaioni alla punta, assicurandosi ai chiodi con corda e moschettoni senza appendersi mai a riposare. Soste escluse, naturalmente. Alle sette del mattino c’è un riflesso strano nell’ombra piatta del nord, come di presagio, però Bole non se ne accorge perché è completamente concentrato sulla prova. Sa che dev’essere per forza il giorno decisivo, non si possono dilatare ulteriormente l’incertezza dell’attesa e l’ansia del fallimento. Nell’orizzonte interiore c’è solo più posto per la roccia rovescia delle Lavaredo, e tanto vuoto dentro e fuori. Sale in libera fino al grande tetto, un soffitto pazzesco, che è il tiro più difficile anche in artificiale. Il primo tentativo fallisce, poi Bubu cerca dentro di sé le ultime riserve di energia e parte con la faccia un po’ spiritata, urlando per scaricare la tensione. Il cielo si fa nero: “A metà parete sudo freddo – ricorda –. Il cielo è scuro. ‘No, un temporale no! Per favore non un’altra volta!’ Manuel mi spiegherà la situazione una volta arrivato in sosta: ‘Bubu ti sei dimenticato l’eclissi di sole!’”. Per salire in libera la via Couzy ha impiegato dieci ore di scalata e quindici anni di attività estrema. E il giorno dell’eclissi ha liberato la Couzy: decimo grado.