Carovana dei ghiacciai 2025 sul ghiacciaio della Ventina - Foto Legambiente Lombardia
Carovana dei ghiacciai 2025 sul ghiacciaio della Ventina - Foto Legambiente Lombardia
Carovana dei ghiacciai 2025 sul ghiacciaio della Ventina - Foto Legambiente Lombardia
Carovana dei ghiacciai 2025 sul ghiacciaio della Ventina - Foto Legambiente Lombardia
Carovana dei ghiacciai 2025 sul ghiacciaio della Ventina - Foto Legambiente LombardiaDopo la prima tappa sul ghiacciaio dell’Aletsch, in Svizzera, la Carovana dei Ghiacciai 2025, promossa da Legambiente in collaborazione con CIPRA Italia e con la partnership scientifica della Fondazione Glaciologica Italiana, è giunta in Lombardia, per osservare da vicino il ghiacciaio della Ventina, in Valmalenco. Come comunicato di recente dal Servizio Glaciologico Lombardo, il ghiacciaio, uno dei più estesi della Lombardia, è oggetto di un arretramento tale da non consentire di condurre ulteriormente le misurazioni frontali tradizionali, avviate nel lontano 1895.
Il ghiacciaio della Ventina è emblematica espressione della fragilità dell’arco alpino, che appare sempre più vulnerabile a causa della crisi climatica. Non si tratta solo di temperature in aumento e dello zero termico che sale, ma anche di eventi meteorologici estremi. Secondo l'Osservatorio Città Clima di Legambiente, da gennaio a luglio 2025 si sono verificati 83 eventi estremi nelle regioni alpine, con piogge intense e alluvioni come fenomeni più frequenti. La Lombardia è la regione più colpita con 30 eventi, seguita dal Veneto, con 18 eventi, e Piemonte con 17.
Deglaciazione e instabilità naturale
“Un ghiacciaio in forte arretramento e che esprime bene la forte correlazione - causa ed effetto - tra variazione di temperature, precipitazione nevose e spostamento della fronte del ghiacciaio”, così Legambiente sintetizza quanto rilevato durante la “visita” al ghiacciaio, condotta risalendo lungo il Sentiero Glaciologico Vittorio Sella, che ha portato a osservare da vicino i segni evidenti della deglaciazione.
Sebbene tra il 1973 e il 1988 si sia verificato un avanzamento, i dati recenti mostrano un ritiro particolarmente significativo del ghiacciaio della Ventina. Dal 1990 al 2015 si è registrato un arretramento frontale di quasi 700 metri, altri 400 metri sono andati perduti dal 2015 ad oggi. In termini di superficie, si è assistito a una diminuzione da 2, 10 chilometri quadrati nel 1957 a 1,38 chilometri quadrati nel 2022.
Sono stati inoltre osservati evidenti fenomeni di instabilità naturale, come frane e colate detritiche torrentizie. Questi ultimi, sono eventi spesso innescati dalle forti piogge in alta quota, che fluidificano il terreno e le morene. Anche la presenza di lembi di ghiaccio morto rende instabili la morena laterale e l'area frontale del ghiacciaio, aumentando il pericolo.
“Il ghiacciaio della Ventina - commentano Marco Giardino, vicepresidente Fondazione Glaciologica Italiana e docente Università di Torino e Mattia Gussoni del Servizio Glaciologico Lombardo e meteorologo di Ilmeteo.it - ha avuto un arretramento di 400 metri negli ultimi dieci anni, un tasso di regresso così importante che non ha precedenti dal 1895 ad oggi. Ciò conferma l’importanza di questo ghiacciaio come indicatore della trasformazione dell’ambiente alpino glacializzato. Il suo monitoraggio offrirà importanti indicazioni per gestire i problemi connessi alla deglaciazione. Questo regresso accelerato rende impossibile l’applicazione dei metodi tradizionali per la misura dei ghiacciai, e quindi richiede nuove metodologie tecnologiche come la fotogrammetria da drone, aereo, satellite”.
Il cambiamento climatico? Non significa smettere di andare in montagna
Vanda Bonardo, responsabile nazionale Alpi di Legambiente e presidente di CIPRA ITALI, ha tenuto a evidenziare che la fragilità della montagna, espressa in maniera evidente dal ghiacciaio della Ventina, “richiede rispetto, esperienza e prudenza”. Il cambiamento climatico, in tal senso, “non significa smettere di frequentare la montagna, ma viverla con maggiore consapevolezza e adottare comportamenti di adattamento e rispetto”.
È evidente che il verificarsi di eventi calamitosi, quali frane, crolli, valanghe estive e piene improvvise dei torrenti, stia diventando sempre più frequente, “per questo è fondamentale anche un approccio più consapevole e attento nei confronti dell’ambiente montano, occorre prepararsi adeguatamente, conoscere i propri limiti e informarsi bene sulle condizioni del territorio e del meteo. La scelta prudente dell’itinerario, il confronto con chi conosce la montagna e, quando possibile, l’accompagnamento da parte di esperti sono strategie essenziali per ridurre i rischi.”
Rispettare la montagna, come sottolineato da Vanda Bonardo, significa anche prestare attenzione a non lasciare i propri rifiuti in ambiente. “Un messaggio che abbiamo voluto ricordare con l’attività di Clean Up in quota con Puliamo il Mondo.”
Durante la tappa sul ghiacciaio, si è infatti anche provveduto a raccogliere rifiuti, abbandonati lungo il Sentiero Glaciologico, iniziativa promossa in collaborazione con “Puliamo il Mondo”, storica campagna di volontariato ambientale di Legambiente, che si svolgerà a livello nazionale nei giorni 19-20-21 settembre, per sensibilizzare i cittadini sul problema dell’abbandono dei rifiuti in quota e dell’andare in montagna senza lasciare tracce.
“Plastica, tappi, mozziconi di sigaretta, ma soprattutto tanti fazzoletti di carta e persino un catetere, un tubetto di crema solare e dei calzini”, riporta Legambiente, evidenziando che la tipologia e la distribuzione dei rifiuti raccolti, sia da legarsi sia ai luoghi di stanziamento ma anche “all’effetto “punto panoramico” e “toilette all’aria aperta”.
La raccolta dei rifiuti in quota ha offerto la possibilità di ricordare che la montagna soffra non solo gli effetti del cambiamento climatico, ma anche la mancanza di senso civico. "A causa della crisi climatica in atto - commentano Vanda Bonardo e Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia - siamo di fronte ad una montagna sempre più fragile, delicata e anche pericolosa. Per questo è fondamentale praticare un turismo più attento alla natura e ai rischi”.