Marco Confortola in vetta al Gasherbrum I
La schermata dell'Himalayan Database con gli Ottomila di ConfortolaCome annunciato da Billi Bierling nell’intervista dello scorso agosto, l’Himalayan Database ha preso in mano il “caso Confortola” e per cercare di fare chiarezza e mettere ordine in una vicenda che negli ultimi mesi aveva messo sottosopra il mondo dell’alpinismo italiano e himalayano.
Il lavoro del team guidato dalla Bierling, e oggi pubblicato, evidenzia quanto segue: quattro delle vette dichiarate da Confortola verranno inserite come disputed, cioè contestate. Parliamo di Makalu, Lhotse, Dhaulagiri e Annapurna. Perché questa annotazione venga tolta dal database, e la cima venga confermata, l’alpinista dovrà fornire prove certe e inequivocabili del suo arrivo in cima. Come di consueto l’Himalayan Database consente un margine di 12 mesi di tempo per presentare materiale fotografico originale, tracciati GPS o testimonianze solide. Se questo non avverrà, quelle voci diventeranno ufficialmente “non salite”.
Il Kangchenjunga invece, altra cima contestata da molti a Confortola, è stata inserita nel Database come “non riconosciuta”. Significa che per l’Himalayan Database, che da decenni è considerato la memoria storica più autorevole dell’Himalaya nepalese, non ci sono elementi sufficienti per validare la vetta.
Si tratta di un aggiornamento che arriva dopo mesi di confronti, contestazioni e polemiche innescate dai racconti di altri alpinisti che avevano messo in dubbio parte del curriculum himalayano di Confortola. Si è parlato di foto poco chiare, di fotomontaggi, di immagini provenienti da altre spedizioni, di discrepanze nei racconti. Tutto materiale che ha spinto l’Himalayan Database ad aprire un'indagine chiarificatrice.
“Indagine” forse però è un termine improprio, perché il team dell'Himalayan Database non si è mai posto come giudice, ma come archivio che vuole essere preciso. Il messaggio è semplice: “abbiamo bisogno di prove”. Niente caccia alle streghe, niente personalismi. Solo un lavoro di pulizia, necessario per preservare la credibilità delle salite himalayane in un’epoca in cui una foto di vetta, se non autenticata, può valere meno di un racconto ben scritto. Quello che è certo è che questa mossa dell’Himalayan Database segna un punto di svolta per tutto l’ambiente degli Ottomila: un richiamo alla trasparenza, alla responsabilità e al valore reale delle salite alpinistiche.