Castelluccio: tra campi secchi e case in attesa di ricostruzione

L’altopiano umbro perde lo spettacolo dei suoi colori a causa del caldo e della siccità, ma la vera assenza resta quella del borgo. A quasi nove anni dal sisma, la rinascita è ancora ferma ai blocchi di partenza.
La fioritura di Castelluccio di Norcia © Tatiana Marras

Papaveri, fiordalisi, narcisi e margherite. Quest’anno l’altopiano di Castelluccio di Norcia non si è acceso nelle sue sfumature variopinte che lo fanno assomigliare a un mosaico di giganti tessere colorate. 

Un evento, quello della fioritura, che attrae ogni anno turisti da tutta Italia e da tutto il mondo. Le immagini della piana carica di colori è infatti una delle bandiere del nostro Paese, e anche uno dei simboli più belli della fragilità che si nasconde tra le montagne del centro Italia. Non dobbiamo infatti dimenticare che ci troviamo all’interno del Cratere Sismico del terremoto del 2016, un evento distante quasi 10 anni ma ancora vivo nella memoria, nelle strade e negli abitanti di questo centro Italia bello quanto delicato.

Fatto sta che quest’anno il caldo il caldo precoce e la siccità prolungata hanno compromesso lo spettacolo floreale, lasciando spazio a campi radi, zolle secche e una vegetazione sbiadita. Chi ha visitato Castelluccio nei primi giorni di luglio ha trovato un paesaggio ben diverso da quello sognato: pochi papaveri isolati, fiordalisi bruciati dal sole e nessuna traccia del celebre “arcobaleno naturale”. Una condizione che ha portato alla perdita del 30% del turismo legato alla fioritura. Una grave perdita per un’economia già debilitata dai ritardi nella ricostruzione.

Ma non tutto è perduto, dicono gli esperti. Le piogge dei primi giorni di luglio potrebbero innescare una seconda fioritura. Ma il problema non sono solo i fiori. Ormai sono centinaia gli articoli e servizi televisivi sulla “fioritura che non c’è”, in pochi accennano a ciò che, a quasi nove anni dal terremoto del 2016, ancora manca davvero a Castelluccio: la ricostruzione.

Castelluccio di Norcia nel 2021 © Tatiana Marras

Il borgo umbro fu raso al suolo dal sisma del 30 ottobre. Chiese crollate, abitazioni inagibili, famiglie costrette a vivere in moduli abitativi provvisori. Oggi, nel 2025, Castelluccio è ancora in gran parte un villaggio fantasma, segnato da impalcature, transenne, e una viabilità provvisoria.

I progetti di ricostruzione ci sono, e sulla carta anche i fondi: oltre 68 milioni di euro previsti per un piano ambizioso con piattaforme antisismiche e isolatori innovativi. Ma la realtà è molto più lenta delle promesse. In molte aree del territorio su decine di progetti, solo una manciata è effettivamente partita.

La maggior parte degli abitanti vive ancora in attesa, e le attività commerciali che animavano il borgo sono spesso ridotte a presenze saltuarie, precarie o trasferite altrove. Le “casette” provvisorie, pensate per pochi mesi, sono diventate dimora a tempo indeterminato.

L’assenza della fioritura è reale e dolorosa, anche dal punto di vista economico. Ma è paradossale che questa mancanza catalizzi così tanta attenzione, mentre poco si parla di una ricostruzione che ancora stenta a partire. È come se Castelluccio valesse solo per il suo paesaggio: una bellezza da cartolina, senza più radici. Ma il borgo non è solo un altopiano fiorito. È un luogo che ha perso tanto, e che aspetta ancora di poter rinascere davvero. Finché le cronache continueranno a parlare solo di ciò che si vede nei campi e non di ciò che manca nelle case, il rischio è quello di raccontare solo la superficie di una crisi più profonda.

I fiori possono tornare anche con una pioggia fortunata. Le persone, per tornare davvero, hanno bisogno di fondamenta.