Osservare i cervi nel periodo degli amori è diventata anche una nuova forma di turismo © @dianaparkhouse/pixabayIl cervo è un animale maestoso, tanto da essersi guadagnato l'appellativo di “re della foresta”; negli ultimi anni la sua presenza sulla nostra penisola è aumentata, al punto che non è raro incontrarlo, soprattutto in ambienti "protetti". Enrico Ferraro - tecnico faunistico e accompagnatore di media montagna- ci ha aiutato a comprendere qualcosa di più sulla vita di questo cervide che ha molti tratti in comune con il capriolo, ma che allo stesso tempo si differenzia per molti altri aspetti del suo quotidiano.
Rispetto a qualche decina di anni fa l'impressione è che si vedano più cervi in montagna: è corretta?
Il cervo appare in espansione, sia numerica che di areale, in tutte le zone in cui è presente: certamente siamo una situazione molto diversa rispetto all'inizio del secolo scorso, quando la specie era praticamente estinta dall’Italia, se si esclude la popolazione relitta nella Mesola (FE), che probabilmente è la sottospecie (Cervus elaphus italicus) che un tempo abitava tutta la pianura padana e l’intera penisola, e qualche presenza in Alta Val Venosta e Val Monastero (Alto Adige), oltre al cervo sardo, un'altra sottospecie (Cervus elaphus corsicanus) presente esclusivamente in Sardegna, per quanto riguarda l’Italia (è presente anche in Corsica). Dalla quasi estinzione ad inizio secolo si sono raggiunte le attuali consistenze soprattutto grazie a diversi progetti di reintroduzione nell'area alpina e in Appennino. Oggi la specie è presente lungo tutto l'arco alpino, in maniera continua e con alte densità, e in diverse zone dell'Appennino, seppur con distribuzione molto meno continua, specie nella parte centrale dello stesso. A livello numerico nel 2005 la consistenza era di circa 63mila capi sul territorio nazionale, ma andando a vedere il solo nord-est (Trentino-Alto Adige, Veneto e Friuli Venezia Giuli) nel 2005 si stimavano circa 30mila capi, in incremento rispetto ai poco più di 22mila del 2000. Questo trend di incremento è senza dubbio ancora oggi presente, se si pensa che solo alcuni anni fa sono stati censiti quasi 30mila cervi nelle sole province di Trento, Belluno e Bolzano.
Qual è il suo ambiente ideale?
Più del capriolo predilige il bosco, e con l'aumento della superficie forestale in questi ultimi decenni ha trovato un ambiente certamente favorevole, anche se lo possiamo trovare anche al di sopra del limite della foresta. Di abitudini notturne, più ancora del capriolo o di altri ungulati, è visibile anche in pieno giorno e al di sopra del limite del bosco in quei contesti in cui il disturbo, specie quello legato all’attività venatoria, è nullo, come per esempio nel Parco Nazionale dello Stelvio o i parchi nazionali del centro Appennino, o ancora nell’area del Cansiglio. Come detto, certamente un fattore di disturbo è quello legato all'attività venatoria, ma non è il solo operato dall’uomo, cosi come si è già rilevato, almeno in certi contesti, il disturbo creato dal lupo, che porta ad un cambio di comportamento delle specie preda. Già lavori nord-americani avevano rilevato questo comportamento, parlando di “paesaggio della paura”: ovviamente il termine non va preso in una accezione negativa, ma alla lettera, come una modificazione delle abitudini dettata dall'istinto di sopravvivenza.
C'è competizione con il capriolo?
Sì, a sfavore proprio del piccolo cervide, ed anzi tra le cause della diminuzione delle consistenze dei caprioli sicuramente vi è anche quella della presenza del cervo, specie quando questo è presente a medie ed alte densità.
Cosa mangia il cervo?
È un erbivoro, ma rispetto al capriolo è meno selettivo, più pascolatore, e necessita di una grande quantità di alimento: basti pensare che si tratta di un animale dal peso medio di 60-80 chili nelle femmine, ma nel caso dei maschi la media dei pesi è trai 150 ed i 250 chili, con esemplari che possono addirittura superare i tre quintali.
Come avviene la selezione del partner?
Il periodo degli amori è compreso tra la seconda metà di settembre e la prima metà di ottobre, ed oramai è noto ai più, anche per il turismo legato a chi va ad assistere al bramito del cervo, tipico appunto del periodo riproduttivo. I maschi difendendo un harem di femmine molto più numeroso rispetto a quello del capriolo, anche di 15-20 esemplari. I maschi lottano per avere il sopravvento su di un gruppo di femmine e di prassi è il maschio più possente ad avere la meglio. Già solo con il bramito, richiami simili a rochi muggiti, si riesce a stabilire una prima gerarchia tra i maschi: i fusoni [maschi di un anno, ndr] o quelli più giovani e con stazze inferiori evitano la competizione già a questo primo stadio, mentre quando non è sufficiente il confronto tramite il bramito, è relativamente frequente osservare la così della “corsa parallela”. È una tecnica con cui i due maschi riescono a capire chi ha maggiore dimensione e forza. Lo scontro fisico avviene molto raramente e comunque tendenzialmente non si feriscono tra di loro, ma si tratta di una sorta di duello di spade, arrivando ad incastrare le punte del palco, spingendo con forza l’avversario, anche se qualche volta un maschio arriva a ferire mortalmente l’altro.
Come si evolve il palco?
Ogni anno il palco cade e si riforma completamente, come per tutti i cervidi. A mano a mano che il cervo invecchia lo perde prima nel corso dell'anno: gli animali più vecchi iniziano a perderlo già tra la fine di gennaio ed i primi di febbraio, per arrivare fino a giugno per i maschi più giovani. Dopo la caduta del palco, questo inizia a ricresce quasi immediatamente, seppure questa fase duri anche alcuni mesi. Alla fine della fase di crescita vi è la pulitura del trofeo, con morte e distaccamento del velluto. Di norma al compimento dei 14-16 mesi il cervo ha il palco di forma semplice, senza ramificazioni, che invece iniziano a comparire dal secondo anno in poi. Di norma le punte del trofeo possono essere fino a tre nella parte centro-basale della stanga, mentre nella sommità vi possono essere due punte (definita forca) o da tre e più punte (definita corona).
È un animale solitario come il capriolo o conduce una vita più "sociale"?
È un animale gregario, specie nel caso delle femmine, che hanno una gerarchia matriarcale, in cui le femmine più anziane in quale modo “guidano” le più giovani nei spostamenti, specie in quei contesti in cui si assiste ad una migrazione, ovvero a spostamenti anche importanti tra l’estate e l’inverno. I maschi, per contro, tendono a stare in branchi meno numerosi, fino anche, nel caso di individui adulti e vecchi, condurre una vita solitaria.
Come avviene la migrazione?
In diversi contesti in cui si sono studiati i cervi con l’utilizzo dei radiocollari, si è visto che una quota parte della popolazione compie spostamenti anche importanti tra i quartieri di estivazione, che possono anche combaciare con i quartieri riproduttivi, e i quartieri di svernamento: questi cervi vengono definiti migratori. Si è osservato che sia i maschi che le femmine possono avere questo comportamento, e di norma i maschi raggiungono poi i branchi delle femmine nel periodo degli amori. Gli spostamenti possono essere anche di diverse decine di chilometri: una "rotta" che abbiamo studiato, per esempio, e che veniva ripetuta negli anni e ripetuta tra madri e figlie è quella tra l’area di Paneveggio, nell’alta Val di Fiemme, e i Piani Eterni, all’interno del Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi, con uno spostamento effettivo di una quarantina di chilometri circa, percorsi in una direzione in primavera e nell’opposta direzione in autunno, ogni anno per più anni.
Chi preda il cervo?
Tendenzialmente l'orso non è un predatore attivo e preferisce le carcasse, salvo rari casi, anche se potenzialmente sarebbe in grado di predare pure gli ungulati, mentre il predatore d’elezione del cervo è sicuramente il lupo. Spesso si pensa che solo un branco sia in grado di predare un cervo e che un singolo lupo preferisca predare un capriolo, ma spesso non è così: abbiamo un’ampissima casistica di cervi predati anche da singoli lupi. È pur vero, come è normale che sia, che il lupo predilige predare la quota più debole della popolazione, ovvero animali ammalati/feriti o la quota più giovane o più vecchia della popolazione. Da uno studio sloveno, su circa 2000 cervi predati, si è visto come nell'80-85% dei casi le predazioni erano rivolte ai piccoli e alle femmine giovani o particolarmente vecchie, mentre per la quota parte dei maschi al massimo venivano predati dei fusoni, e rarissimi erano i maschi adulti.
Come possiamo vedere i cervi in montagna?
Rispetto al capriolo è un animale più notturno, quindi i momenti migliori del giorno sono alba e tramonto. Nelle zone ad alta densità il discorso cambia, soprattutto se siamo in un contesto in cui la caccia è vietata, come nelle aree demaniali o nei parchi: in questo caso è possibili vederli lungamente anche di giorno e al di sopra del limite del bosco. Nei periodi del bramito poi è un altro momento in cui sono più facili da vedere, anche se purtroppo si assiste sempre di più ad un disturbo dell’uomo, sia fotografi che normali cittadini, specie in quei contesti che sono facilmente raggiungibili.
Perché in certi contesti viene effettuato un controllo della specie, anche all’interno di Parchi Nazionali o dove la caccia normalmente è vietata?
Rispetto agli altri ungulati, il cervo – e con lui anche il cinghiale – possono raggiungere densità localmente particolarmente elevate, e portare ingenti danni, di differente tipologia: siamo spesso abituati a parlare dei danni alle colture agricole, cosa che sia il cervo che il cinghiale provocano. Spesso però non consideriamo il danno al bosco, che nel caso del cervo può comportare il completo azzeramento della rinnovazione forestale, con importanti conseguenze negative sia sul bosco che, indirettamente, su molte altre specie, spesso con problemi di conservazioni ben maggiori del cervo. È per tale motivo che anche all’interno di zone come i Parchi è necessario intervenire con il controllo della specie, per tentare di riportare un equilibrio.