La nord delle Tre Cime di Lavaredo © Wikimedia CommonsAll’inizio di settembre del 1933 Emilio Comici è attratto dallo Spigolo Giallo della Cima Piccola di Lavaredo: “Sembra il tagliamare di un fantastico transatlantico arenato sul mare di ghiaie – scrive–, oppure il vomere di un ciclopico aratro, oppure il filo di una spada arroventata che per oltre trecentotrenta metri si staglia fuori da enormi strapiombi gialli... Per me era la via esteticamente più logica, anche se praticamente la più inverosimile”. Nel resoconto della scalata troviamo una successione di iperboli care alla retorica di regime, ma anche l’onesto omaggio ai compagni di cordata Mary Varale e Renato Zanutti. Comici è un visionario e si nutre di ideali adolescenziali. Certi giorni vola, altri non si stacca da terra. Nel 1937 raggiunge un tale stato di grazia da ripetere la propria via sulla parete nord della Cima Grande da solo, in meno di quattro ore.
Intanto il turismo avvolge e soffoca le Tre Cime, spinto anche dall’alone eroico che le avvolge, tra memorie di guerra e acrobazie di scalata. A un certo punto si parla di una carrozzabile che, da Misurina, raggiungerà il rifugio Auronzo ai piedi del versante meridionale, aprendo le porte ai motori, e quando i “valorizzatori” del territorio minacciano il proseguimento della strada verso l’incanto della Forcella Lavaredo e il magico altopiano, il giornalista alpinista Dino Buzzati sbotta incollerito sul Corriere della Sera: “Con che vandalico entusiasmo l’immondo coro degli scappamenti devasterà i purissimi silenzi! Sotto le sdegnose rupi, nelle notti di luna, scintilleranno di luminarie al neon le stazioni di servizio. Su per i canaloni tenebrosi, dove sepolte dalle frane le ossa di qualche alpino ancora giacciono, salirà il crepitio svergognato dei 'due tempi' mescolato a echi di orchestrine”. Il proseguimento della strada è scongiurato, ma ormai il danno è fatto. Le Tre Cime sono vittime del consumismo che si propaga come un cancro e, con indifferenza, sopravvive alle guerre, ai governi, ai movimenti e ai mutamenti sociali. “Le organizzazioni ambientaliste protestano – osserva Giovanni Cenacchi nel 1998 –, gli escursionisti s’indignano, ma pare non ci siano speranze per correggere, ai piedi del monumento naturale delle Tre Cime, questo monumento alla peggior forma di sfruttamento turistico delle Dolomiti. Tutti hanno il diritto di ammirare lo spettacolo, certo, ma in queste condizioni è come visitare la Gioconda in un supermercato, bere una birra stappata da due giorni, ascoltare Bach da una radio rotta”. Overtourism.