Marco Confortola in vetta al Gasherbrum I © Facebook Regione LombardiaIn risposta al nostro articolo di ieri dal titolo “Marco Confortola, la fine degli Ottomila”, siamo stati contattati dall'alpinista valtellinese, che ha accettato di rispondere ad alcune delle contestazioni e delle perplessità riguardanti in particolare le salite ad Annapurna, Kangchenjunga e Nanga Parbat, provenienti da alcuni alpinisti. “Mi dispiace perché tutte le volte c'è sempre una questione, non parliamo mai di cose importanti, di cose belle, ma dobbiamo soffermarci sempre sulle polemiche. Perché non parliamo della scuola [in Nepal, ndr], o dell'intervento di soccorso al Dhaulagiri dove ne abbiamo salvati sette? [Confortola fa riferimento al salvataggio di 7 alpinisti compiuto il 23 maggio 2017 dove appeso in long line, è riuscito nel recupero degli alpinisti bloccati tra i 5600 e i 7400 metri] Nella società oggi e anche nel mondo dell'alpinismo, quante polemiche".
L'Annapurna
Il primo argomento affrontato è quello relativo alla discussa salita dell'Annapurna. “Il finanziere [Silvio Mondinelli, ndr] è andato in cima prima di me, l'ho incrociato a 100 metri dalla cima, lui scendeva e io salivo, poi ho incontrato Camandona e ancora io scendevo e lui saliva. Ma come fa uno a dire che non va in cima se ci si incrocia, si va e si viene”.
Mondinelli dice che vi siete incontrati sulla cresta mentre lui scendeva e da lì siete scesi insieme.
“No. Ci siamo incrociati, lui andava in giù e io in su. Poi, dopo, io l'ho raggiunto in discesa più tardi, quello sì”.
Le versioni contrastano.
“È la mia parola contro la sua”.
Hai una foto scattata più in alto rispetto a quella fatta da te in cresta?
“No. Io ho solo visto che lì la cresta è così, mi sembra che ha come un dente, un dente di squalo, ma poi va giù, giù dall'altra parte”.
Però lo hai detto anche tu che sei andato avanti dopo avere incrociato Mondinelli. Non hai scattato un'altra foto?
“Sono andato avanti ma poi la cresta va via in piano e poi quando è piatto è piatto. Purtroppo allora non c'erano i tracciatori, ora ho il mio tracciatore gps. Infatti sul Nanga mi ha dato ragione. Tutti gli himalayisti dovrebbero averlo, così nessuno dice più niente a nessuno. Il vero problema è il mal di pancia che si ha sempre: io non metto in dubbio quello che fanno gli altri, ma qua c'è l'invidia”.
Il Kangchenjunga
La conversazione prosegue con il Kangchenjunga, su cui invitiamo Marco a spiegare liberamente come è andata la spedizione. “Sul Kangchenjunga ho avuto un edema corneale, basta, finito. Poi lì c'è un orologio, ma l'orologio non va bene. Fate quello che volete, io ero in cima, poi fate quello che volete”.
Lo sherpa però, secondo quanto ci ha riferito Simone Moro, era di altro avviso e ti ha chiesto se volevi proseguire.
“Lo sherpa può dire quello che vuole”.
Ci sono anche altri alpinisti che sostengono la stessa cosa. Sei andato più avanti del punto che lo sherpa indica o no? Se sei andato più avanti fin dove sei arrivato?
A questi interrogativi Confortola ha preferito non dare risposta, ponendo l'attenzione su altri aspetti della spedizione e della salita del 5 maggio 2022, ma anche in questo caso ha preferito non entrare nei particolari. “Quello che puoi scrivere è che sul Kangchenjunga hanno raccontato cose che non sono corrette e ci sono delle cose che non sono corrette”.
Il Nanga Parbat
Il discorso poi si sposta sul Nanga Parbat, una salita contestata anche perché in un primo momento era stato lo stesso Confortola a dichiarare pubblicamente di non essere arrivato in vetta, con un post del 7 luglio 2023. “Vogliamo mettere in dubbio anche il club alpino pakistano? A questo punto mettiamo in dubbio tutto. Sul Nanga sono tre anni che continuano a martellare. C'è il certificato”.
Mondinelli ha solo evidenziato che in un primo momento sei stato tu stesso a dire di non essere arrivato in cima.
“Ma c'è il certificato di vetta e sono tre anni che rompono”.
La foto del certificato di vetta del Nanga Parbat che ci ha fornito Marco Confortola © Marco ConfortolaQuando hai ricevuto il certificato?
“Un mese e mezzo dopo la salita. Perché quando sono andato al Nanga per fortuna mia moglie mi ha dato il tracciatore e mi ha detto di accenderlo. Per fortuna avevo quel coso lì, poi sono andato al club alpino pakistano e gli ho fatto vedere questo e loro mi hanno detto 'maybe summit' e gli ho detto vediamo. Questi signori hanno analizzato i dati e mi hanno mandato il certificato di vetta”.
Grazie al certificato di vetta del Nanga Parbat, che oggi possiamo pubblicare, rimane ufficialmente non attestata per la chiusura dei 14 Ottomila solo la salita al Kangchenjunga. Una cima non riconosciuta né dall'agenzia che ti ha supportato, né da un ente che lo possa certificare. Come puoi commentare questa situazione?
“I poteri forti sono nelle agenzie, li hanno le agenzie e io non ho avuto il certificato per quello che è successo con gli sherpa. Ti ricordo solo che qualcuno è stato minacciato con un coltello alla gola”.