A cura di Mario Vaccarella e Filippo Di Donato
I pini loricati del Parco del Pollino, al tramonto © Wikimedia CommonsSi chiude un anno particolare per il sistema delle aree protette italiane, un anno che ha segnato un passaggio simbolico e sostanziale: trent’anni di tutela ambientale, di scelte coraggiose e di responsabilità verso il territorio. Era il 5 giugno 1995 quando nacquero cinque Parchi Nazionali destinati a diventare pilastri della conservazione nel nostro Paese: Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, Parco Nazionale della Maiella, Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, Parco Nazionale del Gargano e Parco Nazionale del Vesuvio.
Con i primi tre di questi Parchi, il CAI ha sottoscritto protocolli di collaborazione che hanno visto impegnati Gruppi regionali e Sezioni per la loro concreta attuazione sul territorio. Un modello di cooperazione che ha rafforzato il legame tra tutela ambientale, frequentazione consapevole e presidio culturale della montagna.
Il 1995 è stato un anno decisivo anche per i Parchi Regionali. In Umbria vennero istituiti sei Parchi – Monte Cucco, Monte Subasio, Colfiorito, Nera, Lago Trasimeno e Tevere – mentre in Sicilia prese avvio una gestione diretta delle aree protette affidata alle associazioni di protezione ambientale. In questo contesto, l’esperienza del CAI Sicilia rappresenta tuttora un unicum a livello nazionale, con la gestione di riserve naturali terrestri dotate di funzioni pubbliche e personale dipendente.
A distanza di trent’anni, i protocolli di collaborazione sottoscritti dal CAI con i Parchi Nazionali sono diciassette, tutti approvati dal Comitato Centrale di Indirizzo e Controllo. Un percorso che si è sviluppato in parallelo all’evoluzione delle normative regionali, progressivamente adeguate ai principi della legge quadro 394 del 1991 sulle aree protette.
Oggi, però, il contesto è profondamente cambiato. La crisi climatica e sociale che attraversa le Terre Alte impone uno sguardo nuovo e un’assunzione di responsabilità collettiva. Alpi, Appennino e isole richiedono un’azione di sistema che metta al centro i Parchi e le aree naturali protette come strumenti fondamentali di tutela e sostenibilità, ma anche come luoghi di sperimentazione del futuro.
In questo quadro, il 2025 ha segnato anche la ripresa attiva del dialogo tra il CAI e le altre associazioni ambientaliste. Il 5 dicembre, a Roma, nella sede del WWF Italia, è stato ribadito l’impegno comune a costruire un percorso condiviso per il raggiungimento degli obiettivi europei e dell’Agenda 2030. Un confronto che restituisce al mondo associativo un ruolo da protagonista, capace di incidere tanto sulla nascita di nuove aree protette quanto sulla definizione di strategie di sistema.
Il CAI dispone oggi di un patrimonio straordinario di argomenti e di esperienze. La storia dei trent’anni del Sentiero Italia CAI, dal 1995 al 2025, attraversa tutte le regioni e connette Parchi Nazionali, Parchi Regionali e siti della Rete Natura 2000, configurandosi come una vera infrastruttura culturale del Paese. A questa rete si affianca la presenza capillare delle Sezioni del CAI, attive in ogni area protetta come presidio di conoscenza, partecipazione e impegno civico.
Il contributo del CAI si esprime anche a livello istituzionale, attraverso la partecipazione alla giunta di Federparchi, favorendo la circolazione delle idee e la costruzione di iniziative condivise, come la giornata nazionale CAI-Federparchi “In cammino nei Parchi”. Sul fronte della formazione, la terza edizione del Master in management per le aree protette, organizzato con Fondazione Campus e Touring Club Italiano, testimonia un investimento concreto nella crescita di professionalità capaci di operare in questo settore strategico.
Un ruolo centrale è svolto infine dal Gruppo di lavoro CAI-Parchi Aree Protette, istituito dal Comitato Direttivo Centrale per rendere più efficace il rapporto con il sistema delle aree protette. Un laboratorio permanente che promuove informazione, educazione e formazione ambientale, mettendo in rete Gruppi regionali, Sezioni, Commissioni e Strutture operative, accomunate da interessi di frequentazione, studio e tutela.
Responsabilità e concretezza accompagneranno il cammino verso il 2026. Sarà il tempo per riflettere sui cambiamenti in atto, su quanto le aree protette abbiano contribuito a migliorare il Paese e su come rilanciarne le finalità di tutela e progresso. Costruire sul solco delle nostre radici significa riconoscere il valore di questi trent’anni e trasformarlo in visione per il futuro.