Dalle cacce reali alla crisi della miniera: il Gran Paradiso come nuova risorsa economica

La fine delle cacce reali nel 1913 e la crisi mineraria degli anni Venti aprono la strada al primo parco nazionale italiano. Lo stambecco diventa simbolo di tutela e riscatto per una valle segnata dal lavoro in miniera.
Vista di Cogne

L’8 settembre 1913 finiscono le cacce reali in Valle d’Aosta, che paradossalmente hanno salvato lo stambecco dall’estinzione. Re Vittorio Emanuele II e i suoi successori hanno fatto strage di animali controllando lo stato della popolazione. Per loro si formava un corpo di guardie e venivano costruiti sentieri, mulattiere, case e accampamenti di caccia. Poiché spostare gli animali per abbatterli era molto faticoso, si organizzavano battute che coinvolgevano i valligiani. Le esigenze erano quelle di un piccolo esercito. Re Vittorio, che confessava in piemontese di non sapere fare altro che la guerra perché il mestiere del re lo annoiava, ogni estate assolveva al rito ancestrale.

Ma nel 1920 i Savoia cedono al Demanio forestale dello Stato i diritti sulla Riserva reale e il 3 dicembre 1922 nasce il primo parco nazionale italiano, destinato a “conservare le forme nobili della fauna e della flora alpine e impedire la sparizione della bella e apprezzata razza degli stambecchi”. Delle esigenze delle popolazioni non si fa cenno, come se gli abitanti siano disgiunti dall’ambiente naturale. All’alba del Ventennio il Gran Paradiso è comunque un sorprendente esperimento statale che importa la concezione anglosassone dei parchi. Gli ultimi sussulti della democrazia vedono la nascita dell’area protetta con l’adesione e l’impegno di nomi illustri come Benedetto Croce, ministro della Pubblica Istruzione, che nel 1920, al Senato, durante la presentazione del disegno di legge afferma “essere nella difesa delle bellezze naturali un altissimo interesse morale e artistico che legittima l’intervento dello Stato”.

Con la crisi della miniera di Cogne, la valle centrale del Gran Paradiso attinge nuove risorse dai monti su cui pascolano gli stambecchi più fotografati del mondo. Più che alle vette e all’alpinismo, importanti ma non fondamentali, il turismo attinge ai beni naturali. Le foreste e i rascard diffondono il profumo della resina, mattina e sera si sentono cantare gli uccelli e il visitatore è così rapito dalle cascate di Lillaz, dai fiori del giardino Paradisia o dalle seraccate della Tribolazione da non accorgersi che sopra Gimillan, sul lato opposto del grande circo, la montagna scarnata mostra ancora le stigmate del lavoro dei minatori. In mezzo, la prateria di Sant’Orso separa Cogne dalla foresta ed è come un grande lago verdeggiante: una sponda agli stambecchi e l’altra alle persone.