Danilo Galante, il volo spezzato del Nuovo Mattino

Arrampicatore prodigio della Valle di Susa, Danilo Galante ha segnato un'epoca nuova dell’alpinismo. Morì a vent’anni su una parete francese, lasciando dietro di sé vie leggendarie e un'eco indelebile nella memoria del suo tempo.
Galante sulla fessura della disperazione

Danilo Galante era il più giovane e il più forte ragazzo del Nuovo Mattino. Nato a Bussoleno in Valle di Susa, non ha fatto in tempo a diventare adulto, ma è riuscito a mettersi in luce come l’arrampicatore lanciato verso un tempo nuovo, firmando prestigiose ripetizioni, ascensioni invernali e soprattutto linee audaci sulle pareti della Valle di Susa e della Valle dell’Orco. Sarà sempre ricordato per la fessura della Disperazione al Sergent, una via che con i mezzi di allora (cunei rudimentali tagliati per l’occasione) richiedeva una visione e un coraggio fuori dal comune. Ancora oggi è molto rispettata, anche se i friend di larghe dimensioni hanno ridotto l’ingaggio e quasi eliminato il rischio.

 

Le dita più forti del Circo Volante

Il 3 maggio 1975 Gian Carlo Grassi e Danilo Galante partono per la parete del Grand Manti, la dolomite di Grenoble, diretti alla famosa via di Yannick Seigneur. Sono leggeri di peso e carichi di passione. Salgono in jeans e maglietta con i capelli al vento e una fascia per tenerli insieme. Danilo calza pedule Pierre Allain, le prime scarpette da arrampicata. A vent’anni si esalta con la vertigine del proibito, gli sembra di volare. Ma il tempo si guasta improvvisamente e arriva la perturbazione. Gelida e violentissima, si posa sulla giornata primaverile.

La scalata si fa dura, ma ormai scendere sarebbe peggio che salire. Stringendo i denti, i due amici scalano gli ultimi ottanta metri della Rampa ed escono in un paesaggio siberiano. “Tutto allenamento per il Monte Bianco!” urla Galante senza smettere di tremare. Tira vento di traverso, il cielo è chiuso e non si vede a un passo. La montagna è bianca sopra gli ottocento metri. Sulla cresta della Chartreuse si è già posato mezzo metro di neve fresca e non è possibile trovare la strada di discesa. Non resta che bivaccare all’addiaccio, con i vestiti fradici addosso, senza la giacca imbottita. Senza niente. Chi si addormenta è perduto. E allora parlano, tremano e parlano contro il vento, finché Danilo comincia a non sentire più le dita delle mani, le dita più forti del Circo Volante. Dopo qualche ora smette di parlare e alle prime luci del 4 maggio 1975 Grassi si accorge di abbracciare un corpo stremato. Lo scuote per rimetterlo in piedi, ma dopo pochi passi Danilo crolla sulla neve. Allora Gian Carlo corre a cercare aiuto, finché trova qualcuno sull’altopiano e lo prega di fare in fretta: “S’il vous plaît, tout de suite au sommet!, mon ami est perdu…” I soccorritori si affrettano verso la cima, ma trovano solo un ragazzo assiderato nel prato.