Selfie sulla Casarotto per Diego ed Erika © D. DellaiA Diego Dellai è stato assegnato il Pelmo d'Oro 2025 per l’alpinismo in attività: la giuria lo ha premiato per la via Diretta 4 gatti (1400m, IX-), tracciata sulla parete nord dell’Agner. L'alpinista agordino d'adozione è stato premiato non solo per l'itinerario, ma per la valorizzazione di un angolo di Dolomiti poco battuto e per lo stile rispettoso della tradizione “che dialoga con la roccia più che sfidarla”.
La guida alpina, raggiunta mentre è in attività nel gruppo del Monte Bianco, si dice “molto contento per il riconoscimento, soprattutto per le motivazioni. Hanno premiato l'attività in zone meno conosciute rispetto ad altre e per il modo con cui son state salite le due vie in Agner e la cascata. È anche un premio per tutto il nostro gruppo di scalatori, il gruppo roccia 4 gatti, dal momento che sono tutte salite che ho fatto con loro”.
Cosa hai pensato quando ti hanno comunicato l'assegnazione?
Sinceramente a uno scherzo della morosa, con qualche altro deficiente dei miei amici...ci poteva stare, conoscendoli non sarebbe stata la prima volta. Poi, nei giorni successivi, ci ho riflettuto e sono rimasto molto stupito e onorato al tempo stesso, considerando i nomi di chi è stato premiato prima di me. Gente davvero forte, che fa gradi impegnativi.
Secondo te c'è una effettiva riscoperta dei luoghi più nascosti delle Dolomiti?
Non saprei, o meglio, bisogna distinguere tra interesse e intenzione. Credo che davvero ci sia più attenzione, più interesse verso un alpinismo di questo tipo, che prevede lo scoprire o il riscoprire certi luoghi. Ma allo stesso tempo un conto è l'interesse, un conto poi è andare davvero ad arrampicare in certi posti, difficili da raggiungere, con una logistica di un certo tipo, dove non hai informazioni. Però qualcuno mi ha detto che vorrebbe andare a provare le nostre vie, fa piacere.
Che programmi hai nel breve, al di là della stagione da guida?
Ho sempre in programma qualche via qua e là, ma anche qualche ripetizione. Mi piacerebbe andare a ripetere la via dei gardenesi [Guardiano dei sogni, 1400m, VIII+ in apertura, ndr] sulla Terza Pala di San Lucano. Non ho mai fatto una delle loro vie, per quel che ho visto però hanno uno stile interessante e in questo caso manca ancora la prima ripetizione. E poi, proprio come fanno loro, mi piacerebbe tornare ad arrampicare una volta ogni tanto con i miei soci, Marco [Toldo] e Nicola [Bertoldo].
In spaccata nel diedro della Casarotto-Radin © D. DellaiUna spedizione non è in programma per motivi di tempo, economici o che altro?
Fino a un paio di anni fa ti avrei detto che sì, era una questione economica o di tempo, ma ora forse non ho più tanto quel tipo di ambizione. Mi spiego meglio: mi piacerebbe andare a fare una spedizione, ma per me significa andare in un posto e starci abbastanza per conoscerne davvero la cultura, immergersi nel luogo. Altrimenti diventa un viaggio d'arrampicata: a quel punto si tratta di scalare in un posto che è diverso, ma con la stessa gente che c'è qua, spesso in ambienti che sono il nostro stesso modo di vivere portato a migliaia di chilometri di distanza. E se devo prendere un aereo per andare a fare quella cosa dall'altra parte del mondo, con i problemi legati al clima e all'inquinamento che ci sono oggi…non me la sento. Insomma, ne deve valere proprio la pena e al momento non ho niente che mi accende a tal punto.
Quali sono i luoghi ancora da scoprire in Dolomiti?
Direi sempre Agner e Pale di San Lucano, perché sono posti nascosti, bisogna fare fatica. Nella valle di San Lucano c'è una problematica grossa che è la logistica. Per il mio compleanno mi sono fatto come regalo il diedro Casarotto-Radin allo Spiz di Lagunaz, era tempo che la volevo fare. Già solo l'avvicinamento sono tre ore e ti devi portare su 5 litri di acqua a testa, gli zaini a salire sono belli pieni. Gli ambienti però sono selvaggi, l'avventura è vera, anche solo per passare i boral. La via poi è impegnativa, nel diedro non è che vai su proprio correndo. Dopo che hai fatto i primi 300 metri del diedro, sempre a spingere, diresti anche che va bene così, e invece ce ne sono altri 100...La via ti vuole sempre presente, devi essere bravo a sfruttare i punti deboli per trovare la logica dell'itinerario. Tanto di cappello nel pensare a quando l'hanno aperta [1975, ndr], senza informazioni e con l'attrezzatura del tempo. L'ho fatta con Erika, la mia morosa, con un bel bivacco a metà via, senza fretta. È una via che merita, decisamente.