Cucciolo di riccio - Foto T137 - Wikimedia Commons, CC BY-SA 3.0
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Foto di Silvo Bilinski da PixabayL'autunno 2025 si sta mostrando come una stagione caratterizzata da forte instabilità, alternando prolungate fasi di caldo anomalo, con temperature ben oltre la media del periodo, a rapidi e intensi passaggi perturbati. Le lunghe fasi di stabilità, accompagnate da temperature decisamente miti, verificatesi in particolare a settembre e ottobre, hanno comportato una alterazione dei cicli biologici di molte specie, vegetali e animali. Tra queste il riccio europeo (Erinaceus europaeus), che ha esteso la stagione riproduttiva di alcune settimane, arrivando a partorire fino a ottobre inoltrato. Il rischio per i nuovi nati è di non riuscire a crescere abbastanza, ad accumulare riserve per affrontare l'inverno, ormai alle porte.
Le cucciolate tardive non risultano essere una peculiarità del 2025. Il fenomeno rappresenta una anomalia che tende ad aumentare in frequenza, in conseguenza del cambiamento climatico. Ne è testimone il Centro Recupero Ricci “La Ninna” di Novello (CN), che negli ultimi anni si è trovato a dover lanciare appelli al pubblico, nella stagione autunnale, alla ricerca di volontari per la gestione dei piccoli ricci da salvare. “Siamo sommersi dai ricci, letteralmente”, il messaggio lanciato nei giorni scorsi, in un momento che viene definito di “emergenza”.
Cosa sta succedendo ai ritmi biologici dei ricci
Il riccio europeo è un insettivoro notturno, di dimensioni contenute (inferiori ai 30 cm di lunghezza), ampiamente distribuito lungo la Penisola italiana. Vive prevalentemente in pianura e collina, ma è in grado di spingersi fino a quote montane, prediligendo ambienti con una buona copertura vegetale.
Per sopravvivere al rigido clima invernale, la specie affronta una fase di ibernazione, una sorta di letargo “leggero”, che si presenta come una periodo di sonno prolungato, in cui l'animale va incontro a una riduzione del metabolismo e della temperatura corporea per risparmiare energia, ma può rispondere a stimoli. L'ibernazione si avvia, in media, tra novembre e dicembre, per concludersi a primavera, tra marzo e aprile. Per superare indenne questo periodo, il riccio deve aver accumulato riserve sufficienti, raggiungendo un peso corporeo ideale di almeno 500-600 grammi. Solo in questo modo potrà sopravvivere alle settimane di digiuno che lo attendono.
Di norma, la stagione riproduttiva si svolge tra la primavera e l'estate, in media tra marzo e agosto. La femmina partorisce tra i 2 e i 10 piccoli, dopo 30-35 giorni di gestazione. Serve circa un mese e mezzo per arrivare al loro svezzamento, e prima dell'inverno è importante che raggiungano un peso adeguato per sopravvivere alle basse temperature.
Le temperature miti autunnali portano i ricci a ritardare il termine della stagione riproduttiva, andando incontro a cucciolate tardive. In questo caso, i neonati non hanno il tempo materiale per crescere, essere svezzati e raggiungere il peso minimo di mezzo chilo. Senza le cure e il nutrimento forniti dai centri specializzati, è molto elevato il rischio di soccombere ai primi freddi, a causa di ipotermia o denutrizione.
Anche per le mamme, andare incontro a un parto tardivo comporta serie conseguenze. Per portare i cuccioli allo svezzamento, una femmina perde fino al 30% del suo peso, trovandosi dunque debilitata all'arrivo dell'inverno.
Negli ultimi anni, il fenomeno delle cucciolate tardive si sta intensificando, in conseguenza del verificarsi, con crescente frequenza, di stagioni autunnali travestite da prolungate code estive. In questi casi, l'appello degli esperti e dei centri di recupero è il seguente: se si incontra un riccio di peso inferiore ai 500 grammi in autunno o inverno, è consigliabile portarlo immediatamente presso un Centro di Recupero della fauna selvatica.
Ricordiamo che è illegale detenere ricci selvatici in casa. Inoltre, si tratta di esemplari estremamente delicati, che richiedono cure specialistiche che solo personale veterinario esperto può fornire. Non è il caso di improvvisarsi salvatori dei ricci in ambiente domestico.
Il disperato appello del Centro Recupero Ricci “La Ninna”
Tra le realtà più impegnate in questa emergenza c'è il Centro Recupero Ricci "La Ninna" di Novello (CN), fondato nel 2014 dal medico veterinario Massimo Vacchetta. Il Centro, il cui nome è un omaggio a Ninna, il primo riccio salvato dal fondatore, è da anni un punto di riferimento per il recupero dei ricci, ma al momento dichiara di essere in estrema difficoltà.
È importante sottolineare che le attività della clinica sono interamente finanziate dai donatori, rendendo cruciale il sostegno della comunità in momenti di emergenza come questo. Il loro messaggio, lanciato il 16 novembre, riflette la drammaticità della situazione.
“Siamo allo stremo - si legge nel post condiviso sui social - abbiamo un disperato bisogno di volontari. Al Centro Recupero Ricci “La Ninna” sta succedendo qualcosa che non avevamo mai visto prima: quasi 10 ricci al giorno arrivano feriti, denutriti, orfani, travolti dalla stagione e dalle difficoltà del territorio. I box sono pieni. Le cure non si fermano mai. Ogni stanza, ogni tavolo, ogni angolo è occupato da un riccio che ha bisogno di attenzioni. E noi… siamo pochissimi. Sfiniti, ma determinati a non lasciare indietro nessuno. È davvero un’emergenza. E abbiamo bisogno di te. Subito.”
Nel dettaglio, ai volontari si richiede di supportare gli operatori nella “osservazione dei ricci e piccole note sui loro comportamenti, pesate e mini-registri, allestimento nidi, cambio acqua e materiali, pulizia e igiene di box e recinti”. Preziosa è considerata anche la disponibilità per un solo turno (5/6 ore, mattina o pomeriggio). E per chi arriva da lontano, sono a disposizione alloggi a un prezzo simbolico.
“Siamo sommersi di ricci. Letteralmente - dichiara il Centro - . E ogni aiuto, anche il tuo, può significare la differenza tra farcela… o non farcela.”