Everest 1978: l’impresa impossibile di Habeler e Messner senza ossigeno

L’8 maggio 1978 Peter Habeler e Reinhold Messner scalano l’Everest senza ossigeno, sfidando scienza e pregiudizi. Un’impresa storica che ha riscritto i limiti dell’alpinismo.
Reinhold Messner e Peter Habeler

L’impresa era considerata impossibile. Impazzirete, dicevano; vi brucerete il cervello. Ma Reinhold Messner Peter Habeler non ascoltano gli uccelli del malaugurio e l’8 maggio 1978 compiono l’incredibile, raggiungendo la cima all’Everest senza fare uso di ossigeno. Sul Tetto del mondo come sulle montagne di casa. È la prima volta per l’uomo, come andare sulla luna e tornare indietro. Restano su un quarto d’ora per rifiatare, sorridere, scattare qualche fotografia, girare un breve filmato e abbandonare uno spezzone di corda e una batteria scarica della cinepresa per dimostrare di esserci arrivati davvero. Poi cominciano a scendere, assetati d’ossigeno.

Per la scienza era impossibile, ma la scienza si sbagliava. Peter Habeler, forte e corretto alpinista austriaco, scalatore fantastico, al ritorno racconta ai giornalisti:Sapevamo che gli sherpa avevano raggiunto gli 8000 metri senza ossigeno e che una spedizione svizzera, negli anni Cinquanta, era andata oltre Colle Sud. Alla fine si trattava di aggiungere altri 500 metri. Messner e io avevamo pensato che sarebbe stato possibile farlo con la luce, senza zaini, mostrando fiducia in noi stessi e andando su lentamente”. C’era già riuscito il grande Hermann Buhl sul Nanga Parbat, e da solo! Però il Nanga è molto più basso dell’Everest e la scienza aveva posto un limite d’altezza: 8500 metri. Ma i limiti sono fatti per essere infranti. “Prima di partire ero un po’ spaventato – confessò Peter –, ma mentre guadagnavamo quota mi sembrava di scalare sulle Alpi. Non ho più pensato ai problemi di ossigeno e mi sono concentrato su ogni passo che facevo. Aspettavo il momento in cui sarei diventato pazzo, aspettavo, aspettavo, ma quel momento non è mai arrivato. E la cima sì.

Dopo l’impresa Habeler s’è preso una pausa dall’alpinismo estremo per passare più tempo con la famiglia: “Volevo assicurarmi che mio figlio, allora bambino, crescesse bene, con due genitori. E devo essere onesto: prima dell’Everest avevamo pochi soldi e l’Everest mi ha dato qualche possibilità...”. L’exploit del 1978 non l’ha reso celebre come il compagno Messner, ma certo più conosciuto e rispettato di prima. Con pieno merito.