Ferdinand Imseng © Wikimedia CommonsLa parete est del Monte Rosa è la più himalayana delle Alpi. Passano decenni prima che gli alpinisti dell’Ottocento maturino gli sguardi e le tecniche necessari per pensare di salire la grande muraglia. Si susseguono dei tentativi, prima velleitari e poi sempre più maturi, finché il 21 luglio 1872 i britannici William Martin e Richard Pendlebury e il pastore anglicano Charles Taylor, accompagnati dalla grande guida svizzero-italiana Ferdinand Imseng (emigrato a Macugnaga dalla valle di Saas Fee per fare il minatore) e dalla guida dell’Ötztal Gabriel Spechtenhauser ci provano sul serio. All’Hotel Monte Moro si aggrega il proprietario Giovanni Oberto che, oltre a fare l’albergatore, accompagna saltuariamente gli alpinisti sulle cime di casa.
La salita
Il 21 pomeriggio la comitiva sale a bivaccare sul crestone che costeggia il canalone centrale. All’alba del 22, attraversato il pericoloso scolo, si dirigono verso il pendio di ghiaccio superiore, raggiungendo infine lo sperone roccioso della Punta Dufour a 4634 metri, la più alta del massiccio. Alle 15:30 sono in vetta; la vista è abbastanza buona, ma Macugnaga è coperta dalle nuvole. Mezz’ora di sosta, uno spuntino, poi la discesa su Zermatt lungo le tracce di un’altra cordata. Alle otto e mezza di sera sono nell’albergo zeppo di turisti, dove ordinano la cena e si preparano a pernottare fuori dalla porta con una coperta. Sono stanchi morti e non li spaventa un’altra notte all’addiaccio, ma inaspettatamente scoprono che gli è stata preparata la camera migliore, ossia il soggiorno, dove dormono senza sogni.
Ferdinand Imseng
All’epoca Imseng non ha ancora trent’anni. Di mestiere fa il cacciatore di camosci e il cavatore d’oro in miniera. La prima occupazione gli permette di esplorare le montagne e la seconda di sbarcare il lunario. Ha talento, garbo e calma naturali, come le grandi guide dell’età d’oro dell’alpinismo, quando i migliori valligiani incontrano cittadini forti, colti e determinati e si formano delle cordate formidabili. Dopo la grande ascensione della Est, che come osserva Teresio Valsesia “fu frutto del suo intuito e senso della montagna”, Imseng diventa guida a tutti gli effetti e quattro anni più tardi affianca alla Dufour la prima salita da Macugnaga della Punta Nordend, 4609 m, con il fratello Abraham e il cliente Luigi Brioschi che dà il nome all’itinerario. Ancora più difficile del precedente.
L’onesta ascesa di Ferdinand Imseng dura troppo poco. All’inizio di agosto del 1881 arriva a Macugnaga il geografo Damiano Marinelli, esploratore e alpinista, con la fidata guida valtellinese Battista Pedranzini. Intenzionati a effettuare la terza salita (e prima italiana) della via del 1872, si rivolgono a Imseng, l’autore della via, che consiglia di aspettare perché la temperatura a suo parere è troppo elevata e la neve in cattive condizioni. Ma Marinelli insiste, e assoldato il portatore Corsi la cordata affronta il canalone l’8 agosto. “Dacci il tempo di passare” prega Ferdinand in parete, ma quando arrivano a 3400 metri, sul crestone che affianca il canale, una valanga spazza l’imbuto e lo spostamento d’aria li investe; Imseng, Pedranzini e Marinelli precipitano, mentre il portatore, attardato, si salva miracolosamente e corre a chiamare aiuto. Non c’è più niente da fare.