Foschia in Valle d'Aosta: è il fumo degli incendi canadesi

ARPA conferma la presenza di particolato tra i 3000 e i 5000 metri, trasportato dalle correnti atlantiche. Il PM10 rilevato al suolo proviene dai vasti roghi ancora attivi in Canada.
Il Cervino avvolto dalla cappa di fumo proveniente dal Canada © Facebook Meteo Valle d'Aosta

Domenica mattina, molte località alpine si sono svegliate sotto una foschia anomala e persistente. Un fenomeno diffuso anche in fondovalle, che ha suscitato interrogativi tra i residenti per l’aspetto grigio e stagnante, simile a quello dell’inquinamento urbano. In realtà, si trattava di fumo proveniente dagli incendi boschivi in corso in Canada, trasportato fino in Europa dalle correnti in quota.

A confermarlo è ARPA Valle d’Aosta, che ha rilevato la presenza di uno strato di aerosol tra i 3000 e i 5000 metri di altitudine, compatibile con il particolato rilasciato dai roghi nordamericani. Il lidar-ceilometer dell’agenzia ha mostrato con chiarezza l’ingresso di polveri sottili, in particolare PM10, che successivamente si sono spostate verso gli strati più bassi dell’atmosfera, contribuendo all’aumento delle concentrazioni al suolo.

A prima vista, la foschia poteva ricordare episodi di inquinamento locale, ma secondo ARPA questo grigio uniforme è riconducibile a PM10 secondario, formatosi durante il lungo trasporto transatlantico attraverso processi chimici acquosi. Si tratta di una forma particolarmente fine e trasformata di particolato, non comune nella stagione estiva, e che conferma la natura remota e “invecchiata” del fumo

Non è la prima volta che l’Europa viene raggiunta dal particolato generato da incendi nordamericani. Già nel 2023 si erano verificati episodi simili, anche se con intensità minore.

L'immagine satellitare che mostra la nube di fumo sopra l'Italia

Il Canada in fiamme

La nube arrivata fino alle Alpi è il riflesso di una situazione drammatica oltreoceano. Dalla fine di maggio, il Canada è alle prese con una delle stagioni di incendi più difficili degli ultimi decenni. Secondo il Canadian Interagency Forest Fire Centre (CIFFC), al 7 giugno erano attivi oltre 200 incendi, circa la metà fuori controllo. Le province più colpite sono Manitoba, Saskatchewan, Alberta e parte della British Columbia.

Oltre 2,6 milioni di ettari di foreste sono già andati distrutti e migliaia di persone hanno dovuto lasciare le proprie case. Solo in Manitoba, sono state evacuate più di 17mila persone. In totale, gli sfollati superano quota 32mila. Due vittime sono state confermate negli ultimi giorni.

A complicare la situazione è la presenza di cosiddetti “zombie fires”, incendi latenti che si sono mantenuti attivi sotto la superficie del terreno per mesi, nonostante la neve invernale. In primavera, con l’innalzarsi delle temperature, si sono riattivati spontaneamente, contribuendo all’escalation attuale.

La situazione ha richiesto una mobilitazione nazionale e internazionale: oltre 140 vigili del fuoco sono arrivati dagli Stati Uniti per rafforzare gli sforzi di contenimento. In molte zone remote, però, i roghi sono monitorati senza interventi diretti, per motivi logistici e ambientali.