François Cazzanelli: "Bianco invisibile, una bella avventura con Bepi". L'intervista

La guida alpina di Valtournenche ripercorre l'ultima apertura: "Abbiamo voluto fare una cosa nel nostro stile". Il futuro: "Torneremo al Kimshung, è un conto aperto"
In vetta con Vidoni © Facebook Francois Cazzanelli

Pochi giorni fa, insieme a Giuseppe Vidoni, François Cazzanelli ha aperto Bianco invisibile (800m, 6c, M7, AI5), sulla parete est dell’Aiguille Blanche de Peuterey (4112m) nel massiccio del Monte Bianco. Tra un allenamento e l'altro - perché François è sempre molto attivo - lo abbiamo sentito, trovandolo come di consueto molto carico.

 

Da chi è partita l'idea di questa ultima avventura?
L'idea è stata di Bepi, era da un po' che me ne parlava, tenevamo d'occhio la linea da tutto l'inverno. Siamo andati su a guardare e quando ho visto il diedro ho spinto per attaccare lì, sembrava la scelta migliore. Un bel diedro, con qualche blocco instabile come è normale che sia, ma la pietra era buona. Si proteggeva bene comunque.

 

È stato complicato trovare il momento giusto?
È un posto dove non puoi andarci sempre. Avevamo fatto un tentativo la settimana prima [l'apertura è del 7 marzo], ma aveva fatto dieci centimetri di neve, non erano le condizioni giuste.

 

È stato impegnativo anche fisicamente, per lo stile adottato.
Volevamo fare una cosa in autonomia, senza dormire su, che si sarebbe potuto anche fare. E invece abbiamo preferito portarci tutto dietro e fare una cosa un po' diversa, nel nostro stile. Completa, salita e discesa in un colpo solo, con tutto il carico. Abbiamo fatto 1600 metri di avvicinamento con le pelli, in 3 ore e 20 minuti.

 

Il motore c'è.
Da quando abbiamo deciso di fare questo progetto, tra gennaio, febbraio e marzo ne ho fatto di scialpinismo. Qualche garetta anche, sempre come allenamento. Poi in realtà sono un garista, se metto il pettorale voglio fare bene. Abbiamo fatto il progetto venerdì 7 e due giorni dopo sono andato a Chamonix per una gara con dislivello di 2.500 metri, ho fatto terzo dietro a Eydallin. Non male.

Il tracciato della via © F. Cazzanelli, G. Vidoni

Come è stata la salita?
Il diedro aveva difficoltà fino a 6c, poi abbiamo fatto una goulottina e un traverso verso destra. Lì c'era un tiro di misto e ammetto che ero un po' titubante, non convintissimo perché eravamo nella nebbia. E poi mi sembrava liscio, che mancasse ghiaccio. Di nuovo devo fare i complimenti a Bepi, molto caparbio. E in effetti la sua fiducia ha pagato, ne è venuto fuori un bel tiro di M7, dove poi c'era tutto. Bello, figo, con il ghiaccio al posto giusto, le protezioni giuste. Siamo una cordata che si spinge a vicenda, andare con lui è garanzia di avere un bel livello. Da lì c'è stato ancora un altro tiro di ghiaccio non banale e poi tre cascatine. Quindi un lungo, lunghissimo canale finale. Simon arrivati al colle alle 18. Speravamo un pelino prima, ma i tiri di roccia ci hanno rubato un po' di tempo.

 

Ma ce n'era ancora di strada da fare...
La discesa è stata pepata perché abbiamo attrezzato 17 doppie, il 90% al buio, e dopo un po', nella parte dritta, è arrivata la nebbia. Avevamo memorizzato molto bene la salita, arrivati a monte del diedro abbiamo recuperato l'attrezzatura e abbiamo preso un "canale scappatoia" sui pendii. Siamo scesi e finalmente abbiamo iniziato a vedere le luci di Courmayeur. In totale ci sono volute 18 ore.

 

I prossimi programmi?
Primavera ed estate nelle Alpi, poi in Nepal a chiudere il conto. Tornerò al Kimshung, sarà il mio quarto e ultimo tentativo. Di questa montagna conosco troppe cose per lasciarla lì, e anche Bepi si è convinto di questa cosa. Ripartiremo. Mi avevano chiesto di tornare a fare un Ottomila ed erano anche cose interessanti, ma mi sono fatto due conti e non erano chiusi, sentivo che andava presa quella decisione, che non volevo lasciarla sospesa. È stata determinante anche la mia famiglia: Alessia me lo ha detto subito: lascia la roba lì e tornaci.

Sul Kimshung nel 2024 © F. Cazzanelli