“Ci sono voluti un po’ di anni perché trovassi la voglia di raccontare la nostra avventura sul Kimshung. Un’avventura che non considero conclusa, perché prima o poi vorrei chiudere i conti con questa bellissima cima Himalayana”
Così François Cazzanelli scriveva sul suo blog solo pochi anni fa, ricordando il tentativo di scalata al Kimshung (6781 m) del 2016 che l'ha visto protagonista di un grave ma fortunato incidente.
Oggi l'atleta La Sportiva, dieci anni dopo il primo tentativo e nove dopo l'incidente che poteva costargli la carriera, François Cazzanelli è tornato sulla montagna e ha messo a segno la prima salita della montagna. Con lui Lukas Waldner, Benjamin Zörer e Bepi Vidoni.
La vetta è stata raggiunta il 20 ottobre 2025, alle 12:30 locali, ma la notizia è arrivata solo ieri attraverso i canali social dell'alpinista valdostano. I quattro hanno salito la parete nord-est, chiamando la via “Destiny” – destino –.
“Il nome nasce dal senso di destino condiviso” spiega Cazzanelli. “Per le storie che si sono incrociate qui: la nostra amicizia, i nostri sogni, le cadute e le ripartenze”.
Si tratta di una linea di 1300 metri con difficoltà 60°, AI4, M5, un itinerario di ghiaccio e misto che si sviluppa su un terreno tecnico e isolato. Per riuscire nella salita la cordata è partita dal campo base il 19 ottobre, ha bivaccato a 5450 metri e il giorno seguente ha toccato la cima, rientrando poi al campo base per le 19:00 locali. Un’ascensione in stile alpino, veloce e pulita, come nello stile di Cazzanelli.
Il tentativo del 2016 e l’incidente
Per Cazzanelli il Kimshung non è una vetta qualunque. La prima volta che ne sentì il nome fu nel 2015, quando con Giampaolo Corona programmò una spedizione nella valle del Langtang.
Ma il terremoto che devastò il Nepal in aprile pose fine a ogni sogno: dopo il disastro non c'erano più le risorse psicologiche per pensare alla salita, e i due preferirono concentrarsi nel dare un contributo ai soccorsi.
L’anno successivo, nell’autunno 2016, Cazzanelli tornò con Corona ed Emrik Favre per tentare di nuovo la montagna. Una spedizione che segnò un capitolo fondamentale della sua storia.
Nell’autunno del 2016 il trio valdostano installò il campo base a 4300 metri, sotto il versante ovest del Kimshung. Dopo giorni di esplorazioni e una prima ricognizione promettente, il 14 ottobre Cazzanelli e Corona raggiunsero quota 6000 metri su una goulotte ghiacciata, puntando al colle sommitale. Mancavano circa duecento metri alla cima quando il vento e le scariche di pietre imposero la ritirata.
Rientrati a valle e recuperate le forze, dopo qualche giorno le condizioni si presentarono ottimali per un secondo tentativo. Ma si vede che il destino la pensava diversamente.
All’alba, la tragedia sfiorò i due: una scarica di sassi colpì violentemente Cazzanelli al braccio destro, mentre stava arrampicando in testa alla cordata. La ferita era grave e perdeva molto sangue. Corona, con freddezza e lucidità, lo assicurò, organizzò la discesa in doppia sfruttando le ancorature preparate nei giorni precedenti e lo accompagnò fino al campo alto.
Da lì, un elicottero riuscì a evacuarlo fino a Kathmandu, dove venne operato d’urgenza.
“Giampi mi ha salvato la vita. Senza di lui oggi non sarei qui”, avrebbe riconosciuto poi Cazzanelli qualche anno dopo.
L’incidente mise fine alla spedizione, ma non al sogno. “Prima o poi chiuderò i conti con questa montagna”, aveva promesso.
Il tempo ha mantenuto fede alla sua promessa. Dopo altri tentativi di esplorazione, nel 2025 François Cazzanelli è tornato sotto il Kimshung e in soli due giorni, insieme ai compagni, è riuscito nell’apertura di una nuova linea diretta sulla parete nord-est.
La nuova via non è solo una linea di ghiaccio e roccia: è la chiusura di un cerchio.