Gasherbrum IV, Dubouloz e Welfringer si fermano a 6900 metri. "Abbiamo osato"

Dopo un mese e mezzo di attese e tentativi anche Symon Welfringe e Charles Dubouloz rinunciano al Gasherbrum IV. Condizioni troppo severe e rischi troppo alti.

Dopo oltre un mese e mezzo trascorso tra fatiche, attese e speranze di un miglioramente meteo, la spedizione francese formata da Charles Dubouloz e Symon Welfringer al Gasherbrum IV si è ufficialmente conclusa. L’obiettivo era ambizioso: aprire una nuova via sulla Shining Wall, la parete lucente del Gasherbrum IV. In termini pratici si trattava di salire per la ovest dell’imponente montagna di 7925 metri nel Karakorum pakistano, considerata tra le più affascinanti e difficili del mondo.

Un obiettivo inseguito con determinazione, ma che si è infranto contro le dure leggi dell’alta quota e di una stagione meteorologicamente complessa, così come già accaduto con la spedizione italianda di Federico Secchi, Leonardo Gheza e Gabriele Carrara. A raccontare la decisione di chiudere la spedizione è stato Symon Welfringer con un post sui suoi canali social.

“Si gratta, si gratta… Sotto questo spesso strato di neve, cerchiamo un sottile strato di ghiaccio. [...] Invano!”

La spedizione era partita con i migliori presupposti: dopo la partenza, i due alpinisti francesi erano arrivati al campo base con grande entusiasmo, pronti ad affrontare la linea immaginata sulla parete ovest del GIV. Durante le settimane successive, Dubouloz e Welfringer hanno studiato la parete e atteso una finestra di bel tempo che si è fatta attendere a lungo. Volevano salire in stile alpino, ma fin da subito la montagna ha fatto capire che non sarebbe stato così facile. Quando finalmente sono partiti per il tentativo decisivo, percorrendo inizialmente un tratto che costeggia la parete sud si sono trovati di fronte a condizioni difficili da gestire: neve profonda e una condizione di instabilità.

Troppo pericoloso proseguire con queste condizioni. La sicurezza ha imposto la sua regola.

“Avevamo concentrato tutte le nostre energie su questa montagna” racconta Welfringer. “Avevamo portato molto materiale ai piedi della nostra ambita linea ed eravamo scesi fiduciosi per un buon tentativo”. Nei giorni seguenti però la meteo avrebbe giocato con i loro nervi, come scrive il francese, inchiodandoli al campo base. “Oggi siamo abituati a controllare tutto, per questo l'attesa, l'indecisione e l'inattività sono così difficili da gestire”.
 
 

La deicione di chiudere

Passano i giorni, la meteo si mette a posto a fa presagire una buona finestra meteo ma, “ancora una volta nulla va come previsto”. Il primo giorno è estenuante. “Abbiamo perso 12 ore, camminando nella neve alta. Senza le ciaspole non avremmo fatto neanche dieci metri. Grazie a loro, e a tanta determinazione, siamo riusciti a raggiungere il punto del primo tentativo, a 6500 metri, dove avevamo lasciato un deposito materiali. Siamo partiti alle due del mattino e arrivati alle quattro del pomeriggio in uno stato pietoso. E sta nevicando!”. Gli alpinisti non si perdono d'animo e proseguno, vanno avanti fino a raggiungere i 6900 metri di quota dove si trovano a dover scegliere tra la sicurezza e un rischio eccessivo.
 

“La delusione, è il primo sentimento che arriva dopo tanto investimento fisico, mentale, temporale. Ma presto arriva anche la fierezza. Abbiamo osato. Abbiamo piantato le nostre piccozze su una montagna mitica.”

Il Gasherbrum IV ha lasciato il segno nel cuore e nel bagaglio tecnico dei due protagonisti. Dubouloz e Welfringer hanno vissuto una vera avventura himalayana, fatta non solo di gradi e metri percorsi, ma di pazienza, attesa, adattamento e spirito di squadra.

L’esperienza raccolta sul GIV sarà, come scrive Welfringer, utile in futuro. Non un fallimento, ma una tappa.