Gerald Durrell: cento anni di vita per salvare gli animali

Dal Jersey Zoo alle Ande e ai Caraibi, l’eredità di Durrell continua a proteggere specie uniche, dalle rane ai gechi, simboli viventi del suo impegno per la biodiversità globale.

Quando nel 1959 un giovane naturalista britannico aprì un piccolo zoo sull’isola di Jersey, pochi immaginavano che quel luogo sarebbe diventato un laboratorio mondiale di salvezza per le specie più rare del Pianeta. Oggi, nel centenario della nascita di Gerald Durrell, il Durrell Wildlife Conservation Trust celebra non solo un uomo, ma un modo completamente nuovo di pensare la conservazione.

Gerald Durrell nacque nel 1925 in India e trascorse l’infanzia in Grecia, sull’isola di Corfù. Un paradiso naturale che accese la sua curiosità per la fauna selvatica. Da adulto, con libri come La mia famiglia e altri animali e una serie di spedizioni in tutto il mondo, fece conoscere a milioni di lettori il fascino degli animali esotici, ma soprattutto il loro pericolo d’estinzione.

Nel 1959 fondò lo Jersey Zoo, oggi noto come Durrell Wildlife Conservation Trust, con un’idea allora rivoluzionaria: gli zoo dovevano esistere non per esibire animali, ma per salvarli. “Il mio sogno - scriveva - è che gli zoo diventino arca di Noè per le specie in pericolo”.

Quella visione ha ispirato decenni di progetti internazionali. E tra questi, molti riguardano animali che vivono proprio in ambiente montano o collinare, dove le condizioni estreme rendono le popolazioni ancora più vulnerabili.

Gli ecosistemi montani sono infatti tra i più fragili e ricchi di biodiversità al mondo. Dai primati del Rwanda alle rane delle Ande, le “isole d’altitudine” ospitano specie che non possono spostarsi altrove. Le montagne sono rifugi, ma anche trappole ecologiche. Durrell l’aveva capito in tempi non sospetti. La sua visione della conservazione come rete di piccole arche sparse nel mondo è oggi una delle chiavi grazie a cui affrontare la crisi climatica globale.

 

Le rane di Durrell: dai Caraibi alle montagne del Brasile

Tra i molti animali che devono la sopravvivenza all’eredità di Gerald Durrell, le rane occupano un posto speciale. Dalle isole vulcaniche dei Caraibi alle montagne del Brasile, il Durrell Wildlife Conservation Trust ha applicato i principi del suo fondatore per salvare anfibi al limite dell’estinzione, trasformando piccoli progetti locali in modelli globali di conservazione.

Una delle storie più emblematiche è quella del “mountain chicken”, la gigantesca rana Leptodactylus fallax originaria di Dominica e Montserrat. Con il nome curioso, dovuto al fatto che il gusto della sua carne ricorda quella del pollo, si tratta di uno degli anfibi più minacciati del Pianeta. Negli anni Duemila, un’eruzione vulcanica e l’arrivo del fungo Batrachochytrium dendrobatidis, responsabile della letale chitriodimicosi, hanno quasi cancellato la specie.

Da allora, il Durrell Wildlife Conservation Trust è in prima linea nel Mountain Chicken Recovery Programme, un progetto internazionale che unisce allevamento in cattività, ricerca genetica e reintroduzioni controllate in natura, in collaborazione con governi locali, università e altri zoo europei. Grazie a questi sforzi, piccole popolazioni di “polli di montagna” sono tornate a cantare sulle pendici verdi di Montserrat. È un simbolo perfetto dell’approccio di Durrell: agire concretamente, un anfibio alla volta, anche in ambienti difficili.

Ma la missione non si è fermata ai Caraibi. In Brasile, tra le vette dell’Espinhaço Mountain Range, vive un’altra minuscola specie: Crossodactylodes itambe, la cosiddetta rana del Pico do Itambé, scoperta solo nel 2007 e confinata a meno di un chilometro quadrato di foresta montana a circa 1800 metri di altitudine. Questo piccolo anfibio trascorre l’intera vita all’interno delle bromeliacee, piante tropicali che raccolgono acqua tra le foglie, creando microhabitat sospesi nel vuoto. Un incendio o un lieve mutamento climatico potrebbero spazzarla via per sempre.

Il Durrell Trust, attraverso i suoi programmi SAFE e Rewild Carbon, sostiene ricerche e formazione nelle comunità locali dell’Espinhaço, in collaborazione con università brasiliane e ONG ambientali. L’obiettivo è monitorare queste “specie isola” e proteggere i loro habitat, prevenendo incendi e limitando l’impatto umano.

 

Gerald Durrell e gli animali delle montagne

Il lascito di Gerald Durrell vive anche nelle specie animali che popolano le montagne del mondo e che portano il suo nome come tributo alla sua opera di conservazione. Tra queste c’è la Centrolene durrellorum, una piccola rana di vetro delle Prealpi andine orientali dell’Ecuador, scoperta nel 2005 e dedicata a Gerald e a sua moglie Lee “per il loro contributo alla salvaguardia della biodiversità globale”. Questa specie simbolizza il legame tra ricerca scientifica e tutela degli habitat fragili di alta quota.

Un altro esempio è il Nactus serpeninsula durrelli, un geco che popola zone rocciose e collinari e porta il nome di Gerald e Lee come riconoscimento per il loro impegno nella protezione di ecosistemi remoti. Questi animali, così legati a nicchie montane e microhabitat isolati, incarnano la filosofia durrelliana: ogni specie, anche la più piccola e nascosta, merita di essere protetta, perché ogni tassello della biodiversità contribuisce all’equilibrio degli ambienti montani.

“Se perdiamo anche solo una specie di rana - scriveva Durrell, scomparso nel 1995 all'età di 70 anni - Perdiamo una parte della sinfonia della natura”. A cent’anni dalla sua nascita, quella sinfonia continua a risuonare, portata avanti da biologi, ricercatori e volontari che lavorano nei luoghi che più amava.