Ghiacciai alpini, in 60 anni persa un’area grande quanto il lago di Como

Tempo di bilanci per la "Carovana dei Ghiacciai 2025": fusione glaciale, degradazione del permafrost e instabilità dei versanti sono i tre effetti più evidenti della crisi climatica sulle Alpi. Essenziale è puntare su azioni di mitigazione e adattamento.

Tra agosto e settembre, la Carovana dei Ghiacciai, iniziativa promossa da Legambiente, in collaborazione con la Fondazione Glaciologica Italiana e CIPRA ITALIA, giunta alla sua sesta edizione, ha realizzato l’annuale viaggio lungo l’arco alpino, per osservare da vicino alcuni dei ghiacciai delle Alpi, testimonianza evidente degli effeti del cambiamento climatico alle quote più alte. 

Osservati speciali dell’anno ,sono stati 5 ghiacciai italiani – il ghiacciaio dell’Adamello, il più grande delle Alpi italiane, che ha ospitato l'evento inaugurale della Carovana dei Ghiacciai 2025, e il ghiacciaio del Ventina, in Lombardia; il ghiacciaio di Solda in Alto Adige; i ghiacciai della Bessanese e della Ciamarella, in Piemonte – e 3 esteri – l’Aletsch, il Gigante delle Alpi, in Svizzera e i ghiacciai dello Zugspitze, Schneeferner e Höllentalferner, in Germania.

Lo scenario che emerge da questo viaggio tra i ghiacci è drammatico. Accelerata fusione glaciale, degradazione del permafrost e instabilità dei versanti sono i tre “sintomi” più evidenti della crisi climatica sulle Alpi, accentuata da estati caratterizzate da un aumento in frequenza delle risalite dello zero termico anche oltre i 5000 metri e di eventi meteo estremi. 

 

Differenze locali, un comune destino

Seppur con differenze locali, tutti gli osservati speciali hanno mostrato di essere accomunati da un pattern evolutivo similare, con riduzione progressiva della estensione e dello spessore, e modifica dell’ambiente glaciale circostante, dove nascono nuovi ecosistemi, e la montagna cambia dunque forma e colore. 

Oltre a perdere superficie, molti ghiacciai tendono inoltre a diventare “più neri”, a ricoprirsi di detrito, a causa di frane e crolli, e si assiste alla formazione ai lati di morene, come osservato sul ghiacciaio di Solda del gruppo Ortles-Cevedale.

Unico esempio “anticonformista” risulta essere quello del ghiacciaio tedesco Höllentalferner che, al pari del Montasio in Friuli - Venezia Giulia, resiste tenacemente al cambiamento climatico.

Gli ambienti alpini risultano sempre più fragili e tale debolezza richiede impegno. In 60 anni i ghiacciai delle Alpi risultano aver perso, nel complesso, un’area pari a oltre 170 chilometri quadrati. Una superficie paragonabile a quella occupata dal lago di Como. E il ritmo cui procede la fusione non sembra affatto diminuire.

Accanto alla progressiva ed evidente perdita di aree glaciali, si assiste a una scomparsa “invisibile”, quella del permafrost, lo strato di suolo o roccia che resta ghiacciato per almeno due anni consecutivi, oggetto di una progressiva degradazione e di un incremento della temperatura che, secondo recenti studi, ha raggiunto in alcuni casi 1°C nell’arco degli ultimi 10 anni.

In Germania si stima che il permafrost possa scomparire completamente entro i prossimi 100 anni, comportando conseguenze allarmanti sulla stabilità delle montagne. 

 

Dalla Carovana un appello all'Europa…e ai singoli cittadini

Dalla Carovana viene lanciato un appello che supera i confini nazionali e anche quelli alpini, per estendersi all’intera Europa. Una richiesta di incremento, numerico e qualitativo, delle azioni di mitigazione e adattamento alla crisi climatica.

“Anche quest’anno con Carovana dei ghiacciai 2025 abbiamo portato in primo piano il tema degli evidenti effetti della crisi climatica in alta quota. Dati ed evidenze che ci portano nuovamente a chiedere urgentemente azioni di mitigazione puntando sulle energie rinnovabili e la riduzione delle emissioni climalteranti e di adattamento con un piano nazionale di misure e azioni efficaci”, dichiara Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente.

Risulta inoltre auspicabile la creazione di una rete di monitoraggio dei ghiacciai alpini su scala europea, che tenga conto, come evidenziato da Vanda Bonardo, responsabile nazionali Alpi di Legambiente e presidente di CIPRA Italia, “della necessità di ripensare i metodi di monitoraggio tradizionale”, che in alcuni casi, come sul ghiacciaio di Ventina, non risultano più applicabili a seguito della eccessiva riduzione in superficie e spessore dei ghiacciai.

Valter Maggi e Marco Giardino, presidente e vicepresidente della Fondazione Glaciologica Italiana, hanno tenuto a evidenziare a tal proposito, l'efficacia del protocollo scientifico che la Fondazione Glaciologica Italiana e il Comitato Glaciologico Italiano usano per monitorare i ghiacciai. Questo protocollo, basato sulla raccolta di dati geografico-fisici, permette di studiare l'evoluzione dei ghiacciai nel tempo e di produrre cartografie utili a interpretare i cambiamenti nel tempo degli ambienti glaciali. Un approccio che consente di “distinguere le zone più pericolose da quelle che sono di meno, individuare le zone che ci offrono nuove risorse e servizi ecosistemici per il futuro, ove effettuare scelte di sviluppo sostenibile, come le aree proglaciali che ci offrono servizi di regolazione delle piene”.

Prevedere azioni di mitigazione e di adattamento e avviare il monitoraggio dei ghiacciai su scala europea rappresentano 2 azioni poste al centro del “Manifesto europeo dei ghiacciai e delle risorse”, promosso da Legambiente insieme a Fondazione Glaciologica Italiana, CIPRA ITALIA, CAI ed EUMA, “per chiedere ai decisori politici di prestare più attenzione al mondo della scienza e della ricerca”.

Di fronte alla montagna che cambia, risulta anche essenziale promuovere anche una fruizione degli ambienti in quota più consapevole. Dalla Carovana giunge l’invito alla collettività a un maggior senso civico, al rispetto dell’ambiente montano, a partire dal non abbandonare rifiuti, quali fazzoletti, tappi di bottiglia e mozziconi di sigarette, la cui presenza si concentra nelle aree utilizzate come “toilette” all’aperto o nei punti particolarmente panoramici.