Ghiacciaio del Ventina, dopo 130 anni si fermano le misure frontali tradizionali

Il Servizio Glaciologico Lombardo annuncia la fine delle storiche misurazioni frontali del ghiacciaio del Ventina, iniziate nel 1895. Una conseguenza del drastico arretramento del ghiacciaio.
Ghiacciaio del Ventina, 2011 © Gaggi Luca 76 per Wikimedia Commons

Era il 15 agosto del 1895, quando Luigi Marson, pioniere della glaciologia lombarda, posizionando in loco il primo caposaldo, dava il via alla prima misurazione frontale del ghiacciaio del Ventina, in Valmalenco, uno dei ghiacciai più estesi della Lombardia. Tecnica tradizionale, semplice ma efficace, quella applicata da Marson, che prevede la misura con una bindella metrica, della distanza tra il limite inferiore del ghiacciaio e dei caposaldi fissi, esterni al ghiacciaio, che vengono solitamente individuati su grandi massi posti davanti alla fronte glaciale. 

Una tecnica utilizzata per oltre un secolo, fino al 15 agosto 2025, data che segna la fine della lunga serie di misurazioni frontali tradizionali del ghiacciaio, la più longeva della Lombardia.

 

La fine di un capitolo della storia del ghiacciaio

Ad annunciare la fine di un capitolo di storia della glaciologia lombarda, durato 130 anni, è il Servizio Glaciologico Lombardo che, in un comunicato ufficiale, dettaglia le motivazioni alla base di tale interruzione. A rendere non più attuabili le misurazioni tradizionali, condotte annualmente per oltre un secolo, prima da operatori prima del Comitato Glaciologico Italiano e poi dal Servizio Glaciologico Lombardo, è il ghiacciaio stesso

Per decenni il ghiacciaio del Ventina ha mostrato un continuo arretramento della fronte glaciale, “diventato eccezionale negli ultimi anni”. I dati condivisi dal SGL consentono agevolmente di quantificare tale processo: 431 m di arretramento negli ultimi 10 anni. Una lunghezza pari a 4 campi da calcio, di cui 191 metri persi negli ultimi 4 anni. 

Il processo di arretramento, come evidenzia il SGL, “ha drasticamente modificato la morfologia della fronte, oggi formata in larga parte da placche di ghiaccio sepolte dal detrito e disgiunte dalla massa di ghiaccio principale”.

Nel corso di recenti sopralluoghi, i tecnici hanno potuto verificare che, in conseguenza delle modifiche cui è andato incontro il ghiacciaio, l’ultimo caposaldo ancora in uso sia stato ricoperto dai detriti scivolati dalle placche di ghiaccio. Inoltre, “la fronte vera e propria si è riposizionata sopra ad un salto roccioso, rendendo l’accesso difficoltoso”.

A ostacolare ulteriormente l’accesso alla fronte glaciale è il torrente, presente nella zona di ablazione, alimentato dalle acque di fusione e caratterizzato da una portata decisamente forte in queste settimane, in conseguenza delle alte temperature registrate di recente sulle Alpi, dove lo zero termico è ripetutamente salito oltre quota 5.000 metri.

 


Il futuro del ghiacciaio del Ventina

Il Servizio Glaciologico Lombardo chiarisce che il ghiacciaio continuerà a essere monitorato, ma con metodi differenti da quelli noti ai tempi di Marson. Nonostante il continuo regresso e le evidenti modifiche morfologiche, il ghiacciaio resta tra i più estesi, ancora presenti nelle Alpi lombarde. 

Le variazioni della fronte glaciale verranno monitorate mediante utilizzo di tecnologie innovative, come la fotogrammetria da drone e il telerilevamento

Dal 1895 ad oggi, la serie storica racconta un regresso di oltre 1 chilometro e mezzo, per la precisione 1,7 km. Il SGL esprime con chiarezza la propria posizione in merito a questi dati, affermando che il significativo arretramento sia conseguenza diretta del riscaldamento di origine antropica.

“Le Alpi, incluso il gruppo del Disgrazia – si legge nel comunicato – rappresentano un hot-spot climatico avendo registrato un incremento delle temperature di oltre 2°C dall’epoca preindustriale, circa doppio rispetto alla media globale, capace di far perdere oltre il 64% del volume dei ghiacciai alpini dal 1850”. 

Come premesso, ad allarmare i glaciologi è l’entità dell’arretramento annuale che si sta rilevando negli ultimi anni. L’estate del 2025 si conferma ennesima stagione nera per i ghiacciai alpini. A metà agosto, a circa un mese dalla fine ufficiale dell’estate, il ghiacciaio del Ventina si presenta caratterizzato da uno scarso innevamento residuo che, come affermano gli esperti del SGL, “lascia intuire un bilancio del ghiacciaio già oggi negativo”.

Nelle condizioni attuali, senza interventi a mitigazione del riscaldamento globale, che garantiscano un contenimento dell’aumento delle temperature entro 2°C rispetto all’era preindustriale, si stima che il destino del ghiacciaio del Ventina possa essere una riduzione del 90% in volume entro il 2100. Secondo i modelli previsionali elaborato dal Politecnico di Zurigo, del ghiacciaio si conserverebbe una piccola porzione in alta quota, sotto la vetta del Monte Disgrazia. 

A voler essere ottimisti, qualora l’impegno su scala globale consentisse di frenare le emissioni di gas climalteranti e dunque mantenere l’incremento delle temperature entro il limite dei 2°C, fino al 2100 il ghiacciaio potrebbe riuscire a conservare oltre la metà del volume di ghiaccio residuo.

 

Il Sentiero Glaciologico “Vittorio Sella”

Riuscire a immaginare 100 anni di fluttuazioni e modifiche dei ghiacciai alpini, non è semplice. Un ottimo supporto è offerto dai confronti fotografici, ma ancora più efficaci sono le esperienze che si ha la possibilità di vivere lungo i Sentieri Glaciologici. 

Il ghiacciaio del Ventina è protagonista del Sentiero Glaciologico “Vittorio Sella”, creato nel 1992 proprio dal SGL, per approfondirne l'evoluzione. Lungo l’itinerario, identificato da apposite segnalazioni a vernice azzurra con partenza dall’Alpe Ventina (1.965 m), è presente una cartellonistica, aggiornata di recente, che consente di ripercorrere le fasi di avanzata e ritiro del ghiacciaio, dalla Piccola Età glaciale al 2021. 

Incamminandosi verso la fronte glaciale, si ha modo di osservare da vicino le forme del modellamento glaciale, come le morene, accumuli di detriti rocciosi trasportati e depositati dal ghiacciaio nei periodi di massima crescita, o le cosiddette rocce montonate, levigate dal ghiaccio che un tempo le ricopriva. Il sentiero (4,8 km totali, 260 m di dislivello positivo, difficoltà EE) può essere completato in circa 2 ore e mezza di cammino.