Il mammut Yuka in una esposizione congelata. Crediti fotografici: Crediti fotografici: Valeri Plotnikov.
Una delle zampe di Yuka, che illustra l'eccezionale conservazione della parte inferiore della zampa dopo la rimozione della pelle, cosa che ha permesso il recupero delle molecole di RNA antico. Crediti fotografici: Valeri Plotnikov.
Lavoro di laboratorio all'interno dei laboratori del Centro di Paleogenetica di Stoccolma, dove è stato estratto l'RNA antico. Crediti fotografici: Jens Lasthein.
Il mammut Yuka che emerge dal permafrost siberiano nel 2010, nel sito di Oyogos Yar nella Siberia nord-orientale. Crediti fotografici: Grigory Gorokhov.
La pelle e l'orecchio facenti parte del cranio di un mammut lanoso che ha fornito l'RNA antico sequenziato. La pelle è stata scoperta nel 2018 a Belaya Gora, vicino al fiume Indigirka in Siberia. Crediti fotografici: Love Dalén.I mammut lanosi (Mammuthus primigenius), iconici mammiferi preistorici dal manto spesso e zanne ricurve, hanno dominato le fredde steppe dell'Eurasia e del Nord America durante l'ultima Era Glaciale, estinguendosi circa 4.000 anni fa. Per anni, la scienza ha decodificato il loro DNA (acido desossiribonucleico) per ricostruirne la storia evolutiva.
Tuttavia, il DNA, per quanto preziosa fonte di informazioni relative alla vita biologica delle specie estinte, non è in grado di fornire dettagli sugli ultimi istanti di vita degli esemplari, eccezionalmente ritrovati nei ghiacci. Questi dettagli sono infatti conservati in un altro elemento biologico, che si caratterizza per un “alfabeto” leggermente diverso dal DNA: l’RNA (acido ribonucleico). In particolare, l’mRNA, molecola che funge da messaggero, traducendo le informazioni contenute nel DNA in proteine necessarie alle funzioni vitali della cellula.
Una molecola così fragile, da essere stata a lungo considerata impossibile da trovare ancora intatta in reperti preistorici. Una nuova ricerca condotta da scienziati della Stockholm University, pubblicata sulla rivista Cell, ha superato questa barriera. Per la prima volta in assoluto, i ricercatori sono riusciti a isolare e sequenziare molecole di RNA da tessuti di mammut, che si sono conservati nel permafrost siberiano per quasi 40.000 anni. Queste sequenze di RNA sono le più antiche mai recuperate, aprendo una nuova era nella paleogenetica.
Gli ultimi istanti di vita di Yuka, “scritti” nell'RNA
Il protagonista di questo importante balzo in avanti negli studi di paleogenetica si chiama Yuka, un giovane mammut lanoso morto circa 40.000 anni fa. Emilio Mármol-Sánchez, autore principale dello studio, spiega come segue il valore della scoperta: "Con l'RNA, possiamo ottenere prove dirette di quali geni sono ‘accesi’, offrendo uno sguardo negli ultimi momenti di vita di un mammut”.
L'analisi dei resti muscolari di Yuka ha permesso di identificare schemi di espressione genica specifici per il tessuto. Dei 20.000 geni che compongono il genoma del mammut, solo una frazione era attiva al momento della morte. Secondo l’RNA rilevato, negli ultimi istanti di vita, le cellule di Yuka erano impegnate nella produzione di proteine essenziali per la contrazione muscolare e la regolazione metabolica sotto stress. Un dettaglio che non ha sorpreso gli autori, in quanto ricerche precedenti suggerivano che Yuka fosse stato attaccato dai leoni delle caverne poco prima della sua morte.
Sono state trovate anche molecole di RNA che non codificano per proteine, come i microRNA, delle molecole regolatrici dell’espressione genica. La presenza di microRNA muscolo-specifici è una prova della regolazione in tempo reale dell’attività genica, in risposta a stimoli ambientali. Le nuove e approfondite analisi genetiche hanno portato a confermare che Yuka fosse effettivamente un mammut e, scendendo più nel dettaglio, che fosse un maschio.
Un nuovo prezioso strumento per la paleogenetica
La longevità dell'RNA, dimostrata da questa ricerca, apre scenari scientifici entusiasmanti. Love Dalén, professore di Genomica Evolutiva, tra gli autori della ricerca, ha espresso profondo ottimismo: "I nostri risultati dimostrano che le molecole di RNA possono sopravvivere molto più a lungo di quanto si pensasse in precedenza. Ciò significa che non solo saremo in grado di studiare quali geni erano ‘accesi’ in diversi animali estinti, ma sarà anche possibile sequenziare virus a RNA, come quelli dell'influenza e i coronavirus, conservati nei reperti dell'Era Glaciale."
In futuro, l'obiettivo è integrare l'analisi di RNA preistorico con DNA, proteine e altre biomolecole conservate. "Tali studi – conclude Mármol-Sánchez - potrebbero rimodellare in modo fondamentale la nostra comprensione della megafauna estinta così come di altre specie, rivelando i molti strati nascosti della biologia che sono rimasti finora congelati nel tempo”.