Gran Sasso, un passo deciso verso l'UNESCO: presentato il dossier per la candidatura

Non un rito formale, ma un atto concreto che nasce dai territori. La candidatura del Gran Sasso a patrimonio dell’umanità avanza con un percorso condiviso, dove comunità, istituzioni e competenze compongono una visione comune per il futuro delle aree interne abruzzesi.
Abruzzo, Campo Imperatore. Sullo Sfondo la mole inconfondibile del Gran Sasso © Pixabay

Il Gran Sasso, una linea d’orizzonte che si erge tra due mari, in grado di tenere insieme i paesi, le valli e le storie che da secoli gli si stringono attorno. Oggi quella linea si è fatta sentiero: un passo dopo l’altro verso la candidatura UNESCO, un cammino che nasce dal basso, da chi qui ci vive e da chi, ogni mattina, alza gli occhi e misura il tempo guardando la luce che si infrange sulle massicce pareti.

A Isola del Gran Sasso è stato presentato il dossier che nei prossimi mesi sarà al centro del percorso istituzionale per il riconoscimento del Gran Sasso come Patrimonio Immateriale dell'Umanità UNESCO. Ma il vero baricentro non è in una sala, né in un documento: è nelle comunità locali. Sindaci, associazioni, amministratori, tecnici, studiosi. Persone che non hanno bisogno di spiegarsi la montagna, perché ce l’hanno dentro come una lingua madre.

Il presidente del GAL Gran Sasso Laga, Carlo Matone, lo ha ricordato in modo chiaro: questo progetto è un lavoro corale, un movimento di sponda tra istituzioni e territori. La Regione – con l’intervento del governatore Marco Marsilio e del vicepresidente Emanuele Imprudente – ha ribadito che la candidatura non è un nastro da tagliare, ma una strada lunga, fatta di ascolto e visione. Una strada che affonda le radici nella storia delle comunità montane, nelle loro sfide, nella loro resilienza.

Perché il Gran Sasso non è solo un massiccio: è un archivio di biodiversità, pascoli, pietre, transumanze. È un ritmo lento che sopravvive in un mondo che corre, una tessitura di tradizioni che l’UNESCO – già con la transumanza – ha riconosciuto come patrimonio umano prima ancora che culturale.

La candidatura punta proprio lì: trasformare un’eredità secolare in un progetto di futuro. Contrastare lo spopolamento non con slogan, ma con opportunità reali. Portare i giovani a immaginare un domani possibile nelle aree interne. Promuovere un turismo che non consuma, ma ascolta. Un turismo che si fa passo, silenzio, cura.

Il dossier presentato non è un punto d’arrivo: è un invito a partecipare. Nelle prossime settimane sarà arricchito dai contributi di enti, associazioni, ricercatori, cittadini. Un mosaico che cresce pezzo dopo pezzo, come i muretti a secco che puntellano i sentieri del Gran Sasso: opere senza firma, ma con identità fortissima.

È questo, in fondo, il senso di tutto. Non convincere l’UNESCO con una fotografia patinata, ma mostrare una montagna viva. Un luogo dove la cultura non è nei musei ma nelle mani, nelle voci, nei cammini. Un luogo in cui ogni pietra ha visto passare generazioni e ogni comunità porta la sua storia come un frammento di un racconto più grande.

La candidatura del Gran Sasso è un gesto semplice e potente: dire al mondo che qui, tra queste valli, c’è ancora un modo di abitare la montagna che non si è perso. Un modo che può diventare esempio, direzione, memoria. E, forse, patrimonio di tutti.