Groenlandia “by fair means” per Matteo Della Bordella e compagni

Una traversata di 400 chilometri in kayak e una parete gigantesca e inesplorata. Questi i nuovi obiettivi della spedizione del Ragno di Lecco, con lo svizzero Silvan Schüpbach e il francese Symon Welfringer, all’insegna del miglior alpinismo esplorativo
Una parete inviolata di 1200 metri di dislivello, montagne e ghiacciai a perdita d’occhio tutto d’intorno e un viaggio epico per giungere alla meta: 400 chilometri da percorrere pagaiando su un minuscolo kayak fra le onde dell’Oceano Artico. Sembra la trama di un racconto uscito dai libri di storia dell’alpinismo e delle grandi esplorazioni geografiche, invece è l’oggi (e probabilmente anche il domani) dell’andar per montagne.

Alla ricerca dell'"inesplorato"

Esistono ancora sulla faccia della terra luoghi ai quali calza a pennello l’aggettivo “inesplorato”. Basta avere la fantasia e il coraggio di andarli a cercare. Coraggio di affrontare gli inevitabili pericoli, certo, ma anche di dedicare tempo, fatica e risorse a sfide per nulla scontate e ben poco remunerative dal punto di vista mediatico. Questa è la nuova sfida in cui si stanno per imbarcare il Ragno di Lecco Matteo Della Bordella e i suoi compagni – lo svizzero Silvan Schüpbach e il francese Symon Welfringer – , che il 15 luglio partiranno alla volta della Groenlandia, l’isola-continente che si estende a nord del Circolo Polare Artico e che, assieme all’Antartide, costituisce una delle ultime frontiere del mondo. Il territorio della Groenlandia è, infatti, uno dei meno densamente popolati del pianeta. I rari centri abitati si trovano disseminati lungo l’intrico di fiordi della costa, collegati fra loro solo via mare. Il territorio interno è un gigantesco plateau glaciale, che raggiunge anche i 3000 metri di spessore e ai cui bordi si stagliano innumerevoli vette e pareti granitiche: un terreno di gioco alpinistico ad oggi esplorato solo in minima parte.
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I tre protagonisti della spedizione © Archivio Matteo Della Bordella

Un'avventura mai fatta prima

Matteo e compagni raggiungeranno la cittadina di Tassilaq, sulla costa orientale dell’isola, e lì metteranno in mare i loro kayak, per affrontare, dopo un primo scalo nell’abitato di Isortoq, una traversata di 360 chilometri in mare aperto, carichi ciascuno di 70 chilogrammi di attrezzature e viveri: il minimo indispensabile per affrontare in autonomia i 36 giorni previsti per la spedizione.
«Secondo le informazioni in nostro possesso», spiega Matteo, «una cosa del genere non è mai stata fatta prima. Distanza, isolamento e una bellissima parete inviolata rappresentano un mix estremamente stimolante».
Non è la prima volta che Della Bordella e Schüpbach si mettono in gioco con la formula “kayak + arrampicata”. Nel 2014, assieme a Christian Ledergeber, avevano portato a compimento con questo stile un’altra spedizione in Groenlandia, nel corso della quale erano riusciti a completare la prima salita in libera, a vista e in stile alpino, della fantastica parete dello Shark’s Tooth.

Maggiori incognite rispetto alla precedente esperienza in Groenlandia

Questa volta l’avventura sarà ancora più estrema e senza compromessi:
«Qui ci sono molte incognite in più e anche le difficoltà sono maggiori», conferma Della Bordella. «La passata spedizione era all’interno del fiordo, su un terreno già esplorato con il kayak. Nell’oceano cambia tutto: aumentano i chilometri e aumentano le incognite».

In stile alpino e in libera su una parete misteriosa

Sull’obiettivo alpinistico il mistero è quasi totale. Non per ritrosia o desiderio di creare suspense, ma per il fatto che anche le informazioni a disposizione degli stessi protagonisti sono ridotte all’osso. Della parete si conosce l’esistenza e ben poco altro.
«Abbiamo in mente una salita in stile alpino e in libera. Fondamentale sarà osservare la parete una volta arrivati sul posto e valutare le possibili linee di salita. Prima di pensare a questo, però, dobbiamo concentrarci sulla difficile traversata via mare».
In questa esperienza, condotta “by fair means”, anche il flusso della comunicazione sarà centellinato: niente dirette streaming o informazioni quotidiane in tempo reale, dunque. Le tecnologie satellitari serviranno solo per fornire qualche aggiornamento sulle fasi salienti della spedizione e per le eventuali situazioni di emergenza. L’avventura ha bisogno dello spazio, ma anche del tempo: quello dell’attesa, dell’incertezza, del dubbio e del sogno...