Lago di Pontechianale con la cembreta dell'Alevé in evidenza
Pino Cembro
I coni maschili del Pino Cembro
All'interno della cembreta dell'Alevé in inverno, verso il rifugio Bagnour
Dalla cembreta dell'AlevéNel cuore dell’alta Valle Varaita, ai piedi del Monviso, si estende un bosco che sembra uscito da un’altra epoca. È il Bosco dell’Alevé, la più vasta foresta di pino cembro in Italia e una delle più estese d’Europa. Un patrimonio naturale di oltre ottocento ettari, distribuiti tra i 1500 e i 2500 metri di quota, che da secoli accompagna la vita delle comunità alpine di Sampeyre, Casteldelfino e Pontechianale.
Il Bosco dell’Alevé rappresenta un raro esempio di foresta relitta, sopravvissuta alle grandi trasformazioni climatiche del Quaternario. Quando i ghiacciai si ritirarono dalle Alpi il pino cembro, specie adattata ai climi freddi e severi, trovò sulle pendici meridionali del Monviso un ambiente ideale: terreni poveri, esposizione soleggiata e un microclima stabile. L’Alevé è dunque un “archivio vivente” della storia vegetale alpina, un testimone diretto dell’evoluzione naturale del paesaggio montano.
Il rapporto tra l’uomo e questa foresta risale a tempi antichi. Per secoli, i valligiani hanno frequentato queste zone per raccogliere legna, pascolare il bestiame e cacciare. Il suo nome, pino cembro, deriva con buona probabilità dall'occitano,"elvou", oppure alla denominazione ritrovata in antichi documenti, dove l'area boschiva ricoperta dai cembri era chiamata “bois de la Levée”. Fatto sta che, nel corso dei secoli, questa foresta ha fornito un legno leggero, aromatico e facilmente lavorabile, utilizzato per mobili, sculture e rivestimenti. Nonostante ciò, la difficoltà di accesso e la quota elevata hanno sempre limitato lo sfruttamento intensivo, permettendo al bosco di conservarsi in buone condizioni.
Già negli anni Quaranta del Novecento, l’Alevé fu riconosciuto come “bosco da seme” e inserito nei registri forestali nazionali, a tutela del suo patrimonio genetico. Oggi l’intera area è protetta dal Parco naturale del Monviso e rientra nei siti della Rete Natura 2000, strumenti che garantiscono la conservazione della biodiversità a livello europeo.
Un ecosistema complesso
Passeggiando tra le radure e i lariceti che si alternano ai popolamenti di cembro, si incontrano alberi dalle dimensioni imponenti. Alcuni esemplari superano i seicento anni di età e sono considerati veri e propri “monumenti vegetali”. La loro longevità racconta la storia di un ecosistema capace di rigenerarsi nonostante le valanghe, gli incendi e le tempeste che nei secoli hanno modellato la montagna.
Il pino cembro è la specie dominante, ma il bosco dell’Alevé non è una monocultura. Accanto a esso crescono larici, rododendri, mirtilli e genziane; tra le radure d’alta quota si aprono piccoli specchi d’acqua di origine glaciale, come il Lago Bagnour e il Lago Secco, dove trovano rifugio anfibi e invertebrati rari.
Nel sottobosco, la biodiversità è ricca: scoiattoli rossi, croceri, picchi neri e civette capogrosso testimoniano un habitat ancora integro, mentre nei mesi primaverili le fioriture alpine tingono di colore l’intera conca.
Nonostante però la sua ricchezza e apparente solidità, l’Alevé è oggi un ecosistema vulnerabile. Gli effetti del cambiamento climatico, con l'innalzamento delle temperature, la diminuzione della copertura nevosa e le siccità prolungate, stanno modificando i ritmi di crescita e la capacità di rigenerazione del pino cembro. Le autorità del Parco del Monviso, in collaborazione con la Regione Piemonte e con istituti di ricerca, monitorano costantemente l’evoluzione della foresta, analizzando la crescita annuale degli anelli e la vitalità dei giovani alberi. Le azioni di tutela includono la raccolta di semi autoctoni, la manutenzione dei sentieri e la sensibilizzazione del turismo.
Il pino cembro
Nel Bosco dell’Alevé, il pino cembro domina su una superficie di circa 696 ettari, su un totale di 825 ettari di bosco. Si può quindi dire che è la specie dominante.
Noto anche come cirmolo o cembro, è uno degli alberi più emblematici delle Alpi e dei Carpazi. Sempreverde e resistente, si adatta a climi freddi e a terreni poveri, trovando nelle montagne italiane condizioni ideali per prosperare. Uno dei suoi nuclei più significativi è prorpio quello della Valle Varaita, dove domina il paesaggio alpino.
Si tratta di un albero di medie dimensioni, che può raggiungere i 25 metri di altezza, anche se più spesso rimane intorno ai 15 metri. La sua chioma conica e la corteccia grigiastra, che si screpola con l’età, conferiscono al pino cembro un aspetto elegante e imponente. Le foglie, aghiformi e raggruppate in mazzetti di cinque, misurano dai 5 agli 8 centimetri e presentano un lato verde scuro e uno grigiastro. Tra giugno e agosto maturano i frutti contenenti semi che vengono dispersi dagli uccelli, come la nocciolaia che li sotterra favorendone la germinazione.
Il pino cembro predilige quote elevate, tra i 1200 e i 2100 metri, dove svolge un ruolo ecologico fondamentale. La sua capacità di sopravvivere su terreni poveri e in condizioni climatiche rigide lo rende una specie pioniera, in grado di stabilizzare il suolo e creare microhabitat per altre piante e animali. Contribuisce così alla formazione di boschi misti che ospitano una ricca biodiversità, tipica degli ambienti subalpini e alpini.
Il legno del cembro è leggero, resistente e aromatico. Da secoli è impiegato nell’artigianato e nella falegnameria, per la realizzazione di mobili, sculture, intagli e rivestimenti delle tradizionali stube alpine. Il suo profumo naturale, particolarmente apprezzato, è ritenuto benefico per il benessere psicofisico, conferendo all’ambiente una piacevole fragranza.