Il cammino di Tindari

Un viaggio tra i Monti Peloritani e i Monti Nebrodi, lungo il Cammino del Tindari, offre un'esperienza di scoperta personale e territoriale, tra paesaggi interiori ed esteriori, culture, tradizioni, incontri e riflessioni, sfidando i propri limiti e abbracciando il cambiamento.
Braidi © Grazia Pitruzzella


Ogni cammino racconta il territorio offrendo frammenti di culture e tradizioni e in ogni viaggio si può ritrovare parti di sé, rispecchiandosi nel dialogo continuo tra paesaggi interiori ed esteriori. Si può partire per un pellegrinaggio per infinite ragioni: assolvere a un voto, mantenere una promessa, esaudire un desiderio, esplorare nuovi territori, condividere un'esperienza, mettersi alla prova sfidando i propri limiti, vedere confermate le proprie capacità e possibilità, per pura curiosità rispetto a un particolare culto o, infine, per devozione.

Lungo la strada a volte capita di riconoscere che non si tratta del proprio cammino, si possono incontrare compagni di viaggio per scambiare messaggi e apprendere nuove lezioni, si può entrare nel proprio silenzio interiore trovando risposte a quesiti antichi, o ancora si possono interrogare il bosco o il proprio corpo, sempre pronti a fornirci segnali. Facendo spaziare lo sguardo al di là dell'universo conosciuto, si possono trovare sorprese e illuminazioni, lasciando che le preoccupazioni quotidiane scivolino temporaneamente in secondo piano assumendo significati nuovi.

Entrare in contatto con un gruppo può mostrare quanto relative siano le proprie esigenze, che la propria stanchezza può svanire al cospetto di chi prova più difficoltà, che esercitare l'arte della pazienza rende più forti e meno vulnerabili, che la condivisione crea abbondanza e buonumore, che affidarsi a una guida permette di rilassarsi concentrandosi sul cammino.

Questa volta ho voluto intraprendere un piccolo viaggio nel bel mezzo della stagione turistica, partendo all'alba del primo giorno e tornando a casa dopo il tramonto del secondo, con 50 chilometri nel corpo e multicolori emozioni nell'animo, per ricordare d'essere viandante, compagna di infiniti esseri viventi in continua trasformazione, e che è possibile mettersi in cammino sempre, anche quando sembra che il tempo manchi o le possibilità economiche non sembrano fiorenti.

Per dare luce e spazio a un'area geografica diversa da quella etnea che respiro nel mio quotidiano, mi sono spostata nel messinese, tra i Monti Peloritani e i Monti Nebrodi, per offrire ai lettori il Cammino del Tindari.

 

1° giorno

  • Partenza: Roccella Valdemone 760 m

  • Arrivo: Montalbano Elicona 875 m

  • Lunghezza:  25 km circa

  • Dislivello:   560 m circa

  • Durata:  h 7 h circa

  • Difficoltà: media

  • Punti acqua: Roccella Valdemone, Montalbano, Braidi, Scala, Locanda

  • Punti di appoggio: nessuno

 

Da Roccella ci si dirige per Favoscuro, uscendo dal paese in lieve salita attraverso la Contrada Pillera tra coltivi e noccioleti. Con il vulcano Etna a proteggere le spalle, ci si addentra tra i bassi e smussati rilievi della Valle del Licopeti, adorna di asfodeli, cespugli di ginestra e rosa canina, finocchietto, euforbia, verbasco, e ricca d'acqua che ricade in cascatelle durante i mesi autunnali. Piccole edicole votive alla Madonna del Tindari portano a individuare sulla destra l'invito del Sentiero della Trota  presidiato da una famiglia di robinie (0,40 h, 2 km circa). Si procede su stradella in asfalto in direzione nord risalendo il torrente tra la lussureggiante vegetazione con acero, quercia, carpino, nocciolo, castagno, citiso e biancospino, punteggiata da piccoli ovili e terreni privati con postazioni di arnie e possibile presenza di bovini e ovini al pascolo.

Sono due grandi pioppi (1 h - 750 m) a marcare l'inizio della fatata Riserva del Bosco di Malabotta, a cui si accede salendo a sinistra su terreno naturale con affioramenti rocciosi e tenendo subito la sinistra al bivio, passando ai piedi della Rocca Licopeti. Il cammino si fa più esiguo e ripido per un breve tratto, sopraelevandosi rispetto al fondo valle sulla sinistra, per poi continuare su sterrato in falsopiano fino a guadare verso sinistra lungo una ripida salita, rinfrescata dalla nepetella, fino a un'ampia radura abitata da cardi e asfodeli, che precede un nuovo guado verso destra. Si continua su terreno sterrato su falsopiano tra muschi ad ammantare massi e tronchi, mentre il corso del torrente si popola di grandi massi che danno vita a salti d'acqua e il cammino segue più ampio e sassoso (1,45 h – 750 m).

Il bosco va arricchendosi di agrifoglio, perastro, pungitopo, elleboro e grandi esemplari di acero che accompagnano un doppio guado per poi procedere lungo il greto del torrente (d'inverno si consiglia di continuare sulla sinistra orografica) in Contrada Manca Giràsa (dal dialetto manca=senza sole; girasa=ciliegi), che ospita una grande radura coperta da felci seguita dal sentiero su fondo naturale con il torrente alla propria destra e successivo guado seguito da un grande pioppo.

Si incrocia la pista forestale che scende da destra (2,00 h – 940 m), dove si abbandona il Licopeti, e poco dopo il cartello ligneo a indicare la Caserma Forestale Malabotta, Si continua in salita circondati da faggi secolari affrontando il primo guado sul Torrente Fontanazzi, affluente del Licopeti, risalendo senza traccia evidente tra gli alberi per ritrovare presto il sentiero sterrato che serpeggia salendo nel bosco con profondi argini laterali, fino a giungere alla Caserma con area attrezzata e fontanile, non sempre alimentato, dove termina il Sentiero della Trota (2,50 h – 1150 m),

La struttura è, purtroppo, decadente. Come mostra la carta presente, vi sono due opzioni: una più panoramica e lievemente più lunga, che sale alla destra della casa, e l'altra che vi passa davanti rimanendo nel bosco. Invitiamo a percorrere la prima, che presenta dei tratti lastricati e che incrocia il Sentiero Torrente Fontanazzi sulla destra (cartello - 3,30 h – 1230 m), demarcato da due pilastri, che riporta verso Manca Girasa.

Si prosegue verso sinistra fra querce e faggi secolari, noti con il nome di patriarchi, tenendo prima la destra e poi la sinistra ai bivi successivi in salita su pista sterrata, fino a sovrapporsi al tracciato del Sentiero Italia che sale sulla destra da Malvagna per riallacciarsi in Contrada Fradaro alla tappa di collegamento tra Montalbano e Novara di Sicilia. Attraverso questo sentiero, chiamato anche Pittari, si può scendere a Malvagna in 2,40 h e a Mojo in 4 (cartelli).

Si sale verso sinistra in direzione di Croce Mancina e Contrada Fradaro, guadagnando un belvedere sull'Etna e le valli peloritane (4,30 h -1290 m) e proseguendo dapprima in falsopiano su pista sabbiosa (guida) e poi salendo su fondo pietroso protetto da steccato. Al bivio si prende a sinistra, secondo i segnavia, fino al nuovo belvedere di Pizzo Vuturi (5 h – 1320 m), ottimo per una sosta ristoro al riparo di una grande quercia oppure immersi nel bosco. In siciliano vengono chiamati vuturuni i grifoni, estinti negli '60 e reintrodotti sui Nebrodi a partire dal 1998 con nifificazione sulle Rocche del Crasto in territorio di Alcara Li Fusi; la colonia conta attualmente 100 individui e risulta in espansione.

Si riparte su percorso ondulato fino alla Portella di Croce Mancina (5,20 h - 1240 m) con bivio a destra lungo il Sentiero Vuturi verso Case Cardone (1 h) e la SS 185 (3 h). Si prosegue dritti su terreno sabbioso raggiungendo in pochi minuti un'area attrezzata. Superando a destra la deviazione del SI per Novara di Sicilia (5,35 h – 1230 m), si raggiunge la strada asfaltata in Contrada Fradaro con le indicazioni per Montalbano. Si cammina verso sinistra in discesa abbracciati dal bosco che man mano si dirada, lasciando spazio ad arbusti e pascoli, mentre in salita si arriva all'ingresso del Parco dell'Argimusco (1206 m – 6), dove si consiglia di tornare con una visita dedicata all'altopiano e a suoi megaliti, così suggestivo e ricco di misteri.

Al bivio si tiene la destra verso Montalbano (cartelli stradali) tra bassi e tondeggianti rilievi ammantati di vegetazione, camminando in lieve discesa fino a lasciare l'asfalto per preferire sulla sinistra una pista sterrata (6,15 – 1150 m) e subito a destra la traccia single track tra la ricca vegetazione. Al trivio si prende il sentiero di mezzo che prende spazio tra felci e querce, mentre al bivio si tiene la destra tra i castagni sulla pista che si allarga ancora, risalendo ondulata con ampie coperture di marne e arrivando ancora sull'asfalto (1105 – 6,30 h) tra pascoli e ricostruzioni di tholos, antichi edifici funerari in pietra forse risalenti all'Età del Bronzo. Si supera la deviazione a sinistra del SI rimanendo sulla strada (6,50 h) e poi prendendo a sinistra la pista asfaltata in discesa (7 – 1015 m – cartello e cartina) e proseguendo dritti al trivio tra pascoli che accompagnano fino all'abitato. Seguendo i segnavia del SI si percorre la Via Etna fino alla Piazza Duomo, dove sorge la Basilica minore di S. Maria Assunta e S. Nicolò Vescovo, detta Matrice (7,10 h – 875 m).

Rocca Licopeti © Grazia Pitruzzella

2° giorno

  • Partenza: Montalbano m 875

  • Arrivo: Tindari 268 m

  • Lunghezza:  25 km circa

  • Dislivello:   m circa

  • Durata:  6 h circa

  • Difficoltà: media

  • Punti acqua: Braidi, Scala, Locanda

  • Punti di appoggio: Sorelle Speranzine di Tindari

 

Partendo dalla Chiesa Matrice, percorre tutta la Via Giardino, che porta fuori dall'abitato, raggiungendo il trivio dove si continua a scendere verso destra lungo la pineta e il noccioleto, seguiti da pascoli e terreni privati delimitati da cespugli di more, prugnolo e finocchietto selvatico, ottimi per realizzare sciroppi e liquori.

Si raggiunge presto un fontanile e al bivio si prende a destra su terreno naturale lasciando l'invaso d'acqua a sinistra, circondati dal querceto arricchito da nocciolo, ginestra, pungitopo e citiso, e proseguendo su ampi tornanti fino al bivio con segnaletica per Tindari (0,30 – 635 m).

Si tiene la sinistra prendendo la discesa in parte lastricata (cartello) e al successivo bivio tra gli alberi, mentre dolcemente sulla destra si manifesta il panorama con piccoli agglomerati urbani, tra i quali Braidi, e gli esemplari di querce secolari si moltiplicano donando preziosa ombra.

Il cammino si fa più ripido sino a un tratto in falsopiano presidiato da un grande noce e popolato da equiseto, e poi scende lungo la destra idrografica del Torrente Elicona tra le canne e in seguito serpeggiando nel bosco, dove ci si può imbattere in aculei d'istrice o tracce di volpe. Si procede tra gli uliveti fino a incontrare un grande salice, anch'esso circondato da equiseto, fino a guadagnare la strada di collegamento tra Montalbano, Braidi e S. Maria, che passa sopra al torrente (1 h).

Si prosegue verso sinistra in lieve salita osservando il vallone profondamente solcato dal torrente che si intravede tra la densa vegetazione, tra querce che, delimitando le proprietà agricole, generosamente allungano le loro fronde al di sopra del cammino che si fa ondulato, mentre in lontananza sulla destra si possono ammirare le terrazze coltivate a punteggiare il bosco dei bassi rilievi raggiungendo l'ombra di un grande cipresso sulla destra a guardia di un panificio pizzeria (1,30 h – 480 m).

Si arriva a Braidi (1,45 h – 565 m) salendo a sinistra delle scuole fino alla piazzetta con il bar, dove si consiglia una pausa ristoratrice con una fresca granita sulla terrazza circondata da alberi.

Si lascia l'abitato imboccando la Via Messina dove si trova un fontanile, individuando la frazione di S. Barbara e, più lontano alle spalle, Montalbano. Dopo una curva decisa a destra, impreziosita da un vecchio borgo abbandonato, si prende in salita verso sinistra la strada abbracciata da uliveti che collega Montalbano a Patti.

Si procede serpeggiando tra i pascoli in direzione nord con vista sulla costa tirrenica, dove si allunga Capo Milazzo a indicare le isole di Vulcano, Lipari e Salina, parte dell'arcipelago eoliano, mentre sulla sinistra sorge Librizzi (i cui abitanti nel 1400 si guadagnarono il soprannome di “furmiculi russe” per la loro caparbia ribellione al pagamento delle tasse, che li portò alla scomunica). Dopo un tratto adombrato da robinie, che in primavera profumano il cammino con i loro grappoli fioriti, e imponenti pioppi intervallati da pareti rocciose, si prosegue scoperti fino a incrociare la SP120 che scende a sinistra verso Scarpiglia e Madoro (3,15 h – 520 m), mentre a  a destra si apre uno slargo confortato da pini e cipressi, utile per una sosta.

Si continua in lieve discesa prendendo subito la bretella in salita sulla sinistra, inizialmente asfaltata e poi sterrata, accompagnata da uliveti con postazioni di arnie e filari di pioppi, che poi scende superando il bivio a sinistra e tornando sulla strada maestra tra le case abitate della contrada Masseria Greco. Verso destra sulla costa si vede apparire Falcone e alle spalle spicca la Rocca di Novara (lungo la tappa V25 del SI che unisce Novara di Sicilia al Bivio Colla Bassa).

Si prende l'ampia strada che si stacca sulla destra in salita (SP 108 - 3,50 h) abbracciati da vasti pascoli e grandi blocchi di arenaria, mentre la costa sulla sinistra svela Patti e preziosi esemplari di sughere allungano le loro ombre sui viandanti

Si avvista, infine, Tindari che come un miraggio compare adagiata su un promontorio prospiciente il Golfo di Patti (4,30 h – 450 m), al di sopra di una baia racchiusa tra Capo Milazzo a est e Capo Calavà a ovest.

La strada scende su ampi tornanti tra gli uliveti e i pascoli aprendo la vista sull'abitato di Scala che si raggiunge lungo la SP 108 tra case che, insieme a qualche albero, offrono ombra e riparo (5 h – 310 m).

Si ignora la strada che scende a sinistra continuando dritti lungo la Strada Contrada Lupa e poi prendendo la Via Barone Domenico Sciacca che conduce fino alla Piazza Rampulla, dove sono presenti una fontana e panchine all'ombra di platani.

Si esce dalla piazza imboccando sulla sinistra la Via A. Manzoni (SP 107), che sale lasciandosi a destra il mausoleo merlato e abbandonato della famiglia Sciacca della Scala, quasi nascosto da pioppi, fino al bivio, dove si scende a sinistra raggiungendoil crocevia di Locanda (5,30 h – 200 m), ricco di diversi punti di ristoro. Qui si prosegue dritti attraversando la SS 113 e imboccando la Via Monsignor Pullano (SP 107) trovando dopo pochi minuti commerci turistici e una fontana, utile sosta alla base del santuario prima di intraprendere la breve salita di quindici minuti circa lungo i resti della cinta muraria dionesiana a testimonianza dell'antica città che sorgeva in luogo del santuario odierno.

Mentre la vista svela il Monte Giove e la costa frastagliata, che racchiude calette e grotte, con l'abitato di Mongiove, si raggiunge un primo nucleo di edifici bassi, altri negozietti e, infine, il piazzale con il maestoso santuario (5,45 – 268 m).

Tindari © Grazia Pitruzzella

Qualche notizia

  • Il complesso della Basilica Santuario Maria SS. del Tindari sorge dove si trovava la città antica, fondata nel 396 a.C. da Dionisio il Vecchio di Siracusa in onore al re spartano Tindaro, e che ha vissuto il succedersi di romani, bizantini e arabi e di cui si possono ammirare ancora alcune vestigia, come l'antiquarium, le terme, la basilica e l'anfiteatro che oggi ospita spettacoli e manifestazioni.

  • La statua lignea di cedro, che raffigura la madonna nera con bambino, è giunta forse a Tindari tra l'VIII e il IX sec. d.C. all'epoca della dominazione bizantina,via mare grazie a una tempesta, come per molte altre effigi considerate sacre. Sia la struttura che i tessuti a formare gli abiti sono frutto di numerose mani e interventi, talvolta poco accurati, fino al restauro completo in tempi recenti.

  • Immersi nella sfarzosa e imponente navata illuminata a giorno, dove abbondano marmi e affreschi ed edificata solo negli anni '50 del secolo scorso, appaiono suggestivi gli angeli marmorei che accolgono i pellegrini all'ingresso, offrendo acqua benedetta, e quelli che sorreggono l'urna che racchiude la statua oggetto di venerazione, culminante con i festeggiamenti del 7 settembre.

  • Quasi nascosto sul medesimo piazzale si trova, invece, il santuario antico, probabilmente d'epoca bizantina e costruito su precedenti luoghi di culto, in apparenza soddisfatto d'essere al riparo dalle folle.

  • Per fruire di saloni comuni e dei servizi con doccia, inclusi nel primo edificio, ci si può rivolgere alle Sorelle Speranzine che accettano di buon grado offerte,

  • Al di sotto del Santuario si estendono i Laghetti di Marinello, parte di una riserva naturale orientata lagunare che comprende anche una spiaggia che si è formata, secondo la leggenda, per opera della Madonna mora che ha voluto salvare una bimba precipitata dall'alto dopo essere arrivata in pellegrinaggio con la madre. Si può raggiungere l'area, ricca di macchia mediterranea e preziosa per l'avifauna, attraverso il panoramico sentiero Coda di Volpe lungo circa 1 km, che si dipana su gradini, percorso lastricato e terreno naturale, che comincia proprio sull'ultima curva a gomito che si percorre in salita, come indicato dalla freccia.

  • Il cammino, così come viene qui proposto, è organizzato anno dopo anno dal 2018, con amore e volontà di condivisione, dall'Associazione La Compagnia dell'Ostello di Mojo Alcantara, in provincia di Messina, che ho avuto il piacere di conoscere in occasione del mio lavoro sul Sentiero Italia in Sicila e che ringrazio per la loro presenza preziosa sul territorio e per aver contribuito alla stesura di questo articolo.

  • Come tutti i pellegrinaggi convergenti verso un luogo preciso, possono essere vari i punti di partenza. Vivendo da poco in territorio di Sant'Alfio, paesino ai piedi dell'Etna, ho scoperto che la Madonna di Tindari è venerata anche nel quartiere seicentesco Nucifori.

  • La storia del culto in questa contrada si perde nel tempo, ma è certamente dagli anni '40 che si svolgono le celebrazioni intorno ad un'edicola. E' solo un decennio dopo che sorge l'attuale chiesetta a margine della piccola piazza con belvedere sul mare, con aggiunta della canonica e del campanile negli anni '70.

  • A seguito della valorizzazione del quartiere, avvenuta nel 2013, e grazie a donazioni e lavori in economia, si giunge all'attuale aspetto della chiesa, centro dei festeggiamenti e inizio del cammino diretto a Tindari, sicuramente dal Dopo Guerra e lungo 80 km circa, attraverso gli abitati di Linguaglossa, Castiglione, Francavilla e Novara di Sicilia, Mazzarrà Sant'Andrea, Furnari, Falcone e Olivieri.