Panorama alpino © PixabayDopo mesi di discussione parlamentare, il Disegno di legge per il riconoscimento e la promozione delle zone montane, noto come DDL Montagna, ha ricevuto il via libera definitivo dal Senato il 10 settembre 2025. Con questo voto, l’Italia si dota di una nuova cornice legislativa per le aree montane, la prima organica da oltre trent’anni: l’ultima legge nazionale risaliva infatti al 1994, mentre il primo intervento normativo in materia fu approvato addirittura nel 1952.
Il provvedimento prevede lo stanziamento di circa 200 milioni di euro all’anno, per il triennio 2025-2027, da destinare a una serie di interventi nei territori montani. Le risorse, secondo il testo approvato, andranno a finanziare servizi essenziali come la sanità e l’istruzione, con incentivi specifici per medici, operatori sanitari e insegnanti disposti a lavorare nei comuni montani. Ulteriori fondi saranno indirizzati ad agricoltura, mobilità, infrastrutture digitali e turismo, con l’obiettivo di migliorare la qualità della vita degli abitanti e rendere più attrattivi territori che negli ultimi decenni hanno sofferto di spopolamento e marginalizzazione.
Uno degli elementi centrali della legge è la definizione normativa di “montagna”, che stabilisce criteri precisi per individuare i comuni beneficiari delle misure. Una scelta che, nelle intenzioni del legislatore, dovrebbe evitare la dispersione di risorse in territori non effettivamente montani e garantire una distribuzione più mirata dei fondi. La questione sarà tuttavia oggetto dei decreti attuativi, che dovranno delineare nel dettaglio la perimetrazione dei territori interessati.
La legge è stata salutata come una svolta storica da chi, soprattutto nelle regioni alpine e appenniniche, invocava da anni un quadro normativo aggiornato e stabile. Secondo i sostenitori, rappresenta un passo decisivo per sostenere le comunità delle terre alte e invertire le tendenze allo spopolamento, offrendo servizi e opportunità a chi sceglie di rimanere.
Non mancano però le voci critiche. Alcuni osservatori e amministratori locali, pur riconoscendo il valore politico e simbolico della legge, hanno sottolineato che i 200 milioni annui rischiano di non bastare di fronte alle molteplici sfide che le montagne italiane devono affrontare: dal declino demografico al dissesto idrogeologico, fino agli effetti del cambiamento climatico. Proprio l’assenza di misure specifiche sull’adattamento climatico è stata evidenziata come una lacuna del provvedimento.
Altri dubbi riguardano l’attuazione pratica: molto dipenderà dalla capacità degli enti locali di utilizzare i fondi, dal coordinamento tra Stato, Regioni e Comuni e dall’efficacia dei criteri di selezione dei beneficiari. Senza una macchina amministrativa rapida e snella, temono alcuni, il rischio è che gli stanziamenti restino sulla carta o arrivino troppo tardi.
Con la promulgazione, il DDL Montagna diventa dunque legge dello Stato. I prossimi mesi saranno importanti per la stesura dei decreti attuativi e per la definizione delle modalità operative. Solo allora si potrà capire se questa riforma rappresenterà davvero il punto di svolta auspicato o se rimarrà, come altre in passato, un’occasione parzialmente mancata.